Giachetti, Ascani, la confusione dei renziani e le tante domande. Ma la risposta è una sola: Renzi se ne va

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Cosa sarà di Matteo Renzi è facile da dire, nel senso che è già scritto. Farà il suo partito e si presenterà alle Europee. Glielo impone il suo carattere, glielo impone la necessità di non sbiadire lentamente (lentamente muore, per dirla in poesia), probabilmente glielo impone la sua stessa brillantezza, che nessuno – nemmeno gli avversari – può negargli.

Tra l’altro, è da registrare che al comunicatore orrendamente irritante dei tempi del governo sta subentrando un polemista più spensierato ed efficace: tanto che nessuno che sia in buona fede oggi può contestargli mediaticamente il ruolo di principale oppositore del governo Salvini-Di Maio. La costruzione e il rafforzamento di tale ruolo, per il Renzi che sarà, è fondamentale, sarà l’atto costitutivo del nuovo partito.

Cosa sarà dei renziani, invece, è tutto da scrivere. Il piccolo dramma da loro vissuto in questi giorni di fronte al dilemma se appoggiare Martina o tentare altro, ha certificato, più che una divisione, una totale confusione, uno spaesamento, un’abulia. Culminati con l’azzardo, non privo di fascino residuale, della strana coppia Giachetti-Ascani.

I due si sono presentati last minute armati di scatolette di cartone con le firme al Nazareno, e oplà, eccoli candidati. Che è sempre meglio di niente, d’accordo. Restano però sul campo molte domande, anche se probabilmente accomunate dalla medesima risposta.

Intanto una notazione preliminare: il precedente candidato (parzialmente) renziano, Marco Minniti, tornato adesso nell’oscurità dopo la rinuncia, alle politiche aveva perso malamente nelle Marche, arrivando addirittura terzo in una terra tradizionalmente non certo ostile ai dem. Adesso si rispolvera Giachetti, che ha non solo perso ma straperso a Roma contro Virginia Raggi.

La prima domanda è: perché? Perché quella formidabile armata che era stata il renzismo si ritrova a presentare come candidati solo sconfitti eccellenti?

La seconda è: volendo dar vita a questo strano ticket in zona Cesarini, perché non si è tentata almeno la carta spregiudicata e forse un po’ folle, ma mediaticamente inedita, della Ascani candidata e di Giachetti vice? Sarebbe stato almeno civilmente avanzato e innovativo un uomo che (finalmente!) fa da vice a una donna.

Ma le domande non finiscono qui, anzi ne arrivano di nuove: perché nessun renziano di peso ha accettato di correre?

Perché non ci ha provato la Boschi, che è in recupero di immagine dopo i guai di papà Di Maio? Perché non ha tentato la Bonafè fresca di vittoria in Toscana, perché non si è cimentato il rassicurante Guerini?

La risposta a queste varie domande è solo una: le cose sono andate e stanno andando così perché Renzi in questo partito non solo non crede più, ma lo considera un fastidioso concorrente. E nessuno dei renziani di peso vuol restare col cerino in mano di sconfitto al congresso in un partito che peraltro di qui a breve probabilmente si ritroverà ad abbandonare.

Sarà forse già gennaio il mese della resa dei conti: Renzi, o Calenda, o forse addirittura tutti e due. Qualcosa di nuovo certamente nascerà. E comunque prima delle primarie aperte del 3 marzo, per poterne meglio, ulteriormente, depotenziare l’affluenza.

Sarà quella la vera sfida.

Giachetti, Ascani, la confusione dei renziani e le tante domande. Ma la risposta è una sola: Renzi se ne vaultima modifica: 2018-12-14T10:52:51+01:00da bezzifer
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