C’è un Paese in Europa dove l’onda populista si sta ritraendo. Questo Paese è la Germania e non è un caso

Le lacrime di Frauke Petry sul palco di Weinboehla potrebbero diventare il simbolo dell’inizio della fine del populismo tedesco. Il partito anti-europeista e xenofobo Alternative für Deutschland, fino a pochi mesi fa la causa principale dei “sonni disturbati” di Angela Merkel, non fa più paura. E se nel 2015 e 2016, in piena crisi migranti, macinava percentuali impressionanti, dal 25% di alcuni Länder dell’Est a oltre il 10% in quasi tutti gli stati dell’Ovest, con una proiezione nazionale intorno al 15%, oggi quei numeri sembrano inesorabilmente affievolirsi.

In vista delle elezioni federali del 24 settembre, le percentuali di AfD sono continuamente riviste al ribasso, arrivando a toccare quota 7%. La normalizzazione dell’emergenza profughi, le buone performance economico-occupazionali che continuano a garantire ai tedeschi un’alta qualità della vita, l’effetto Schulz che da quando è alla guida della Spd e candidato alla cancelleria continua a erodere consenso ai partiti minori: tutti fattori che stanno contribuendo allo sgonfiamento della bolla populista. E non è un caso che in Germania i due grandi storici partiti di massa, entrambi convintamente europeisti, siano accreditati di una percentuali di voti che, se sommata, tocca il 65-70%.

E le conseguenze cominciano a farsi sentire anche all’interno dello stesso fronte populista. Altro che onda trumpista o lepenista. Il partito si sta sgretolando con la stessa inarrestabile velocità con la quale era esploso solo due-tre anni fa. Un fenomeno ricorrente nella politica tedesca dell’ultimo decennio, basti pensare alla parabola dei Pirati che sembravano sul punto di diventare il terzo partito in Germania e invece si sciolsero come neve al sole.

Tanto che, come riporta il Tagesspiegel , Frauke Petry, la 41enne leader che solo pochi mesi fa a Coblenza faceva gli onori di casa ai vari Salvini, Wilders e Le Pen, sta seriamente pensando di ritirarsi a vita privata. Mamma di quattro figli, in attesa del quinto che nascerà quest’anno, salita ai vertici del partito dopo la ‘cacciata’ del cofondatore di Afd, l’economista Bernd Lucke, nel 2015, Petry da allora è stata al centro di molte battaglie e divisioni, da ultimo il dibattito sull’espulsione di un esponente di spicco del movimento che aveva definito il Monumento alla memoria dell’Olocausto a Berlino “un monumento alla vergogna”.

Una decisione che ha fatto storcere il naso a molti esponenti dell’ala oltranzista e nazionalista di destra interna al partito e che le è costata molte critiche durante l’ultimo congresso in cui è stata nominata capolista con una percentuale piuttosto bassa (72%) in tandem con il vice Alexander Gauland. Non è piaciuta ai rivali interni la sua scelta di prendere le distanze dagli antisemiti e dai colleghi in odore di simpatie naziste. Le sparate di cui è stata oggetto l’hanno addirittura fatta scoppiare in lacrime sul palco della Sassonia.

Un’immagine che ha avuto immediate conseguenze, in primi su se stessa: “E’ ragionevole riflettere di tanto in tanto sulla propria vita e a volte aggiustare nuovamente il tiro. Sono sempre rimasta flessibile nella mia testa, è il mio percorso e resterà così. Ecco dove mi trovo ora, dopo 4 anni all’Afd che mi hanno richiesto molti sforzi e mi hanno fatto dire addio ad una vita normale”. Parole che non escludono un addio in tempi brevi e che potrebbero preludere alla fine della (breve) parabola politica del partito.

C’è un Paese in Europa dove l’onda populista si sta ritraendo. Questo Paese è la Germania e non è un casoultima modifica: 2017-03-31T10:08:21+02:00da bezzifer
Reposta per primo quest’articolo
Share