INIZIA A GIRARE LA VOCE CHE SI CONTANO I Giorni per il Conte-bis, Mario Draghi a Palazzo Chigi?

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Campane a morto per Giuseppe Conte, ormai in rotta con Di Maio e incalzato ogni giorno dall’abile manovratore Renzi. Occhio, avverte Zingaretti: se il Vietnam contro il premier e il governo giallorosso non si arresta, il Pd potrebbe rompere e tornare al voto, ricandidando come primo ministro proprio il professor-avvocato di Volturara Appula, l’unico – secondo l’impalpabile “fratello di Montalbano” – ad avere chance elettorali. Non la pensano così personaggi televisivi come Alan Friedman, secondo cui Conte sarebbe «un uomo vuoto», e lo stesso Paolo Mieli, per il quale “l’avvocato degli italiani” avrebbe ormai i giorni contati, non disponendo di un reale peso parlamentare da opporre alle intemperanze dei renziani e al crescente malpancismo di un Di Maio emarginato da Grillo e contestato dai suoi. Lo scrittore Gianfranco Carpeoro l’aveva vaticinato a settembre: qui si rischia di tornare a votare entro tre mesi, al più tardi a gennaio. Ora Carpeoro rilancia: il governo traballa, e le elezioni anticipate potrebbero essere evitate solo dall’eventuale piano-Draghi, cioè l’ipotesi di potere che vorrebbe insediato a Palazzo Chigi il presidente uscente della Bce, il cui ruolo dietro le quinte potrebbe essere destinato a crescere, incidendo direttamente sull’Italia ex gialloverde, delusa dal modestissimo Conte-bis e spiazzata dalla fulminea alleanza tra Renzi e Grillo.

Proprio l’asse franco-tedesco, alla fine, è riuscito a interrompere l’anomalia italiana sorta nel 2018: la Lega di Salvini ha “staccato la spina” dopo che il Movimento 5 Stelle ha contribuito in modo decisivo a mettere a capo della Commissione Europea l’inflessibile Ursula von der Leyen, la candidata di Angela Merkel, cioè il politico europeo che più di ogni altro ha segnato in senso oligarchico e mercantilista il destino del continente, con costi umani e sociali devastanti. Un paese come la Grecia è stato letteralmente sventrato – dai poteri incarnati proprio da Merkel, Draghi e Lagarde – in ossequio alla “teologia” neoliberista che antepone la speculazione privata dei “mercati” alla sovranità popolare (che ad Atene è stata umiliata nel modo più feroce, gettando nella spazzatura il plebiscito referendario dei greci contro l’euro-sistema). Avverte lo stesso Carpeoro: il Conte-bis è nato in virtù di un piano interamente supermassonico, concepito per estromettere l’ingombrante Salvini. Ribaltone compiuto con la piena collaborazione della strana coppia formata da Grillo e Renzi; a quest’ultimo sarebbe stato promesso il sospirato accesso nel salotto buono della massoneria internazionale, se fosse riuscito a mandare a casa il “capitano” leghista.

Se il piano-Draghi resta sottotraccia (se ne parla pochissimo, segno probabilmente della sua reale consistenza, nelle stanze del massimo del potere), in compenso comincia a sbriciolarsi l’effimero consenso di Conte, il Re Travicello spedito in apparenza “dal nulla” a fare da improbabile arbitro tra grillini e leghisti, e ora sempre più vicino al Pd – partito declinante, ma ancora accreditato (con uomini come Gentiloni e Sassoli) come il principale interlocutore del potere eurocratico che ha condannato l’Italia alla stagnazione, dopo la “cura” Monti. Ospite di Myrta Merlino su “La7”, a scommettere contro Conte è Paolo Mieli, già direttore del “Corriere della Sera” e del gruppo editoriale Rcs, ora onnipresente su “Rai Storia”. «Giuseppe Conte è come se si fosse iscritto al Partito democratico, ha detto e fatto capire che lui è un rappresentante del Pd che è anche l’unico partito che mantiene la parola che gli ha dato». Su “Rete 4”, negli studi di Barbara Palombelli, a sparare su Conte è l’americano Alan Friedman, giornalista economico: giudica Conte «un attore alla ricerca del suo copione, un avvocato alla ricerca del suo brief».

Analoga polemica coinvolge Salvini, su cui incombe il semiserio “Russiagate” che vede protagonista Gianluca Savoini. Di nuovo: quale servizio segreto ha registrato, a Mosca, la conversazione in cui l’esponente leghista avrebbe ipotizzato una transazione petrolifera Italia-Russia, con eventuale “percentuale” da destinare alla Lega, costretta dalla magistratura a un risarcimento abnorme per le antiche irregolarità imputate a Bossi? Evidente, in ogni caso, la “sovragestione” che ha speronato fin da subito l’ambiguo tentativo gialloverde, che aveva insediato a Roma l’unico governo europeo tecnicamente non-allineato a Bruxelles. Il “problema” è stato risolto come si è visto, isolando Salvini grazie alla manovra eseguita da Conte, Grillo e Renzi. Il leader leghista? «Sta studiando», dice Magaldi, che spera in un’evoluzione progressista dell’ex Carroccio, che ne faccia un interlocutore spendibile in chiave europea, non più liquidabile come sterile voce “sovranista”. «Sì, sto studiando», ha confermato lo stesso Salvini, nel match con Renzi organizzato da Bruno Vespa.

Stando ai fatti: di certo, se Conte venisse sfrattato – come assicura Mieli –  un personaggio come Draghi non potrebbe che essere accolto a braccia aperte dai naufraghi del Pd. Se poi insistesse con le recenti suggestioni riguardo al recupero della sovranità monetaria, potrebbe piacere persino ai grillini (che peraltro, da Ursula in poi fino all’abbraccio con Zingaretti, sembrano pronti ad aprire la porta di casa a chiunque). Lo stesso Draghi – mai dire mai – potrebbe persino nascere a nuova vita, riesumando l’insegnamento keynesiano del maestro Federico Caffè. Ma come tradurlo  in pratica, nell’Italia di oggi? Dopo aver contribuito a disarticolare il cuore produttivo del paese, avallando le maxi-privatizzazioni degli anni ‘90, Draghi è stato promosso alla Goldman Sachs, il famigerato “calamaro vampiro” che simboleggia la peggior finanza-canaglia. Neoliberismo puro, da infliggere ai contribuenti: lezione applicata in modo spietato negli anni seguenti, da Bankitalia alla Bce. Ora invece Super-Mario è stato folgorato sulla via di Damasco, insieme a Christine Lagarde?

Secondo Magaldi, lo smottamento in corso nella sala dei bottoni europea, interamente massonica e di segno neoaristocratico, è assai più vasto di quanto oggi sia possibile osservare a occhio nudo: l’ipotetica diserzione di Draghi e Lagarde sarebbe solo la vetta dell’iceberg. Il detonatore è il diffuso malessere che colpisce il vecchio continente, dove ora persino la Germania segna il passo. Se i francesi si sono palesemente ribellati a Macron, proprio l’Italia resta il punto nodale della crisi neoliberista, apertasi in modo clamoroso con l’elezione di Trump che ha smascherato l’ipocrisia finto-progressista (Obama, i Clinton) del globalismo reazionario. Dopo la falsa partenza del 2018, con le squillanti promesse gialloverdi – mettere in discussione la governance di Bruxelles fondata sul rigore – si è arrivati al progressivo sabotaggio di Salvini e al provvisorio “parcheggio” rappresentato dal Conte-bis. Uscita di scena la Gran Bretagna, e permanendo sostanzialmente ingessati i sistemi politici tedesco e francese, il terreno di gioco per il possibile cambio di paradigma resta l’Italia. Non è strano, quindi, che si pensi a Draghi – qualsiasi cosa rappresenti, oggi – come possibile, nuovo reggente del Belpaese, dopo la breve stagione dell’imbarazzante e anonimo Giuseppe Conte.

INIZIA A GIRARE LA VOCE CHE SI CONTANO I Giorni per il Conte-bis, Mario Draghi a Palazzo Chigi?ultima modifica: 2019-10-22T10:38:03+02:00da bezzifer
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