La sinistra che non vuole l’Europa L’euroscetticismo di sinistra è vecchio quanto l’Europa, e dopo essere scomparso per una generazione oggi sta facendo il suo ritorno anche in Italia

«La bandiera europea è un simbolo di oppressione!». Il grido si alza improvvisamente dal pubblico e interrompe il dibattito in corso oramai da più di un’ora. Il relatore è preso di sorpresa e deve alzare la voce per tornare a farsi ascoltare: «Io», risponde cercando di imporsi sul suo interlocutore, «preferisco parlare di un simbolo di sofferenza». Ma la voce dal pubblico insiste: «Oppressione!», ripete scandendo le sillabe. Più di una persona tra quelle sedute intorno a lui annuisce d’accordo.

Lo scambio, che sembra uscito da un comizio della Lega o da un convegno di Fratelli d’Italia, è avvenuto pochi giorni fa nella sala principale dell’Arci Bellezza, lo storico centro sociale milanese fondato oltre un secolo fa e scelto da Luchino Visconti per girare alcune scene del film Rocco e i suoi fratelli. Sul palco, a parlare ad un gruppo di giovani studenti di Filosofia ed ex militanti di sinistra, quasi tutti maschi, non c’era un leader della nuova destra populista ma il deputato di Liberi e Uguali Stefano Fassina, ex viceministro dell’Economia, un passato da economista del Fondo Monetario Internazionale e una lunga carriera nel PCI, nei DS e poi nel PD.

Personalmente, non sono d’accordo con la direzione anti europeista di questi movimenti di sinistra radicale. Cercare di accostare alla politica di sinistra populismo, sovranismo e nazionalismo è un tradimento degli ideali stessi, fatto in un’epoca nella quale questi ideali vivono un periodo di maggior insuccesso rispetto al passato. Francamente, mi pare più un atteggiamento codardo, volto all’approfittare di questa situazione solo per arraffare voti.
In un periodo come questo, la sinistra dovrebbe solo compattarsi, trovare leader “cazzuti alla RENZI” e tenere la barra dritta. L’opposizione, perlomeno parlando dell’Italia e vista la deriva sciagurata che ha preso il governo italiano, dovrebbe essere il più possibile ferma e contraria, diametralmente opposta ai valori della destra, riconoscendosi nel progressismo e nell’europeismo più convinti ed estremi.
A costo di perdere un macello di voti in più e di subire pesanti sconfitte, l’opposizione dovrebbe farsi ogni volta sempre più estrema e accanita, consapevole del fatto che i valori del nuovo pensiero dominante sovranista di destra siano profondamente sbagliati, certi del fatto che questa tempesta finirà e i tempi torneranno nuovamente a sorridere.

Quando sento parlare gli esponenti di questa c.d. sinistra (rosso-bruna) del liberismo introdotto in Italia dalla Ue, mi domando sempre: chi? Quando? Dove? Come?
Ciclicamente e sostanzialmente queste domande rimangono senza risposta, perché il feticcio del liberismo usato da questa sedicente sinistra sta a loro come gli immigrati stanno alla destra radicale.
Esse sono a favore del corporativismo imperante in Italia e che una sana concorrenza regolata dallo Stato potrebbe far venir meno, eliminando così le rendite parassitarie e favorendo i ceti popolari.
Inoltre, ciò mi fa dubitare sulle loro competenze tecniche in ambito economico, giuridico e politologico.

Mi sta benissimo uscire dall’UE e dall’Euro ma ancora nessun partito politico che abbia spiegato veramente come e quali saranno le conseguenze, oltre che come funzionerà dopo. E mentre portano avanti slogan vuoti come quelli citati nell’articolo perdono l’occasione di riformare davvero l’UE.

Detto ciò, sono stupito che Fassina lavorasse all’IMF: qualche anno fa scrisse un articolo sull’HuffPo in merito al CETA e inanellò una serie di sfondoni che non mi aspetterei da un economista. Quindi o è in malafede oppure non è un gran economista.

Siamo alle solite, la sinistra radicale piuttosto che sviluppare un pensiero autonomo corre dietro alle idee vincenti del momento e spera di attirare un minimo di attenzione.
Perché un sovrani-sta, nazionalista e populista dovrebbe votare a sinistra, quando a destra c’è lo stesso pensiero originale, vincente e maggioritario?

Per una persona di sinistra-sinistra (cioè per quanto mi riguarda qualcuno che discende da Marx attraverso la socialdemocrazia europea) lo stato dev’essere un mezzo, non un fine. Se una persona di sinistra mi dice che è più facile combattere le politiche liberiste a livello statale che a livello europeo, lo ascolto con interesse e rispetto, anche se posso non essere d’accordo. Se una persona si dice di sinistra e mi comincia a parlare di patria e di sovranità come se queste cose avessero un valore intrinseco, spengo il cervello.

 

La sinistra che non vuole l’Europa L’euroscetticismo di sinistra è vecchio quanto l’Europa, e dopo essere scomparso per una generazione oggi sta facendo il suo ritorno anche in Italiaultima modifica: 2019-03-04T10:27:48+01:00da bezzifer
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