Se discontinuità significa passare dalla Rottamazione alla Restaurazione l’entusiasmo per la ritrovata vitalità del Pd durerà lo spazio di un weekend – yes weekend.

E’ strage di vitelli grassi nelle redazioni dei giornaloni, tutte impegnate a riaccogliere nelle file piddine una folla di illustri figliol prodighi. I quali, beninteso, più che dei figli hanno le fattezze anagrafiche dei padri (i quali a sinistra, si sa, qualche quarto di nobiltà lo hanno sempre) e soprattutto si sono allontanati dalla casa familiare non già per gozzovigliare, ma, sia chiaro, solo per non assistere all’immondo e incerto fornicare con qualche ideuzza liberale da parte dell’Intruso rignanese. Così il prof. Prodi ci informa che “la tenda si è già molto riavvicinata”. Così Letta ci dice che “è arrivato il momento di riprendere la tessera” perché il Pd ha cessato di essere antipatico (antipatia come nuova categoria dell’analisi politica, come evidentemente si insegna a Sciences Po). Così Veltroni, alato e poetico, vede nel Pd “una nuova luce”. Parola d’ordine comune a tutti: chiudere con il passato. Il sospetto di essere a pieno titolo parte di quel passato evidentemente non sfiora i tre, ma del resto il passato cui si riferiscono, quello di cui sradicare persino il ricordo, inizia, si sa, nel 2013. I giornaloni fingono di limitarsi a registrare, ma in realtà apparecchiano il desco per quel che pare un vero rito liberatorio: paginate su Zingaretti, retorica ad libitum sulla “ritrovata connessione emotiva” con un certo popolo, solita corte dei miracoli di cantanti, attori e cineasti, i quali tutti si sentono anch’essi finalmente di nuovo a casa, nella comfort zone di una sinistra che non saprebbero definire, ma che certo, questo lo sanno, è altro dall’Intruso, dal suo pasticciare con quello che per essi è un ossimoro: una sinistra liberale. L’esproprio alieno, e in ultima analisi destrorso, è finito e ora si potrà tornare ai riti antichi, all’eterodirezione del Pd da parte di Repubblica, con il suo pallosissimo lessico tardoazionista, populista e moralista, oppure da parte dell’ancor più esigente e manettaro Fatto, con quel suo “Pecorelli style” che fa scattare la character assassination non appena si sgarra dalla linea travagliesca. Il Pd espelle il corpo estraneo e manda a dire che non c’è trippa per noi due gatti liberali di sinistra (i proverbiali quattro gatti in Italia sono i liberali tout court), per noi ai quali piacque sperare, con cinismo di prammatica e senza sconti, nel Royal Baby. Poco male per noi. Un Foglio corsaro, e comunque mai etichettabile, per fortuna c’è ancora e una dimora a ore per una domenica elettorale la troveremo ancora con il criterio del meno peggio. Solo mi domando: ma l’Intruso lì che ci rimane a fare?

Dopo le europee, chi si sentirà intruso nel nuovo Pd avrà probabilmente un nuovo partito in cui riconoscersi. Ma quando questo succederà è bene ricordare una vecchia regola della politica: le scissioni fanno male a chi le subisce ma ancora di più a chi le fa.

Nicola Zingaretti, folgorante in soglio, promette discontinuità. Con quali politiche? Gli consiglierei di riflettere su di un brano dell’ultimo saggio di Alessandro Barbano: “L’appannamento della sinistra in Europa è figlio della timidezza e non dell’azzardo riformista”. E’ così anche per l’Italia.

Se discontinuità significa passare dalla Rottamazione alla Restaurazione l’entusiasmo per la ritrovata vitalità del Pd durerà lo spazio di un weekend – yes weekend.ultima modifica: 2019-03-21T17:03:38+01:00da bezzifer
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