Pura discussione accademica. Io un Minniti che prende ordini da Renzi non ce lo vedo. E neppure un Renzi che accetta di farsi rappresentare da lui.MA LA REALTÀ E UN ALTRA.

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Nuovi tempi, vecchi errori in forma nuova.Non sono nè un giornalista, nè un cronista, sono un pensionato che scrive come la vede. Che esprime semplicemente il suo punto di vista, che non siete obbligati a condividere. Libero io e liberi tutti, il pensiero non è un canarino.

CIAO Bezzi Fer.

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La clessidra di Minniti. L’amletica decisione slitta ancora. Tutti i dubbi dell’ex ministro: il suo campo nel Pd non si è allargato, le voci di scissione renziane, le richieste sugli organigrammi. L’ex ministro dell’Interno ha fatto sapere ai suoi fedelissimi che il travaglio della decisione non è ancora concluso. Il giorno buono dovrebbe essere domani, comunque prima di venerdì, giorno in cui sarà a Firenze alla presentazione del suo libro con Matteo Renzi. Chissà.

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Dentro l’attuale PD possono fare quello che gli pare, l’unico che ha le idee chiare è Renzi. IL PD CATTOCOMUNISTA è finito. Cercano i motivi della sconfitta? Accusano Renzi e ne pretendono le scuse? Hanno iniziato a sabotarlo un minuto dopo che è diventato Segretario e intensificato lo stesso boicottaggio dopo che è diventato PDC senza capire che il PD CATTOCOMUNISTA è morto il giorno che hanno deciso di appoggiare MONTI.La SX oggi è diventata DX SOCIALE col M5S e urge un soggetto MODERATO che guardi a SX senza trascurare il resto dello stesso mondo.

E oggi mi va di essere più carogna del solito, ma a vedere la fine che ha fatto Leu e che adesso cerca il rientro nel PD (se vincerà Zingaretti) , non posso fare a meno di pensare che hanno mandato a puttane un progetto come quello del brancaccio, decretato la fine di un partito appena nato, e tutto per cosa? delle misere poltrone in parlamento, cari dirigenti di LeU immagino siete fieri della vostra lungimiranza.

HANNO MARTELLATO DAL DI DENTRO IL LORO SEGRETARIO,
hanno operato una scissione, fortunatamente ultra mini, hanno fatto un partito (MDP), sono confluiti in LEU, ora si ri scindono di nuovo e tornano ad essere MDP …..forse.
E ci vogliono far credere che ci sono ragioni ideologiche e non di poltrone?
Proviamo a spiegarla noi RENZIANI: i Bersaniani se ne andarono dal PD perché non ci sarebbero state deroghe per i due mandati, formano MDP. I sondaggi non vanno oltre il 3%, allora si uniscono agli altri partiti della sinistra e fanno un partito elettorale LEU. Speravano di arrivare alla doppia cifra, ma i risultati elettorali sono disastrosi, riescono appena a superare il quorum del 3%. Loro analisi della sconfitta non ne fanno.
Gli attuali sondaggi li danno in discesa, tutti insieme restano sotto il 3%.
Ora però, c’è il congresso del PD, Renzi si è chiamato fuori lasciando campo libero probabilmente a Zingaretti, unico vero candidato, aspettando Minniti.
Con Zingaretti, i fuoriusciti Bersaniani potrebbero rientrare nel PD o in coalizione (agguantando un seggio sicuro), cosa che non farebbe mai Fratoianni (ex SEL).
Ecco spiegata la scissione di MDP da LEU; sperano che Zingaretti diventi il nuovo segretario del PD e quindi pensano di poter rientrare nel PD.
Non so come si realizzerà; non so come potrebbero reagire quelli che invece sono rimasti nel PD. Credo non bene.

Pare ovvio che con queste prospettive,non RENZIANI si stia valutando una via nuova per salvate l’ITALIA e un alternativa per salvare L’Europa contro le politiche nazionaliste di Salvini, Orban e Le Pen. Come sempre RENZI sei il primo a insegnare la strada da percorrere.

E ALLORA Come non allearsi in Europa con Macron? Oggi Macron ha giustamente affermato che il patriottismo e’ il contrario di nazionalismo. La lezione della Grande Guerra non può essere rancore contro gli altri’ L’11 novembre, esattamente 100 anni fa – ha detto Macron – a Parigi, come ovunque in Francia, fu armistizio. Era la fine di
quattro lunghi e terribili anni. Per quattro anni, l’Europa rischio’ di suicidarsi”.
“La lezione della Grande Guerra non puo’ essere quella del rancore di un popolo contro gli altri” ha detto ancora Macron nel suo discorso, sotto la pioggia, visibilmente emozionato.Invocando una maggior cooperazione internazionale, ha stigmatizzato “la chiusura in se’, la violenza e il predominio”. “Sommiamo insieme le nostre speranze invece di opporre una all’altra le nostre paure”! Noi siamo con Emmanuel Macron. Questa è l’alternativa vera al nazionalismo. Leggete cosa ha detto. Lasciate stare le omelie domenicali di Scalfari, le liste da fantacalcio dei “migliori” fatte da aspiranti leader che non sono leader via twitter, i ritorni al passato. Questa è la via per tutti i democratici europei. Questa è la via anche per noi, per affrontare le elezioni europee con la fiducia dei valori e per vincerle con la forza delle idee.

Questa e la strada per una rinascita della sinistra per il bene del ITALIA&EUROPA. E ciò e confermato dalle manifestazioni anti GOVERNATIVE DEGLI ULTIMI GIORNI.

E ORA BASTA SFOTTERE CARI GRILLINI.Le due manifestazioni antigrilline di Roma e Torino segnano un punto di svolta nelle dinamiche del sentimento popolare italiano.
Chi è stato in piazza lo ha toccato con mano: si è incrinato il pregiudizio positivo che ha portato ad accumulare oltre ogni ragionevole limite fiducia, speranze, illusioni in capo a un non-partito palesemente impossibilitato a onorarle.
Quel pregiudizio ha funzionato per anni in modo prodigioso, alimentato dalla diabolica macchina comunicativa di Grillo e Casaleggio; si è cinicamente nutrito della frustrazione inoculata nella coscienza collettiva dalla crisi economica; ha avvelenato i pozzi della politica, assistito dalla denigrazione sistematica di qualsiasi avversario e dalla consapevole mistificazione dei dati di realtà.
Finché tutto ciò avveniva con il M5s all’opposizione non vi era alcuna strategia possibile di contrasto per chi governava. Troppo mirabolanti le promesse, troppo ruffiana la retorica, troppo assetata di placebo l’audience, troppo miserabile la “vecchia politica” se rapportata alle rutilanti menzogne dei nuovi guitti di piazza e di social network.
Ma fatalmente è arrivato l’appuntamento con il governo e la musica è repentinamente cambiata. Dopo due anni si misura agevolmente, nelle due principali città governate di Roma e Torino, l’inconsistenza politica e la mediocrità amministrativa delle esangui e raccogliticce classi dirigenti grilline; si sperimenta non solo la prevedibile vacuità delle bombastiche promesse spacciate in campagna elettorale ma perfino la distruzione del capitale civico accumulato negli anni precedenti da amministrazioni certamente imperfette, ma almeno capaci di atti e fatti concreti a presidio del bene comune.
Il fallimento grillino a Roma e Torino è clamoroso e stupefacente perfino per chi lo aveva preconizzato. Non solo il movimento è franato sotto la sesquipedale impreparazione a governare i processi più elementari della pubblica amministrazione locale, paralizzando i servizi essenziali per i cittadini e sabotando ogni progetto di sviluppo a medio e lungo termine; senza abbandonare una prosopopea che lo rende ogni giorno più incongruo e grottesco esso è anche incappato nei più miserevoli infortuni etici imputati per anni ai suoi avversari: nepotismo, mancata trasparenza, favori agli amici, ma soprattutto una fenomenale propensione al falso ideologico (che questo sia penalmente sanzionabile o meno è irrilevante).
La nudità del re è manifesta a chiunque ormai, e la reputazione del movimento è irrimediabilmente compromessa dai passi falsi di Roma e Torino. Non si trova più chi sia disposto a compromettersi con chi governa, e ogni giorno si aggiunge una nuova voce al coro degli scontenti. Non si contano più i portatori di interessi che hanno definitivamente ritirato la fiducia al movimento e che manifestano apertamente la loro opposizione a chi governa così maldestramente quelle sfortunate città, né si contano i pentiti di un voto attribuito sull’onda della credulità. Questo processo è largamente iniziato anche su scala nazionale, anche se occorrerà tempo per il suo completo dispiegamento.
Tuttavia all’appello con la presa d’atto del fallimento grillino manca ancora una fetta importantissima di elettorato: quello zoccolo duro che ha entusiasticamente abbracciato il movimento tradendo le proprie convinzioni politiche più profonde, e che per compiere questo passo ha dovuto investire rilevanti risorse “affettive” nella nuova relazione. Grillo e Casaleggio non hanno chiesto loro solo un voto ma un’adesione profonda, un patto di sangue, una alliance sacrée che non si rompe per le sole ragioni di una contingente opportunità politica.
La dissoluzione della solidarietà di setta è un passaggio delicatissimo, che va messo a fuoco correttamente se non si vuole correre il rischio di rinsaldare ulteriormente lo spirito di corpo grillino eccitato dall’assedio degli avversari; è probabile che in questo momento proseguire con l’aggressione frontale agli imbarazzanti limiti manifestati sul campo dai dirigenti pentastellati non produca apprezzabili risultati in termini di erosione della base elettorale più fedele.
Oltre a lavorare sull’alternativa politica a sinistra (l’unica che potrà concretamente e definitivamente obliterare questa fase storica) ritengo che sia adesso opportuno archiviare ciò che rappresenta – ahimè – la principale attività di opposizione politica al grillismo: il perculamento e lo sfottò. Una volta disvelata l’imbarazzante inadeguatezza di quella classe dirigente, occorre che i loro sostenitori abbiano la possibilità di distaccarsene per loro scelta autonoma più che per vergogna indotta dall’esterno. L’innamoramento con il movimento li rende vulnerabili e a nessuno piace essere sfottuto per aver sinceramente amato, né che l’oggetto del suo amore sia denigrato o messo in ridicolo. Anche, e forse soprattutto, nel momento in cui l’amore finisce.
Ripulire l’opposizione dai toni “grillini”, rinunciare alle innumerevoli (e ghiottissime) opportunità di polemica spicciola sull’ignoranza, sull’analfabetismo, sull’impreparazione, sulla grossièreté, sull’incongruità di tanti suoi personaggi, sulle figuracce a cui espongono loro stessi e il paese; distogliere lo sguardo dai congiuntivi di Di Maio, dalle bestialità della Lezzi, dalle stramberie di Toninelli: ne saremo capaci?
Sapremo trattenerci – soprattutto chi è stato in trincea da renziano, e che ben più violenti sfottò ha dovuto subire per cinque anni – dal raccogliere facili like, cuori e retweet sulle prese per il culo a buonissimo mercato (te le servono su un piatto d’argento) per concentrarci su ciò che ha rilevanza politica e magari sul processo costitutivo di un’opposizione (meglio, di un’alternativa) degna di questo nome, consapevoli che lo spettacolo dato da essa in questi mesi non è meno miserabile di quello grillino? Sapremo essere fermi e indisponibili all’inciucio ma rispettosi di una implosione che genererà dolore e sofferenza genuina in tanti che hanno votato 5s in buona fede?
Per questa maturità passa la fase politica che le piazze spontanee di Roma e Torino hanno finalmente aperto. Quel popolo si è dimostrato saggio ed equilibrato, altrettanto dovremmo saper fare noi, militanti e dirigenti di un’opposizione consapevole delle sue enormi responsabilità.

Pura discussione accademica. Io un Minniti che prende ordini da Renzi non ce lo vedo. E neppure un Renzi che accetta di farsi rappresentare da lui.MA LA REALTÀ E UN ALTRA.ultima modifica: 2018-11-15T10:14:41+01:00da bezzifer
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