PD, UN PARTITO SENZA VOGLIE.Dopo gli anni rivoluzionari di Renzi, scelta la normalità, la quiete.

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Leggo continuamente di proteste di elettori e iscritti Pd contro il nuovo segretario Pd, Nicola Zingaretti. Errore. È stato eletto con una larghissima maggioranza e con buone ragioni. Dopo i lunghi anni renziani durante i quali il Pd era stato chiamato a sfidare il mondo, con Zingaretti è stata scelta la quiete, la normalità.

Laura Betti e il poeta Franco Fortini, canterebbero di un partito “senza voglie” e di “voglie senza sbagli”: via la vocazione maggioritaria, i poveri saranno protetti, i ricchi un po’ redarguiti, con i 5 stelle si vedrà (mica sono tutti cattivi), i sindacati abbracciati come bravi compagni di viaggio, nessuno sarà escluso, tutti avranno un posto vicino al comandante in capo.

La rivoluzione, se quella renziana questo voleva essere, è finita. Non a caso lo stesso Renzi ha inaugurato uno dei suoi periodi Zen: che accada quello che deve accadere.

Il popolo Pd ama soprattutto due cose: stare insieme e sentirsi un po’ migliore rispetto al resto del mondo. Zingaretti, con la sua faccia bella larga, e le sue frasi spesso prive di alcun significato, è l’immagine plastica di tutto ciò. Vecchi compagni stanno tornando a casa, i programmi sono vaghi e mai definitivi, netti. La prossima settimana, probabilmente, ci sarà anche il sorpasso sui 5 stelle.

Aveva dunque ragione Prodi: senza alleanze larghe non si vince in Italia. Lui ha vinto due volte contro Berlusconi, poi non l’hanno lasciato governare, ma questa è un’altra storia.

Inutile girarci intorno: quello di Zingaretti sarà un Pd vincente, che tornerà sugli spalti e che farà da onorevole competitor al centrodestra salviniano. Salvo poi frantumarsi nei momenti decisivi (ad esempio sulla possibile alleanza con i 5 stelle).

Il Pd di Zingaretti chiede solo di esistere e di non essere dimenticato.

E l’idea di cambiare l’Italia, di farne una moderna democrazia competitiva? Ma questa era la rivoluzione renziana, archiviata. C’è ancora chi pensa a queste cose?

Quello era ed e il  problema  il PD del 40%.

Perché se vogliamo accontentarci di tornare ai livelli 20 / 25% necessari a rimanere la seconda forza politica nazionale sicuramente la segreteria di Zingaretti ha la capacità di riuscire nell’impresa senza neanche tanta difficoltà. Ma con questo tipo di dimensione il PD tornerà ad essere quello che prima di lui è stato PDS e ancor prima il PCI. La vera grande scommessa per il futuro della sinistra italiana, è invece quella che Matteo Renzi ha combattuto e fino al fuoco amico, vinto. Espandere la platea del potenziale consenso a quel 40% di forze positive progressiste che rappresentano il risultato elettorale delle passate europee. Io come molti altri elettori italiani all’apparire di Matteo Renzi nella realtà politica italiana ero come una persona che aspetta l’autobus fermo alla fermata. È arrivato un bus con scritto sopra, lampeggiante, riformismo ed io sono salito su quel bus. Ero alla fermata da molto tempo non avevo visto più passare un autobus che conducesse verso la mia destinazione ormai dal 1992, data di sostanziale sparizione del partito socialista italiano nei gorghi di una tangentopoli che ha privato la sinistra italiana dell’unico partito realmente moderno e riformista che sia mai nato in Italia. In queste ore da più parti mi si chiede di rimanere legato alla PD Zingarettiano perché sarebbe l’unico argine contro il populismo di lega e pentastellati. Qualcosa di molto simile al consiglio che Indro Montanelli dette agli italiani quando a rischio del sorpasso del PCI sulla Democrazia Cristiana chiese a tutti di votare DC tappandosi il naso. Ancora non votavo a quell’epoca, ma ricordo perfettamente il messaggio politico di Montanelli, che leggevo regolarmente.
Sociologicamente l’Italia non è un paese con una maggioranza di sinistra, non lo è mai stato, e non sembra esserlo diventato davvero adesso che nel mondo le destre paiono essere rampanti. L’unico modo per avere un governo credibilmente riformista e moderno, è quello di allargare la base elettorale a tutte quelle forze liberali socialdemocratiche, radicali, comunque con un pensiero liberalsocialista, che rappresentano in Italia un’ampia maggioranza. Come si diceva qualche decennio or sono nel mondo anglosassone le forze Lib-Lab. Matteo Renzi ha tentato questa impresa e se pure per un breve periodo c’è anche riuscito. Quella è la direzione da prendere. Quella è la strada maestra. Se il PD tornerà a percorrere quella via Io tornerò a percorrerla all’interno del PD, ma fino a quel momento, non posso considerarmi un iscritto di un partito che si rifà alle idee di Gramsci e Moro, rispettabili ma per me assolutamente sbagliate, preferisco semmai tornare al pensiero di Gaetano Salvemini e Carlo Rosselli. 

P.S.= Dopo il massacro dei mussulmani, il premier neozelandese ha annunciato una stretta sulle armi nel giro di dieci giorni. Da noi invece comincia la distribuzione di fucili e pistole brutto segno.

PD, UN PARTITO SENZA VOGLIE.Dopo gli anni rivoluzionari di Renzi, scelta la normalità, la quiete.ultima modifica: 2019-03-18T17:48:50+01:00da bezzifer
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