Pd, Milano non è più renziana? Ma il riformismo avanza dal basso.Qui i dati degli ultimi congressi in città e in provincia. L’analisi del voto al congresso Pd

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Numeri numeri numeri. Il congresso del Partito Democratico nei circoli di Milano e Provincia è quasi finito. Ancora uno scampolo di voto, fino a domani sera, che tuttavia non cambierà le carte in tavola. Dai congressi emergerà il terzetto che si sfiderà alle primarie. E dunque, Zingaretti, Martina e Giachetti. 

PER UN PUGNO DI VOTI/Analizzare il voto degli iscritti in raffronto al voto delle primarie è esercizio interessante. Milano si è procurato i dati degli ultimi congressi in città e in provincia. E dunque: voto degli iscritti nel 2013 e primarie 2013. Voto degli iscritti nel 2017 e primarie 2017. Quel che emerge è che tradizionalmente gli iscritti premiano sempre la proposta di sinistra. Ma le primarie poi possono anche ribaltare il risultato.

IL CASO 2013/ Nel 2013 in corsa c’erano Cuperlo, Renzi, Pittella e Civati. Come mettono in luce i dati elaborati da Mattia Abdu, da sempre collettore di tutti i numeri dei circoli durante le consultazioni, votarono 6900 persone a Milano e 2500 in provincia. Gianni Cuperlo ebbe un risultato del 44,1 per cento, Matteo Renzi del 42, Pippo Civati del 12,6, Pittella dell’1,3. Come finì alle primarie? Cuperlo totalizzò il 15,77 per cento, Renzi il 63,23, Civati il 21 per cento. Stravinse Renzi, che aveva un’onda fortemente ascendente. Stesso trend nel 2017, quando Renzi andò a congresso già con difficoltà evidenti che sarebbero emerse nelle urne solo un anno dopo. Votano 174 circoli per scegliere tra Orlando, Emiliano e Renzi. Orlando viene scelte dal 28,5 per cento degli aventi diritto, Emiliano dal 3,8 per cento, Renzi dal 67,7 per cento. Alle primarie Renzi allunga ulteriormente, e non di poco: Orlando al 22,7 per cento, Emiliano scende al 2,3, Renzi sale al 75 per cento. Un plebiscito.

DOVE STANNO I RIFORMISTI/ Le situazioni del 2013 e del 2017 sono assai differenti per momento politico e condizioni generali. C’è però un divario costante tra il voto delle sezioni e quello delle primarie. Cuperlo “perse” 29 punti tra sezioni e primarie aperte. Orlando perse il 6 per cento circa. In entrambi i casi il candidato riformista viene votato assai meno nei circoli e molto di più nelle urne aperte. Tuttavia nell’anno 2019 le cose potrebbero cambiare perché tutto è cambiato. I candidati in campo di fatto sono tre (gli altri tre, tra cui Boccia, proprio non pervenuti): Zingaretti, Martina e Giachetti. Il risultato straordinario, che avevamo anticipato, di Giachetti è sotto gli occhi di tutti: totalizza il 20,1 per cento. Di fatto, sono i fedelissimi di Renzi ma non solo. Sono quelli che non vogliono accordi con il M5S, e non vogliono sentire parlare di Maurizio Martina dopo la sua esperienza in segreteria. Li chiamano i “duri”, ma – per Lucia De Cesaris – sono quelli che “credono ancora nel progetto del Partito Democratico senza voler tornare al Pds”. Poi c’è Maurizio Martina, che ha totalizzato il 32,9 per cento. E infine Nicola Zingaretti che è andato assai bene approdando al 44,2 per cento. In “pancia” a questi tre sono suddivisi i riformisti, gli ex renziani, quelli che costituivano le truppe del 67 per cento del 2017. 

GEOMETRIE VARIABILI/ Se andiamo a considerare il voto, incrociandolo con le ultime consultazioni per la segreteria metropolitana e la segreteria regionale, si possono capire ulteriori cose. Certo, le votazioni sono differenti, ma sono sempre i circoli i protagonisti. Andiamo nel dettaglio. Al Regionale si sono sfidati Eugenio Comincini per i renziani, sconfitto, e Vinicio Peluffo che ha vinto riuscendo a conciliare tutte le anime: da Area Dem ai martiniani di Matteo Mauri, agli zingarettiani di Majorino. Al provinciale si sono sfidati Silvia Roggiani (vincitrice), sostenuta dal giro Bussolati-Quartapelle e altri, Vecchiarelli sostenuto da Majorino ma non dai martiniani che alla fine si sono diretti su Skenderi. La differenza tra Skenderi e Martina è dell’8 per cento. Skenderi ha totalizzato il 25 per cento e Martina il 33: ad aggiungersi alla compagine sono stati tutti i renziani in Parlamento, con l’eccezione della Quartapelle, guidati da Guerini. Giachetti ha un’unica provenienza: gli ex renziani che votarono Comincini e Roggiani. Composita l’area di sostegno per Zingaretti: Area Dem di Mirabelli, gli zingarettiani ortodossi di Majorino e il gruppo di Bussolati-Quartapelle. Più voto di opinione, ovviamente. Mirabelli ha sostenuto Peluffo (53 per cento): per semplice matematica, sottraendo il voto su Vecchiarelli, si ricava che Area Dem rappresenta circa il 10 per cento del partito. Con altre sottrazioni si capisce che la parte che fa riferimento a Quartapelle Bussolati si attesta tra il 13 e il 15 per cento, depurando del voto di opinione.

ECCO I RIFORMISTI/ Ecco dunque, dall’analisi del voto, che Milano si sveglia ancora riformista, ma frammentata. Il 15 per cento sta con Zingaretti, circa il 10 con Martina, e oltre il 20 con Giachetti. E si conferma un fenomeno: se prevale decisamente il candidato di sinistra, nelle elezioni dei circoli, questa volta c’è una forte marea dal basso che sta salendo: di quelli che non vogliono accordi e si sono radicalizzati sia rispetto alla sinistra di Leu sia rispetto a ipotesi di dialogo con parti del Movimento 5 Stelle. Insomma, Renzi non c’è più. Ma – sorpresa – i riformisti stanno diventando sempre più radicali.

Pd, Milano non è più renziana? Ma il riformismo avanza dal basso.Qui i dati degli ultimi congressi in città e in provincia. L’analisi del voto al congresso Pdultima modifica: 2019-01-22T18:21:16+01:00da bezzifer
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