Sovrappopolazione, riscaldamento globale, inquinamento, ritorno del nazismo, centinaia di conflitti locali, minaccia nucleare e via elencando… In un quadro in cui, ad essere precaria, è la sopravvivenza della specie, come si fa a sperare in un lavoro a tempo indeterminato?

Mai così tanta gente al lavoro in Italia. Ma i nuovi posti di lavoro sono quasi tutti precari: cosa mostrano gli ultimi dati sul lavoro, tra bicchieri mezzi pieni e mezzi vuoti.

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Bersani l’ho sentito più volte snobbare i risultati della crescita dell’occupazione e del PIL (di solito raccontato su base annua, o al più dal 2014), proprio perché “le ore lavorate sono diminuite di 1 miliardo”. Chi lo sente vuole credere alla sua onestà intellettuale, quella di chi dovrebbe confrontare pere con pere ed archi temporali omogenei.

Certo che si resta un po’ basiti nell’apprendere come su un totale spannometrico di 44 miliardi di ore lavorate, ne vada perso uno, cioè più del 2%, a fronte di un aumento del PIL dello stesso ordine di grandezza. Quindi redditi personali e profitti delle aziende aumentano di poco meno del 2% mentre le ore lavorate diminiscono del 2%.

A quale fenomeno di modifica strutturale dell’economia e della società italiana stiamo assistendo, forse i magici effetti di “Industria 4.0”, lavoriamo di meno e guadagniamo di più?

No, Bersani ha solo raccontato “Fregnaccia 1.0”. PIL ed ore lavorate seguono lo stesso andamento. Non siamo diventati il centro di ricerca e sviluppo mondiale, non abbiamo i robot che il lunedì sostituiscono gli operai che c’erano venerdì. Dal 2013 sia le ore lavorate sia il PIL sono cresciuti e per andare a trovare un miliardo di ore lavorate in più bisogna ritornare al 2008, quando anche il PIL era al suo massimo.

Il mondo cambia, oggi è normale in certi (molti) settori lavorare 1 anno per un’azienda, 2 anni per un’altra, ecc. Poi magari 2-3 anni si va all’estero, poi si ritorna, poi ci si mette in proprio, poi si ritorna dipendenti, e così via. Se cercate il posto che dura 30 anni così potete mettervi l’anima in pace e pensare solo alle serate al bar con gli amici allora avete bisogno di una sola cosa: una macchina del tempo.Il mio esposto sopra va inquadrato meglio, colpa mia. Mi riferivo soprattutto alla parte relativa ai giovani e nuovi contratti. Comunque sono convinto che è fondamentale costruire una buona base, varia, con buone esperienze e soprattutto interessante (per un’azienda). In questo modo il contratto indeterminato arriva, perché l’azienda vuole tenerti, non è interessata per nulla a vederti andare via e soprattutto non sarà lo stato ad obbligare altrimenti. Rimane, comunque, l’importanza di una regolamentazione che auspichi la maggiore regolamentazione e stabilità nel lavoro ma non riuscirà mai ad obbligarla.

Ma voi.Pensate che il mercato si sia evoluto in questo modo per volontà di poche persone? Io penso che l’evoluzione è stata causa di talmente tanti fattori (dalla tecnologia, alle linee di pensiero, stile di vita, ecc) che semplicemente opporsi sarebbe stato come voler mantenere l’Impero Britannico fino ad oggi.

Se cercate il posto che dura 30 anni così potete mettervi l’anima in pace e pensare solo alle serate al bar con gli amici allora avete bisogno di una sola cosa: una macchina del tempo“.

Oppure un impiego statale. Pagati poco, quasi sempre, ma il lavoro è sempre quello, dalla nuova assunzione al pensionamento.Ma con ampia possibilità di trovarsi un secondo lavoro in nero, e guadagnare più dei dipendenti privati.Vero che il secondo lavoro in nero lo possono trovare anche i dipendenti privati, sarebbe un secondo lavoro precario. Quando si perde il lavoro precario, si rimane col magro salario statale, che fa pure rima.

Ho omesso molte considerazioni(con mia colpa) . Cioè che non funziona su tutti-tutti i settori, che serve accrescere competenze e guadagnarsi posizioni sempre più importanti ad ogni nuovo “giro” e che probabilmente la responsabilità è molto più nostra che di altri. Capisco che se vuoi “metterti a posto” ad una certa età è bello avere la stabilità, ma devi lavorare per raggiungerla, non richiederla come dato di fatto.

Aggiungerei un paio di osservazioni.
i) Occorre sviluppare un sistema serio di formazione sussidiata che permetta di passare agevolmente da un lavoro all’altro senza subire un potenziale ricatto da parte dell’azienda e/o dal datore di lavoro.
ii) Molti giovani (e meno giovani) lasciano l’Italia non tanto per fuggire la precarietà del lavoro, ma per l’indecente livello salariale, per la gratificazione professionale e, più in generale, per il pessimo funzionamento degli apparati burocratico e giudiziario.
iii) macchina del tempo per macchina del tempo, più che il posto fisso comprerei qualche migliaio di Bitcoin.

Nessuno  crede più al posto fisso a vita, ma l’offerta di un contratto indeterminato è indice di maggiore serietà professionale da parte di un azienda. Da indiscutibilmente più garanzie e la possibilità di avere accesso a un mutuo, benefit, etc. Nessuno si sogna più di lavorare a vita nella stessa azienda, ma questo non implica che le aziende debbano smettere di offrire un contratto indeterminato. Dopo un sprint sull’aumento dei posti di lavoro negli ultimi anni, qualsiasi governo dovrebbe preoccuparsi adesso di rendere quei posti di lavoro più sicuri, aumentando significativamente ad esempio il ticket di licenziamento per i contratti determinati.

Io sono stato fortunato (?) ad avere avuto solo contratti a tempo indeterminato anche se non avevano assolutamente nessun valore “reale”. Mi spiego: a Londra avevo il contratto indeterminato, ma tanto mi potevano licenziare il Venerdì e il Lunedì non andavi a lavoro. Ti davano 1 settimana di stipendio in anticipo e basta. Al compiere del secondo anno di lavoro avevi 2 settimane di stipendio, al terzo anno 3 settimane, e così via. Quale era il beneficio di un contratto “indeterminato”? nessuno. Qui in Italia sono indeterminato con il Jobs Act, ho qualche tutela in più (una minima buonuscita se mi licenziano e TFR che a Londra non esisteva), però se vogliono mandarmi via lo fanno comunque senza molta difficoltà in più. Non è lo stato che lo impone, è il mondo del lavoro che impone questa flessibilità. Se ad ogni nuovo lavoro costruisci un curriculum vario, delle competenze importanti e posizioni utili alla tua carriera, allora arriva anche il contratto a tempo indeterminato, ma non perché “indeterminato intrinsecamente” ma perché l’azienda non vorrebbe mai mandarti via per quanto vali. Per questo consiglio a tutti in Career Planner, o comunque di avvalersi di consulenze sulla propria carriera, oltre che a “studiare” il proprio settore il più possibile.

Sicuramente il problema del credito, come indicato da altri, è molto importante e di primaria importanza. La mia fortuna è stata che anche cambiando lavoro ho avuto contratti indeterminati (Jobs Act), che comunque ho lasciato andare quando volevo cambiare.

“Questa è una giornata storica, non pensavo di farcela in un anno. Mentre rottamiamo e superiamo un certo modello di diritto del lavoro, noi superiamo i co.co.co. e i co.co.pro. Per la prima volta c’è una generazione che può vedere la politica far la guerra non ai precari ma al precariato”, ha detto il premier Matteo Renzi nella conferenza stampa di presentazione dei provvedimenti approvati. Norme che sono destinate ad aumentare “la flessibilità in entrata e le tutele in uscita” e che sono rivolte ai più giovani. “Una generazione – ha aggiunto – vede finalmente riconosciuto il proprio diritto ad avere tutele maggiori. Parole come mutuo, ferie, buonuscita e diritti entrano nel vocabolario di una generazione fino ad ora esclusa”.

Sovrappopolazione, riscaldamento globale, inquinamento, ritorno del nazismo, centinaia di conflitti locali, minaccia nucleare e via elencando… In un quadro in cui, ad essere precaria, è la sopravvivenza della specie, come si fa a sperare in un lavoro a tempo indeterminato?ultima modifica: 2018-01-17T12:48:59+01:00da bezzifer
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