Ma la verità è che Matteo Renzi è sempre più scomodo nel Partito Democratico. E in tanti (forse lui compreso) non digeriscono più la sua presenza. Forse è arrivata l’ora dell’addio

Addio Matteo: il Pd non sopporta più Renzi, Renzi non sopporta più il Pd

I mal di pancia di Minniti. La rivalità con Zingaretti. Il ruolo, da capire, di Martina. Ma la verità è che Matteo Renzi è sempre più scomodo nel Partito Democratico. E in tanti (forse lui compreso) non digeriscono più la sua presenza. Forse è arrivata l’ora dell’addio. MA RASSEGNATEVI RESTA IL MIGLIORE E CI DICE,

ASPETTANDO IL FUTURO VI TRANQUILLIZZO DICENDO.

Non ho mai voluto organizzare una corrente e non lo farò adesso. Opportunamente Marco Minniti ha sottolineato come la sua storia sia una storia di autorevolezza e indipendenza. Bene! Mi sembra che adesso si possa fare il congresso sulle idee, non su di me. Nel frattempo c’è un Governo che sta facendo male all’Italia. E io ho rinunciato a correre per la segreteria del PD ma non ho rinunciato a combattere contro la cialtronaggine fatta dal Governo. Per questo ogni giorno lavoriamo in Senato e lavoriamo tra la gente sui comitati d’azione civile Ritorno al Futuro.POI.Aprendo i giornali, due frasi hanno mandato Marco Minniti su tutte le furie. La prima è di Matteo Renzi: «Voi occupatevi del congresso, io sto con la società civile». La seconda è di Maria Elena Boschi: «A prescindere da chi vincerà, il partito va rifatto». Esponenti vicini all’ex ministro dell’Interno, ora ufficialmente candidato alla segreteria del Pd, la interpretano così: «Siccome Marco ha preso le distanze da Renzi, rifiutando il tutoraggio di Teresa Bellanova e insistendo sul fatto che lui non è il candidato di nessuno, ora l’entourage di Matteo non garantisce più il sostegno di voti che aveva promesso».

Un corto circuito che va a complicare ulteriormente uno scenario già di per sé molto intricato. Perché, a questo punto, il messaggio che arriva da quello che una volta era il Giglio Magico che aveva in mano il Paese, è chiaro: un vero candidato non ce l’abbiamo e quindi agiremo da battitori liberi. Non è un caso che, proprio nel giorno in cui Minniti lancia la sua candidatura sulle pagine di Repubblica, Sandro Gozi – ex deputato e sottosegretario, ora sherpa del gruppo Pd al Senato, una vera e propria riserva renziana – ribatte sul Messaggero che “i Dem hanno esaurito la propria missione ed è ora di andare oltre”.

Una frase che ricalca quella di un utente Facebook a cui, alcuni giorni fa, il “senatore di Scandicci” aveva tributato un emblematico “like”. E non è neppure un caso che i retroscenisti più vicini a Renzi stiano cominciando a riportare virgolettati sempre più espliciti sulla volontà dello stesso ex premier di trasformare in realtà il tanto spesso ipotizzato addio al Pd.

Nessuno dei possibili segretari si immagina un futuro zavorrato dall’ombra dell’ex premier e dei suoi pasdaran. Se così fosse, è la convinzione comune, meglio che ognuno vada per la sua strada

La prospettiva, però, che non scalda i cuori degli stessi renziani, o almeno non di tutti. Anche perché, come ha sottolineato Michele Anzaldi nei giorni scorsi, «quelli veri sono al massimo 16». Non certo l’esercito che molti descrivono. Di qui il vero motivo di tutti i tentennamenti, più ancora dei sondaggi non entusiasmanti sulla nuova “cosa”: Renzi non è affatto convinto che, se dovesse finalmente dare vita ad un soggetto ispirato alla macroniana En Marche (o a Ciudadanos in Spagna), siano poi in tanti disponibili a seguirlo. E non ha torto. Nelle chat renziane è tutto un invito alla prudenza. Nonostante i mal di pancia – legati soprattutto ad una possibile vittoria di Nicola Zingaretti – pochi pensano veramente che uscire dal Pd sia davvero la soluzione a tutti i problemi.

Anche chi preme perché Martina alla fine scelga di correre contro Minniti e Zingaretti (tra tutti Graziano Delrio e Matteo Orfini) sta lavorando affinché lo scontro non si riduca ad un derby tra renziani ed anti-renziani, che finirebbe per ridare centralità, ancora una volta, all’ex segretario. E non lo vuole neppure lo stesso Minniti, che non perde occasione per ribadire la sua autonomia, e che ha già rivolto un appello agli altri candidati “affinché, dopo le primarie, tutti garantiscano il proprio sostegno al vincitore”.

La realtà è che l’eventuale addio di Renzi non viene più percepito come una catastrofe. È la convinzione che stanno maturando in tanti all’interno del Pd, non solo tra i suoi oppositori

La realtà è che l’eventuale addio di Renzi non viene più percepito come una catastrofe. È la convinzione che stanno maturando in tanti all’interno del Pd, non solo tra i suoi oppositori. «Fino a che Matteo monopolizzerà la discussione – ci spiega un deputato che fino a qualche mese fa era considerato in maggioranza – non riusciremo mai a ricostruire un progetto serio. Ora lui dice che sta con la società civile, ma non perde occasione per muovere le sue truppe corazzate per randellare sui social chiunque si permetta di criticarlo. E pensare che ogni due per tre lamenta di essere stato danneggiato dal fuoco amico. E’ una strategia che finisce solo per danneggiare il Pd, altro che società civile».

La strada verso l’elezione del nuovo segretario del Pd è ancora molto lunga. Di qui al 3 marzo (la sempre più probabile data delle primarie) può succedere di tutto. Anche che la consultazione popolare non elegga nessuno (da statuto il nuovo leader, se non otterrà più del 50% dei voti nei gazebo, verrà eletto dall’Assemblea nazionale) e che si debba ricorrere ad un accordo tra due dei tre candidati principali. Molto del futuro del Pd dipenderà da come andranno la campagna congressuale, il congresso stesso e, soprattutto, le elezioni europee.

Ma una cosa è certa: con motivazioni politiche e programmatiche differenti, nessuno dei possibili segretari si immagina un futuro zavorrato dall’ombra dell’ex premier e dei suoi pasdaran. Se così fosse, è la convinzione comune, meglio che ognuno vada per la sua strada. E IO SENZA NESSUN DUBBIO VADO DOVE VA RENZI ANCHE SE VA A SBATTERE.

Ma la verità è che Matteo Renzi è sempre più scomodo nel Partito Democratico. E in tanti (forse lui compreso) non digeriscono più la sua presenza. Forse è arrivata l’ora dell’addioultima modifica: 2018-11-19T12:04:30+01:00da bezzifer
Reposta per primo quest’articolo
Share