E IN QUESTO MARASMA POLITICO:Renzi e il Pd sono dentro un limbo, da cui potranno uscire con un coraggioso passo in avanti o con un clamoroso balzo all’indietro.

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«La sensazione è che per la prima volta da quando ha cominciato a fare politica, Matteo non sappia che pesci pigliare. Non era mai successo prima e non so, sinceramente, come potremo uscire da questa situazione». Sono giornate lunghe e un po’ tristi al Nazareno. La sede del Pd è mezza deserta, complice il ‘trasloco’ dell’attività politica presso le sedi istituzionali e, soprattutto, la tagliola della cassa integrazione che ha colpito tutti i dipendenti, spedendone una grossa fetta a casa a zero ore. Chi c’è però – reduci dei renzismo, colonnelli di quelli che furono i giovani turchi di Orfini, l’inner circle del reggente Martina – non fa altro che chiedersi: «E ora? Che facciamo?».

Parliamo con uno di quelli che negli ultimi anni sono stati a strettissimo contatto con il Giglio Magico che fu: «Qua sembra che se ne siano già dimenticati tutti, ma dopo le amministrative (i ballottaggi previsti per domenica 24, ndr) avremmo preso l’impegno di convocare una Assemblea nazionale in cui dovremmo comunicare la data del congresso e delle primarie. E visto lo spettacolo indegno che abbiamo fornito la volta scorsa, sarebbe consigliabile arrivarci preparati». Ma la verità è che, mai come in questo momento, regna la confusione in casa dem. Una confusione parzialmente celata dall’unità di facciata, frutto di un ‘cessate il fuoco’ interno legato alla nascita del governo Lega-M5s. Ma che nasconde una situazione di indeterminatezza, di mancanza di prospettive certe. Per capire come uscire dall’impasse, come al solito, guardano tutti in una direzione: quella del seggio senatoriale di Scandicci. Tutti attendono un segnale da Renzi, ma il segnale, al momento, non arriva.

Ma la verità è che, mai come in questo momento, regna la confusione in casa dem. Una confusione parzialmente celata dall’unità di facciata, frutto di un ‘cessate il fuoco’ interno legato alla nascita del governo Lega-M5s. Ma che nasconde una situazione di indeterminatezza, di mancanza di prospettive certe

«Ci sono due ordini di problemi – ci dice la nostra fonte – che attanagliano Matteo in questi giorni. Il primo è legato al fatto che la suggestione del nuovo partito sta sfuggendo via». L’idea della formazione renziana di ispirazione macroniana, infatti, non attecchisce. I sondaggi riservati commissionati dal Giglio Magico non sono ritenuti soddisfacenti e l’operazione rischia di non essere compresa, soprattutto in un momento in cui, da più parti, si invoca “l’unità del fronte anti-populista”. Per non parlare del fatto che la forza propulsiva e trascinante del ‘modello Macron’ sembra già arrivata al capolinea.

«Svanita l’idea di una En Marche italiana, bisogna capire come affrontare il congresso. E questo è il vero rompicapo di Renzi. Fosse per lui, si ricandiderebbe ma sa che in questo momento non può farlo. Il tema, ora, per lui, è capire come tenere il controllo del partito pur senza guidarlo in maniera esplicita». Che è quello che sta succedendo in questi giorni di rinnovato protagonismo. Tra dirette dai tetti, enews e sfuriate sui social, l’ex segretario ha ripreso il comando delle operazioni in chiave anti-populista. Un giorno attacca Salvini, il giorno dopo Di Maio: «Fa quello che fa un leader – ci spiega un senatore renziano – la mattina dà la linea sulle nostre chat interne. E noi lo seguiamo». Una situazione che fa supporre a molti che, in fondo, allo stesso Renzi, in questo momento, vada bene così. Senza un segretario vero (il reggente Martina è sempre più ai margini), l’ex rottamatore può continuare a esercitare la sua funzione di leadership de facto.

Dentro e oltre tutto questo, c’è un partito che si muove con estrema fatica, ancora alla ricerca del suo nuovo ruolo in un mondo politicamente capovolto. Renzi e il Pd sono dentro un limbo, da cui potranno uscire con un coraggioso passo in avanti o con un clamoroso balzo all’indietro.

Anche perché, al momento, non esiste un candidato su cui Renzi sia pronto a puntare tutte le sue carte. In realtà, uno ci sarebbe, Graziano Delrio, ma l’ex ministro reggiano continua a dichiararsi indisponibile a correre per la segreteria. Nelle ultime settimane, è stato registrato un avvicinamento tra l’ex premier e il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti: secondo i ben informati il tentativo di Renzi sarebbe quello di evitare che Zingaretti possa candidarsi in chiave anti-renziana e che, quindi, possa rivestire il ruolo di candidato unitario. Ma le ultime vicende giudiziarie che hanno colpito il suo braccio destro Michele Civita potrebbero indurre il governatore al passo indietro. C’è poi il nome di Paolo Gentiloni che aleggia in ambienti dem come possibile pacificatore interno. L’ex presidente del Consiglio, però, preferisce restare fuori dalla bagarre per tenersi le mani libere nel caso in cui il governo naufragasse e si dovesse tornare velocemente alle urne. Infine, c’è Carlo Calenda: molto simile a Renzi come atteggiamento e come linea politica e, proprio per questo, guardato con sospetto dagli stessi ambienti renziani, con cui i nervi sono tesissimi.

Esclusi questi quattro nomi pesanti, per Renzi l’alternativa resterebbe solo quella di appoggiare un candidato di secondo piano. Matteo Richetti e Debora Serracchiani si sono già proposti (al momento invano), poi ci sarebbero i sempreverdi Ettore Rosato e Lorenzo Guerini. Nomi che non scaldano i cuori del popolo dem e, tanto meno, quello del loro, possibile, grande elettore. Dentro e oltre tutto questo, c’è un partito che si muove con estrema fatica, ancora alla ricerca del suo nuovo ruolo in un mondo politicamente capovolto. Renzi e il Pd sono dentro un limbo, da cui potranno uscire con un coraggioso passo in avanti o con un clamoroso balzo all’indietro.

E IN QUESTO MARASMA POLITICO:Renzi e il Pd sono dentro un limbo, da cui potranno uscire con un coraggioso passo in avanti o con un clamoroso balzo all’indietro.ultima modifica: 2018-06-20T12:27:00+02:00da bezzifer
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