La mossa di Draghi abbandona l’Italia alla sua inefficienza

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La Bce ripristina una forma di Qe, illimitato, che verserà 20 miliardi ogni mese nelle banche commerciali europee. L’obiettivo è di alleviare le sofferenze di una economia fragile e messa a dura prova dai dazi Usa. Boldrin: “Il rischio è di condannarla alla stagnazione”

Ci risiamo. Come annunciato, la Banca Centrale Europea a guida Draghi rilancia il Quantitative Easing, finito nel dicembre 2018, con una nuova operazione che pomperà 20 miliardi al mese nelle banche commerciali europee, in cambio di titoli di Stato e obbligazioni corporate. Il nuovo QE partirà a novembre e sarà accompagnato da un taglio dei tassi di deposito, che passano da -0,40 a -0,50. Una mossa, spiega il governatore della BCE, fatta per venire incontro «alla debolezza protratta dell’economia dell’Eurozona», e soprattutto al problema dell’inflazione, sempre al di sotto dell’obiettivo del 2%.
I mercati, che si aspettavano da tempo una decisione simile, hanno reagito in maniera positiva. La manovra di Draghi dà sollievo e allontana alcune preoccupazioni sullo stato dell’economia europea, ma questo non significa, fa notare l’economista Michele Boldrin, che si tratti della cura giusta. Anzi. «La Bce ha fatto malissimo», spiega Boldrin. «In questo modo si protrae un equivoco: quello secondo cui basti creare riserve di denaro per determinare la crescita di un’economia». Sarebbe «un’assurdità. E il povero Draghi lo sa benissimo. Dico “povero” perché sono consapevole di tutte le pressioni cui è sottoposto da oltre un decennio, che limitano e anzi orientano la sua azione».

La vera crescita, si sa, passa attraverso gli investimenti, le imprese, l’innovazione. Non certo scambiando titoli con euro

«La vera crescita, si sa, passa attraverso gli investimenti, le imprese, l’innovazione. Non certo scambiando titoli con euro, come se mettere sempre piu’ liquidita’ nei portafogli di banche che gia’ ne son piene fosse una bacchetta magica che fa apparire investimenti prima inesistenti. Se fosse vero, basterebbe farlo ogni volta che occorre e tutti sarebbero felici». A questo proposito, non bisogna lasciarsi confondere da quanto fatto negli Usa tra 2008 e 2011, dove si mirava «a riparare a una situazione di emergenza. E del resto anche in Europa, post 2011, quando la situazione delle banche era tragica». Oggi il quadro è cambiato e la stessa operazione di Draghi mantiene una natura «contraddittoria»: da un lato «fa il QE, come vogliamo chiamarlo, pompando liquidità nelle banche commerciali, dall’altro le punisce, abbassando i tassi da -0,40 a -0,50, nel tentativo di favorire gli investimenti. Ma il problema è che questi ultimi languono perché mancano le opportunità, mancano cioè i soggetti e le occasioni su cui investire». Il problema, insomma, non è finanziario in senso stretto: è economico e politico.

Per questa ragione «un intervento che funziona per contrastare i momenti di panico, quando si ha poca fiducia nei titoli e ci si fida (non sempre e non di tutti) degli Stati, si rivela invece inutile, anzi dannoso, in una situazione di normalità, quando l’investitore, per dirla in modo semplice, si tiene le azioni che ha ma non ha ragione di investire oltre».

Ora il panico è passato. Al suo posto, forse, si è installata la rassegnazione. Lo si nota anche nel comportamento dello stesso Draghi: «Il primo QE era stato accompagnato da una serie di richieste, o raccomandazioni, che avrebbero dovuto seguire l’azione della Banca Centrale: modifica del sistema pensionistico, interventi sul fisco, riforme ad ampio spettro mirate a rilanciare un Paese come l’Italia, arretrato su molti aspetti». Raccomandazioni che, «adesso, non fa più. La motivazione? Ha perso le speranze, credo. Io ricordo un Draghi che, da governatore della Banca d’Italia, esortava a riformare e dichiarava esplicitamente che la politica monetaria non fa miracoli. Ora vedo un Draghi che, al minimo segno di debole recessione, fa all-in con i pezzi da 90.».

L’immagine che meglio descrive questa situazione è quella del medico che, stanco di non riuscire a curare un paziente renitente e contrario a interventi gravosi ma necessari, si rassegna a dare pillole antidolorifiche

Ma un intervento del genere, in ottica di svalutazione competitiva, non favorisce anche la Germania? «Questa è una cavolata, e la può dire soltanto uno come Donald Trump: è possibile immaginare che l’export tedesco – per esempio, quello delle automobili di alta gamma – possa essere condizionato da un abbassamento dei tassi minimo? Le Audi continueranno a costare, così le Mercedes. Non a caso i governors di Francia, Germania, Austria, Olanda … hanno dissentito dalla decisione!». Bisogna guardare altrove, cioè all’Italia. «Anche se ormai l’immagine che meglio descrive questa situazione è quella del medico che, stanco di non riuscire a curare un paziente renitente e contrario a interventi gravosi ma necessari, si rassegna a dare pillole antidolorifiche, o peggio ancora a prescrivere farmaci omeopatici, che non risolveranno nulla».
Una concessione, insomma, a una fortissima pressione politica che da tempo agisce sulla Banca Centrale Europea. E che, come è immaginabile, continuerà, anche con il nuovo governatore. «La mia sensazione è che, anche in questo caso, non sia Draghi ad aver condizionato l’azione di Christine Lagarde, che prenderà il suo posto. Ma Christine Lagarde, da sempre esponente più politica che tecnica – e lo si è visto in più occasioni – ad aver condizionato Mario».

La mossa di Draghi abbandona l’Italia alla sua inefficienzaultima modifica: 2019-09-13T10:11:52+02:00da bezzifer
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