Archivio mensile:giugno 2018

UNA VOLTA SI COMUNICAVA CON UNA CANZONE.

 

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Nel 1968 si ascoltava la canzone “Angeli neri” di Fausto Leali. Una canzone struggente, piena di umanità e di simpatia per i negri, dove per bambini neri si invocavano gli stessi diritti dei bambini bianchi e si chiedeva di non discriminare gli uomini per il colore della loro pelle. Sono passati 50 anni e quella canzone ( se riascoltata nell’era salviniana) non commuove più anche se i bimbi neri sono gli stessi, eguali ai bimbi bianchi ma solo quando affogano nel mediterraneo o vengono chiusi in gabbie o stipati nei barconi.

Vuol dire che sono cambiate le persone, dato che una maggioranza ribalta lo spirito e la lettera dell’art. 3 della Costituzione e un ministro della Repubblica si arroga la facoltà di discriminare perfino i bambini dell’asilo (prima gli italiani!).

Le discriminazioni razziali di Salvini si prestano anche alle battute significative di una qualche reazione popolaresca: la riforma Fornero si limiterà a diventare Forbianco, sarà bandito il Negroni, il nero D’Avola, il Negrito… Di Roma resterà la sola a finale, avendo soppresso i Rom… e via con questo stupido passo.
Tanto stupido quanto flebile e insignificante è la reazione politica al dispregio ministeriale della Costituzione. Mentre l’Europa tace quando il capo di governo di un paese membro – l’Ungheria – inserisce il razzismo nella sua Costituzione, in piena contraddizione con i principi di solidarietà e di democrazia, la base ideologica fondante della UE.

E questa contraddizione, insieme all’egoismo sovranista che imperversa ovunque, rende sempre più fragile e insicura l’Europa, incerta, sbandata di fronte all’offensiva trumpista e all’ondata di populismo dilagante.

Erano altri tempi con altre sensibilità e anche con altre ideologie. Proprio nel ’68, nei giochi olimpici di Città del Messico, Tommie Smith e il suo connazionale John Carlos, medaglie d’oro e di bronzo sui 200 metri, alzarono il pugno guantato per segnalare al mondo la rivolta contro il razzismo. Fu un segno potente del movimento chiamato Black power che si andava contrapponendo alla politica di integrazione di Martin Luther King. Fu una stagione anche violenta che finì presto ma che lasciò tra i neri d’America una nuova consapevolezza di orgoglio razziale. Altri tempi.

MA IN QUEL TEMPO SU PER GIÙ 78 SI CANTAVA PURE

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“Vado al massimo” cantava Vasco Rossi, “vado a gonfie vele” , ma non nel senso letterale delle parole, al contrario, tutto gli andava storto (all’inizio della sua carriera), come succede ai giovani che si portano addosso la paura del futuro e si riconoscono nel senso ironico delle note composte dal famoso cantautore di Modena. Tanto che quando incontri qualcuno che non se la passa bene e gli chiedi “Ciao, come va ?”, quello ti risponde: “Vado al massimo, a gonfie vele !” accompagnandolo con un sorriso ironico ed una mano gesticolante.

Ma da un po’ di tempo va prendendo piede un’altra forma espressiva per indicare che le cose non stanno andando per il verso giusto. L’avevano adottata i grillini della prima ora quando erano all’opposizione e salivano sui tetti per contestare i provvedimenti governativi che a loro non andavano giù. Difficile che lo facciano quelli del PD ora che hanno preso il posto del M5S all’opposizione finendo sul lastrico. Troppo teneri e cagionevoli i parlamentari del PD per rischiare di prendersi un acciacco in mezzo alle correnti del lastrico. E poi, perché imitare i grillini ? Ci sono tanti altri modi per fare opposizione, per esempio far finta di niente delle sconfitte elettorali subite ed andare avanti a petto in fuori come se nulla fosse successo.

Anche la Raggi finiva spesso sul lastrico del Campidoglio per rubare un’ora d’aria pulita rispetto alle sporche faccende comunali. Stesso diritto concesso ai carcerati per uscire dal chiuso delle loro celle e respirare un po’ d’aria di cortile fumando un paio di sigarette a pieni polmoni per vivere di rendita sino alla prossima ora d’aria.
Ma “Sono sul lastrico !” è diventato di moda per la crisi che ha colpito tanta gente per mancanza di datori di lavoro finiti anche loro sul lastrico. E questo dovrebbe far aumentare il valore dei lastrici in quanto la domanda supera l’offerta.

Mi ha colpito la dichiarazione della bellissima (una volta era bellissima) Eleonora Brigliadori : “Sono finita sul lastrico !” per essere stata eliminata dalla partecipazione alla trasmissione Pechino Express che probabilmente paga bene i prescelti. Mai avrei pensato che un personaggio così pieno di vitalità e brillante sarebbe finito sul lastrico per mancanza di lavoro e, quindi, di sostentamento.
Di questo passo i futuri architetti dovranno rivedere i progetti per la realizzazione di nuovi edifici. Più lastrici e meno abitazioni anche perché nessuno può più permettersi di comprarsi una casa per godersela da solo. Tutti sul lastrico in coabitazione sotto il sole e le intemperie, sotto un grande ombrellone ed una grande macchina per un Caffè Express da servire a tutti gli accampati in aria.

E questi sono i tempi moderni.

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Sinistra tradizionale? La sinistra tradizionale è morta, defunta e già in decomposizione, indipendentemente dal soggetto che intenda incarnarla. E lo dice uno che ha sempre, sempre, votato per partiti “di sinistra”.

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Spero di mettere in parole precise e chiare il mio pensiero, che purtroppo per voi rimarra astratto e confuso anche quando cercavo di spiegarmi agli altri.

La sinistra radicale è di fatto conservatrice. La Camusso è la conservazione. E infatti quei blocchi sociali votano per il M5s o la Lega. I progressisti votano per chi ha in mente di fare politiche da socialdemocrazia nordeuropea: molto mercato, molta concorrenza, molta flessibilità sul lavoro, ma anche un welfare che offra protezioni sociali universalistiche.

A problemi nuovi, certo, si deve rispondere con soluzioni nuove, ma vediamoli questi problemi nuovi:
1. disoccupazione tecnologica
mi dicono ci fosse già nel XVIII e XIX secolo.
2. immigrazione
mi dicono che i popoli dell’Europa del sud siano discendenti di migranti africani.
3. guerre
l’Europa ha conosciuto 70 straordinari anni di pace grazie alle soluzioni di quella sinistra novecentesca, e sta tornando indietro grazie ai liberisti da XVIII secolo.
4. inquinamento
mi dicono che smog sia parola nata dalla combinazione di smoke e fog (pormanteau, per quelli che parlano bene) nel XIX secolo
5. tecnologie
quelle di cui godiamo oggi sono lo sviluppo di quelle messe a punto a cavallo della seconda metà del XX secolo, in particolare per le missioni lunari; a parte la ruota, ovviamente.

Quindi, di grazia, cosa ci sarebbe da fare? Superare le ideologie? E cosa ispira, per esempio, il governo attuale se non ideologie superate? Peraltro, non mi sembrano di origine recente.

Esempio La discussione in calce del manifesto do Calenda – in cui si dibatte sul fatto che questo manifesto sia stato inviato al Foglio e non a La Repubblica o su alcune scelte stilistiche del testo – è una delle più sconfortanti che ho mai letto .
Un manifesto del genere sarebbe lo spunto per parlare degli argomenti esposti e invece ci si riduce a una diatriba sul trattino nella parola “call-center”, sull’utilizzo di “decade” nell’accezione di “decennio” e così via.

Riteniamo o no che si debba tenere in sicurezza l’Italia sotto il profilo economico e finanziario?
Sui fenomeni migratori esiste una strategia di medio o di lungo termine alternativa al metodo di Minniti, ma socialmente e economicamente sostenibile dal nostro paese?
Il salario minimo è una misura su cui siamo effettivamente d’accordo? Non rischia di depotenziare i contratti nazionali?
Il “piano impresa 4.0” (sì, si chiama così: è una manovra del MInistero dello Sviluppo economico) è veramente efficace? Può essere potenziato?
L’introduzione del tempo pieno come misura emergenziale contro la disgregazione sociale è una proposta in cui crediamo? È implementabile? Quanto costa?

Insomma, senza tirarla per le lunghe, credo che si dovrebbe discutere di questo, non del resto.

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SERVE UNA NUOVA SINISTRA  ALLA RENZI O E CALENDA SE SI VUOLE RIPARTIRE ALTRIMENTI CIAO COMPAGNI CIAO.

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RICOVERATE FICO.Taglia, forse, le pensioni a poco più di mille ex-deputati e urla: Oggi è finita la Casta. Propaganda miserabile.

RICOVERATE FICO. Portatelo via. Dove io non possa più vederlo. PREFERISCO QUESTA FICO. OLTRE AD ESSERE PIÙ f..a e pure più intelligente.

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E’ possibile che Roberto Fico, pentastellato, presidente della Camera, passi alla storia come uno dei più scadenti personaggi della politica italiana, inconsistente anche. Ieri, davanti al via libera (in parte) del suo sgangherato e barbarico provvedimento per l’eliminazione dei poco più di mille vitalizi parlamentari sopravvissuti alla falce di Mario Monti (erano andati in pensione prima), ha urlato: “Oggi finisce la Casta”. Un cretino.

Al punto che due distinte signore, la presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati e la brava Mara Carfagna, vicepresidente della Camera, hanno sollevato pesanti dubbi sul provvedimento Fico, sul quale si abbatterà comunque una class action da paura.

Ma il punto non è nemmeno questo. Il punto è che un presidente della Camera possa ritenere abbattuta la Casta, solo perché è riuscito (forse) a tagliare un po’ la pensione a poco più di mille ex-deputati, alle loro vedove e ai loro orfani. C’è da chiedersi dove sia vissuto fino a oggi questo tale, noto più che altro come esperto di cantanti melodici napoletani.

Capisco che non abbia mai letto Charles Wright Mills e meno che mai il suo esemplare Le élite del potere, ma basterebbe un po’ di buon senso per capire che la Casta (se esiste) è altro da un mucchietto di signori ormai in pantofole con il contorno delle loro vedove.

Un imbecille, via.

E si vanta pure: così risparmieremo 40 milioni (spero all’anno). Mi duole informarlo che la spesa pubblica italiana, compreso il suo ricco stipendio e i suoi uffici, si aggira intorno gli 800 miliardi all’anno. Si faccia aiutare da qualche ex-compagno di scuola a fare una proporzione e scoprirà che il suo barbarico risparmio è del tutto inutile: nel bilancio pubblico non lo si noterà nemmeno, virgola e poi una serie infinita di zeri.

E quindi? Propaganda, solo propaganda. Un po’ schifosa, anche.

I titolari di quei vitalizi li hanno ottenuti perché quelle erano le leggi, bene o male quei signori oggi in pantofole hanno servito il paese (bene o male, certo non peggio della banda pentastellata). Ma è arrivato Fico e così a dei vecchi e alle loro vedove si tira un ultimo calcio negli stinchi. E si urla di gioia: E’ finita la Casta.

Portatelo via. Dove io non possa più vederlo.

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La dignità non ha coperture.Ma non solo la dignità non ha coperture una alla volta arrivano al pettine tutte le cazzate che avete inculcato nel cervello dei boccaloni ITALICI.

Consiglio dei ministri, slitta il decreto dignità: non ci sono le coperture. Ma Di Maio: “Colpa della burocrazia” C’è sempre stata dico io,perché non l’eliminate non costa nulla, provateci proponetela, o le vostre CASTE non ve lo permettono, siete proprio dei quaquaraqua.

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Niente decreto dignità, almeno per questa settimana. Il primo provvedimento annunciato dal ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico Luigi Di Maio slitta alla prossima settimana: doveva essere approvato ieri in Consiglio dei ministri, ma non ci sarebbero le coperture per alcune misure previste dal testo. Secondo Di Maio, però, si tratta solo di un rinvio causato dagli adempimenti burocratici. continua su:

Slitta alla prossima settimana il decreto dignità, il provvedimento che il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico Luigi Di Maio aveva annunciato come la prima misure da mettere in campo da titolare dei due dicasteri. Inizialmente era previsto l’approdo del decreto ieri in Consiglio dei ministri, ma – come afferma lo stesso vicepresidente del Consiglio – non se ne parla prima di lunedì o martedì. Il motivo? Secondo Di Maio solo colpa della burocrazia. Ma, in realtà, sembra che il rinvio sia dovuto a obiezioni di altro tipo, mosse soprattutto dal ministro dell’Economia Giovanni Tria. Per alcune delle misure previste dal decreto dignità non ci sarebbero le coperture finanziarie. Manca, in sostanza, la certificazione delle coperture per l’addio allo spesometro e l’abolizione dello split payment. Così contro il decreto di Di Maio si sono schierati sia Tria che il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti. Secondo quanto trapela dai giornali, gli uffici della ragioneria avrebbero sottolineato che non ci sono coperture sufficienti su alcuni misure, soprattutto quella sullo split payment, il meccanismo (burocraticamente un po’ complesso) che garantisce il contrasto dell’evasione dell’Iva nei rapporti con la Pubblica amministrazione.

Il Consiglio dei ministri – come si legge nella nota di Palazzo Chigi – ha esaminato in via preliminare il testo del decreto, condividendolo “ampiamente nel merito politico”. Eppure non è arrivata l’approvazione. Rinviata, secondo Di Maio, per motivi legati alla burocrazia. Il vicepresidente del Consiglio lo ha spiegato ieri sera durante una diretta Facebook: “Datemi ancora qualche giorno per il decreto dignità, che interviene sui precari, sulle forme iper-burocratiche di questo paese, sulle delocalizzazioni, sul meccanismo che è una spirale che sta portando giù tante famiglie che è il gioco d’azzardo. Qualche altro giorno ed è pronto, sta facendo il giro delle sette chiese, delle bollinature, tutte cose che non conoscevo e che fanno parte delle procedure non semplici. Ma il decreto è scritto ed è pronto. Al massimo lunedì o martedì sarà approvato in Consiglio dei ministri”. Secondo Di Maio, quindi, il problema è solo burocratico. Ma questa versione sembra in parte contrastare con questo affermato dallo stesso ministro in un’intervista ad Avvenire: “Stiamo lavorando sulla stesura definitiva dei contenuti, ma non ci saranno stravolgimenti rispetto ai temi preannunciati”, afferma lasciando intendere che il testo non è pronto e che ci sia almeno qualche aspetto da limare.
Gentiloni: ‘La dignità non ha coperture’

Il rinvio del provvedimento e le notizie riportate questa mattina dai giornali, secondo cui il decreto dignità non è pronto perché mancano le coperture per alcune misure previste al suo interno, ha portato l’ex presidente del Consiglio Paolo Gentiloni a esprimere il suo commento attraverso un post su Twitter molto eloquente. “Il fatto è che la dignità in questo momento non ha coperture”, scrive l’ex inquilino di Palazzo Chigi commentando la notizia del rinvio del decreto voluto da Di Maio.

Rinviata la fatturazione elettronica sul carburante
In Consiglio dei ministri è invece arrivato il via libera al rinvio, al primo gennaio 2019, dell’entrata in vigore dell’obbligo per i benzinai della fatturazione elettronica. “Abbiamo mantenuto la promessa fatta ai benzinai qualche giorno fa – spiega il vicepresidente del Consiglio -. In questo paese non sai mai se la digitalizzazione viene introdotta per aiutare le imprese o spremerle. Il primo gennaio parte la fatturazione elettronica, noi siamo d’accordo. Ai benzinai invece è stato detto di partire il primo luglio, non si sa perché solo a loro. Io li ho incontrati e gli ho detto che dovevano avere lo stesso tempo che avranno gli altri. Abbiamo fatto un decreto che proroga la partenza al primo gennaio”. La categoria dei benzinai era stata scelta per sperimentare la misura prima che venisse applicata a tutte le categorie a partire dal gennaio 2019.

L’intervista ad Avvenire
Nell’intervista rilasciata ad Avvenire, Di Maio parla anche di altre questioni, soprattutto quelle riguardanti il lavoro nel suo ministero. Tra gli obiettivi principali annunciati dal ministro del Lavoro c’è la volontà di “debellare una volta per tutte il fenomeno del tempo determinato all’infinito”. “Con l’attuale normativa – spiega – le aziende possono prorogare i contratti anche fino a 72 mesi. Per un lavoratore essere sottoposto per sei anno al supplizio del rinnovo è eccessivo. Vogliamo che si utilizzi il tempo determinato per brevi periodi e per esigenze aziendali. Dopo il primo rinnovo il costo del tempo determinato aumenta”.

Infine, un passaggio del colloquio con il giornale di stampo cattolico Di Maio lo dedica al reddito di cittadinanza, misura che ritiene una priorità per il governo. Anche se non sembra pensarla allo stesso modo, almeno stando a quanto riportato oggi da Repubblica, il ministro dell’Economia Giovanni Tria, che sembra intenzionato a non inserire il provvedimento nella prossima legge di Bilancio. Di Maio, però, intanto assicura: “Le coperture ci sono e saranno inserite nella prossima legge di Bilancio”.

 

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L’ex ministro ha pubblicato sul Foglio una lettera che chiede a tutti i progressisti di riunirsi in una nuova alleanza in cui propone di “proteggere gli sconfitti” e ricreare “uno Stato forte”

Il “manifesto” di Carlo Calenda.

L’ex ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda ha pubblicato sul Foglio un “manifesto” in cui elenca i punti programmatici che secondo lui dovranno essere al centro di una nuova alleanza tra tutte le forze “progressiste”. Sarebbe un’alleanza, aveva spiegato in altre occasioni, che dovrebbe avere al centro il PD, il partito a cui Calenda è iscritto dallo scorso marzo, ma che andrebbe estesa a tutte le altre forze liberali del centro e della sinistra. Il “manifesto” di Calenda è fortemente europeista e contiene anche diversi temi cari alla sinistra più tradizionale: Calenda parla dell’importanza dello “Stato forte” (a patto che non sprechi soldi per salvare Alitalia, aggiunge) e della protezione delle fasce più deboli della popolazione.

Nella prima parte del suo “manifesto”, Calenda analizza l’attuale situazione e scrive che negli ultimi anni le forze che lui chiama “progressiste” non hanno saputo gestire i cambiamenti tecnologici e sociali che sono avvenuti. Questi cambiamenti sono stati accolti come “univocamente positivi, inevitabili e ingovernabili”. “I progressisti”, continua Calenda, “sono inevitabilmente diventati i rappresentanti di chi vive il presente con soddisfazione e vede il futuro come un’opportunità”.

 Per cambiare questa situazione Calenda propone cinque punti intorno ai quali costruire una nuova alleanza. Secondo Calenda è necessario mantenere l’Italia “in sicurezza”, cioè con i conti pubblici in ordine, saldamente inserita nell’attuale contesto di politica internazionale (nell’euro, nell’Unione Europea e nella NATO) e con un maggiore controllo sui flussi migratori; bisogna migliorare gli strumenti di aiuto agli “sconfitti dalla globalizzazione”, coloro che hanno visto i loro redditi calare e che si trovano in difficili situazioni economiche; è necessario attuare una politica di investimenti pubblici nell’innovazione; bisogna riformare l’Unione Europea, in particolare riducendo le regole sui bilanci e aumentando le tutele sociali; infine, bisogna investire nell’educazione e lottare contro “l’analfabetismo funzionale”.

Caro direttore. Dall’89 in poi i partiti progressisti hanno sposato una visione semplificata e ideologica della storia. L’idea che l’avvento di un mondo piatto, specchio dell’Occidente, fondato su: mercati aperti, multiculturalismo, secolarizzazione, multilateralismo, abbandono dello stato nazionale, generale aumento della prosperità e mobilità sociale, fosse una naturale conseguenza della caduta del comunismo si è rivelata sbagliata. Oggi l’Occidente è a pezzi, le nostre società sono divise in modo netto tra vincitori e vinti, la classe media si è impoverita, la distribuzione della ricchezza ha raggiunto il livello degli anni Venti, l’analfabetismo funzionale aumenta insieme a fenomeni di esclusione sociale sempre più radicali. La democrazia liberale è entrata in crisi in tutto il mondo e forme di democrazia limitata o populista si vanno affermando anche in Occidente. La Storia è prepotentemente tornata sulla scena del mondo occidentale. Viceversa la globalizzazione ha portato benessere in Asia e in molti paesi emergenti, dove aumentano i divari sociali e culturali, ma in un contesto di crescita generale. Anche all’interno delle società Occidentali la competizione e i mercati aperti hanno portato allo sviluppo di eccellenze produttive e tecnologiche che sono però ancora troppo poche per generare benessere diffuso.

 

La crisi dell’Occidente ha portato alla crisi delle classi dirigenti progressiste che hanno presentato fenomeni complessi, globalizzazione e innovazione tecnologica prima di tutto, come univocamente positivi, inevitabili e ingovernabili allontanando così i cittadini dalla partecipazione politica. Allo stesso modo l’idealizzazione del futuro come luogo in cui grazie alla meccanica del mercato e dell’innovazione il mondo risolverà ogni contraddizione, ha ridotto la narrazione progressista a pura politica motivazionale. Il risultato è stato l’esclusione del diritto alla paura dei cittadini e l’abbandono di ogni rappresentanza di chi quella paura la prova. I progressisti sono inevitabilmente diventati i rappresentanti di chi vive il presente con soddisfazione e vede il futuro come un’opportunità.

I prossimi 15 anni saranno probabilmente tra i più difficili che ci troveremo ad affrontare da un secolo a questa parte, in particolare per i paesi occidentali.

La sfida si giocherà da oggi al 2030. In questa decade le forze del mercato, della demografia e dell’innovazione porteranno a una drammatica collisione a meno di non correggerne e governarne la traiettoria. L’invecchiamento della popolazione porterà il tasso di dipendenza tra popolazione in età lavorativa e popolazione in età pensionistica vicino al rapporto di 1 a 1. Ciò avrà due conseguenze rilevanti: l’insostenibilità dei sistemi pensionistici e la diminuzione strutturale del tasso di crescita delle economie. Negli ultimi 65 anni infatti un terzo della crescita è derivata dall’aumento della forza lavoro. L’effetto potenzialmente positivo su stipendi e occupazione della riduzione di forza lavoro (meno persone dunque più domanda e meno offerta) sarà controbilanciata, dall’automazione. Ad un aumento della produttività derivante dall’innovazione tecnologica vicino al 30 per cento entro il 2030, corrisponderà la scomparsa del 20-25 per cento dei lavori che esistono oggi. L’aumento della produttività e la diminuzione dei posti di lavoro non si distribuiranno in modo omogeneo nei diversi settori. Le nuove professioni che si svilupperanno con l’innovazione saranno in grado di coprire i posti di lavoro perduti solo se politiche pubbliche adeguate verranno messe immediatamente in campo.

Se ciò non accadrà aumenteranno le diseguaglianze tra categorie di lavoratori e lo squilibrio tra salari e profitti.

Il cambio di paradigma economico avverrà ad una velocità mai sperimentata nella Storia. Le nostre democrazie, colpite da una gestione superficiale della globalizzazione, non possono sopravvivere a un secondo shock di dimensione molto superiori. Lo scenario che abbiamo sopra descritto richiederà un impegno diretto dello Stato in una dimensione mai sino ad ora sperimentata.

Sostenere la conclusione di accordi di libero scambio per aprire nuovi mercati al nostro export. Posizione intransigente sul dumping

L’Italia anello fragile, finanziariamente e come collocazione geografica, di un occidente fragilissimo, è la prima grande democrazia occidentale a cadere sotto un Governo che è un incrocio tra sovranismo e fuga dalla realtà. Occorre riorganizzare il campo dei progressisti per far fronte a questa minaccia mortale. Per farlo è necessario definire un manifesto di valori e di proposte e rafforzare la rappresentanza di parti della società che non possono essere riassunti in una singola base di classe. Un’alleanza repubblicana che vada oltre gli attuali partiti e aggreghi i mondi della rappresentanza economica, sociale, della cultura, del terzo settore, delle professioni, dell’impegno civile. Abbiamo bisogno di offrire uno strumento di mobilitazione ai cittadini che non sia solo una somma di partiti malandati e che abbia un programma che non si esaurisca, nel pur fondamentale obiettivo di salvare la Repubblica dal “sovranismo anarcoide” di Lega e M5s.

Le priorità di questo programma sono:

Tenere in sicurezza l’Italia. Sotto il profilo economico e finanziario: occorre chiarire una volta per tutte che ogni riferimento all’uscita dell’Italia dall’euro ci avvicina al default. Deficit e debito vanno tenuti sotto controllo, non perché ce lo chiede l’Europa ma perché è indispensabile per trovare compratori per il nostro debito pubblico. Sotto il profilo della gestione dei flussi migratori proseguire il “piano Minniti” per fermare gli sbarchi. Accelerare il lavoro sugli accordi di riammissione e gestione dei migranti nei paesi di transito e origine secondo lo schema del “Migration Compact” proposto dall’Italia alla UE. Creare canali di ingresso regolari e selettivi. Occorre infine ribadire con forza la nostra appartenenza all’Occidente, all’alleanza atlantica e al gruppo dei paesi fondatori dell’Ue, come garanzia di stabilità, sicurezza e progresso.

Proteggere gli sconfitti. Rafforzando gli strumenti come il reddito di inclusione, nuovi ammortizzatori sociali, le politiche attive e l’apparato di gestione delle crisi aziendali in particolare quanto causate dalla concorrenza sleale di paesi che usano fondi europei e i vantaggi derivanti da un diverso grado di sviluppo per sottrarci posti di lavoro. Approvare il salario minimo per chi non è protetto da contratti nazionali o aziendali. Allargare ad altri settori fragili il modello del protocollo sui call-center per responsabilizzare le aziende e impegnarle su salari e il no a delocalizzazioni.

Investire nelle trasformazioni, per allargare la base dei vincenti, su infrastrutture materiali e immateriali (università, scuola e ricerca). Finanziare un piano di formazione continua per accompagnare la rivoluzione digitale. Proseguire il piano impresa 4.0 e portare a 100.000 i diplomati degli Istituti Tecnici Superiori. Implementare la Strategia Energetica Nazionale e velocizzare i 150 miliardi di euro previsti per raggiungere i target ambientali di CoP21. Aumentare la dotazione dei contratti di sviluppo e del fondo centrale di Garanzia per ricostituire al Sud la base industriale che serve per rilanciarlo. Rivedere il codice degli appalti per velocizzare le procedure di gara. Mantenere l’impegno sulla legge annuale per la concorrenza. Prevedere un meccanismo automatico di destinazione dei proventi della lotta all’evasione fiscale alla diminuzione delle tasse, partendo da quelle sul lavoro.

 

Promuovere l’interesse nazionale in UE e nel mondo. Riconoscendo che non esistono le condizioni storiche oggi per superare l’idea di nazione. Al contrario abbiamo bisogno di un forte senso della patria per stare nel mondo e in UE. Partecipando al processo di costruzione di una Unione sempre più forte, in particolare nella dimensione esterna (migrazioni, difesa, commercio), tra il nucleo dei membri storici ma ribadendo la contrarietà all’inserimento del fiscal compact nei trattati europei e all’irrigidimento delle regole sulle banche. Promuovere la rimozione dei limiti temporali sulla flessibilità legata a riforme e investimenti approvata sotto la Presidenza italiana della UE. Sostenere la conclusione di accordi di libero scambio per aprire nuovi mercati al nostro export, ma mantenere una posizione intransigente sul dumping rafforzando clausole sociali e ambientali nei trattati.

 

Conoscere. Piano shock contro analfabetismo funzionale. Partendo dalla definizione di aree di crisi sociale complessa dove un’intera generazione rischia l’esclusione sociale. Estensione del tempo pieno a tutte le scuole. Programmi di avvio alla lettura, lingue, educazione civica, sport per bambini e ragazzi. Utilizzo del patrimonio culturale per introdurre i bambini e i ragazzi all’idea, non solo estetica, di bellezza e cultura. E’ nostra ferma convinzione che una liberal democrazia non può convivere con l’attuale livello di cultura e conoscenza. L’idea di libertà come progetto collettivo deve essere posta nuovamente al centro del progetto di rifondazione dei progressisti.

Rivedere il codice degli appalti per velocizzare le procedure di gara. Mantenere l’impegno sulla legge annuale per la concorrenza

Il crocevia della Storia che stiamo vivendo alimenta paure che non sono irrazionali o sintomo di ignoranza. Abbiamo davanti domande epocali a cui nessuno può pensare di dare risposte semplicistiche. La tecnologia rimarrà uno strumento dell’uomo o farà dell’uomo un suo strumento? lo spostamento di potere verso oriente, conseguente alla globalizzazione innescherà una guerra o avverrà, per la prima volta nella Storia, pacificamente? Le nostre società sono destinate a una stagnazione secolare?

 

Occorre affermare con forza che la paura ha diritto di cittadinanza. E rifondare su questo principio l’idea che compito della politica è rappresentare, anche e soprattutto, le attuali insicurezze dei cittadini. La competenza non può sostituire la rappresentanza come l’inesperienza non può essere confusa con la purezza. Questo vuol dire prendersi cura del presente e gestire le transizioni piuttosto che idealizzare il futuro, esorcizzare le paure e affidarsi alla teoria economica e alla meccanica del mercato e dell’innovazione tecnologica, come processi naturali che rendono ogni azione di Governo inutile e ogni processo dirompente inevitabile.

 

Per fare tutto ciò occorre tornare ad avere uno Stato forte, ma non invasivo che garantisca in primo luogo ai cittadini gli strumenti per comprendere i processi di cambiamento e per trovare la propria strada NEI processi di cambiamento, ma che non butti i soldi pubblici per nazionalizzare Alitalia o Ilva. Stato forte vuol dire burocrazia efficiente e dunque una rivoluzione nel modo di concepire, regolare e retribuire la pubblica amministrazione. L’Italia ha bisogno poi di un’architettura istituzionale che coniughi maggiore autonomia alle regioni con una clausola di supremazia dell’interesse nazionale che consenta di superare i veti locali. Esiste un altro nemico da battere ed è il cinismo e l’apatia che di una larga parte della classe dirigente italiana. Dai media alla politica, dalle associazioni di rappresentanza agli intellettuali l’idea che ogni passione civile sia spenta e che si possa contemplare “Roma che brucia” con la “lira in mano” godendosi lo spettacolo, è diventata una posa tanto diffusa quanto insopportabile. La battaglia che abbiamo di fronte si vince anche sconfiggendo il cinismo dei sostenitori di un “paese fai da te”.

Si può fare: L’Italia è più forte di chi la vuole debole!

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L’economia rallenta, i conti pubblici peggiorano e questo vuol dire una sola cosa: che per il 2018 (e pure per il 2019) non si parlerà di flat tax, reddito di cittadinanza e “superamento” della Fornero. E con lo spread che sale, le cose possono peggiorare ancora. Benvenuti nella realtà

Brutte notizie,cari Salvini e Di Maio: tutte le vostre promesse sono carta straccia

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L’inverno sta arrivando, anche se è piena estate. Il Centro Studi di Confindustria ha annunciato che nei prossimi due anni crescerà meno del previsto: più precisamente, dell’1,3% nel 2018 e dell’1,1% nel 2019. Pesa l’incertezza sulla fine degli incentivi, dicono, ma soprattutto pesano le tensioni internazionali e i dazi di Trump, perché la nostra economia vive di export e di frontiere aperte e di tutto ha bisogno fuorché di un mondo che si chiude. Sembra una cosa da niente, non lo è. E questo dovrebbe darci l’idea di quanto la strada sia stretta, per il nostro Paese, di quanto le bacchette magiche esistano solo nelle favole, di quanto le avventure romantiche con populisti a cavallo e sovranisti dal mantello verde facciano battere forte il cuore di speranza, ma finiscono sempre per infrangersi contro la dura realtà.

La dura realtà, oggi, si chiama rapporto deficit/Pil. Che cresce, se il denominatore cresce meno del previsto. E, sempre secondo Confindustria, impone al governo una manovra correttiva di 9 miliardi per il prossimo anno, per tenere i conti in ordine. Manovra correttiva, lo diciamo ai meno avvezzi al linguaggio da ministero del tesoro, vuol dire 9 miliardi di spese in meno o di tasse in più. Che si aggiungono, non dimentichiamocelo, ai 12,4 miliardi di euro da trovare per disinnescare l’aumento dell’Iva al 24% a partire dal 1 gennaio 2019.

Tutto questo vuol dire una cosa sola. Che di tasse che scendono e spesa pubblica che cresce, a questo giro, non se ne parla. Niente reddito di cittadinanza, niente decreto dignità, niente “superamento” della legge Fornero, niente flat tax. «Parliamo di provvedimenti di un programma di legislatura», ha puntualizzato ieri il ministro Giovanni Tria. Come a dire che se ne parlerà a babbo morto, quando l’economia lo permetterà. Quindi nemmeno nel 2019, par di capire, visto che la crescita del Pil continuerà a contrarsi. L’unica cosa possibile, per raggranellare due lire in più, è il maxi condono – pardon, pace – fiscale proposto da Matteo Salvini. Ma dura un anno e quindi non può finanziare interventi strutturali.

Sappiamo che a settembre, poco prima della legge di bilancio, arriverà un più che probabile declassamento dell’Italia da parte di alcune agenzie di rating come Moody’s, che peggiorerà ulteriormente le cose. E che tutto questo non farà che alzare ulteriormente i costi di rifinanziamento del debito, peggiorando i conti pubblici per gli anni a venire

Quanto questo possa avere ripercussioni politiche sulla maggioranza, sulla squadra di governo e sul ministro “menagramo” non lo sappiamo. Sappiamo però, perché l’abbiamo già vissuta con altri esecutivi e perché sta già accadendo, cosa succede in questi casi. Che l’Italia, nella persona del suo presidente del consiglio, va in Europa col cappello in mano a chiedere flessibilità, come un bimbo dalla mamma, promettendogli di lavare i piatti in cambio della mancetta. E puntuale, giusto ieri, Giuseppe Conte ha promesso che l’Italia si prenderà carico dei rimpatri dei richiedenti asilo se da Bruxelles si allenteranno un po’ i cordoni della borsa, permettendoci di fare un po’ di deficit in più, giusto per consentire a Salvini e Di Maio di poter dire che qualcosa hanno combinato, da qui alle elezioni europee. Esattamente come fece Renzi nel 2015, prendendosi il coordinamento centrale per i salvataggi in mare dei migranti del Mediterraneo in cambio di qualche decimale di deficit in più.

Non sappiamo nemmeno se accadrà. Ma sappiamo che lo spread è già a 258 punti base e che un peggioramento dei conti pubblici – ad esempio una crescita del deficit e del suo rapporto col Pil – non farà altro che seminare incertezze sulla sostenibilità dei nostri conti pubblici, cosa che lo farà ulteriormente impennare. Allo stesso modo, sappiamo che a settembre, poco prima della legge di bilancio, arriverà un più che probabile declassamento dell’Italia da parte di alcune agenzie di rating come Moody’s, che peggiorerà ulteriormente le cose. E che tutto questo non farà che alzare ulteriormente i costi di rifinanziamento del debito, peggiorando i conti pubblici per gli anni a venire.

La cosa buffa è che sono tutte cose che si potevano immaginare anche sei mesi o un anno fa, senza sfere di cristallo, quando i programmi di Lega e Cinque Stelle raccontavano di misure espansive da 100 miliardi senza coperture o vaneggiavano di aumentare il deficit per ridurre il debito pubblico. Perché la realtà è complessa, i problemi complessi, e il sentiero è e sarà sempre più stretto, se non ci decideremo ad affrontare i nodi strutturali alla base del nostro declino, primo fra tutti un debito pubblico troppo grande per un’economia troppo piccola come la nostra. E se non lo faremo, almeno una volta, guardando in faccia alla realtà anche nella cabina elettorale. Niente da fare: noi vogliamo sognare in pace. Adesso però è suonata la sveglia.

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Dai risparmi sulle pensioni d’oro esce un reddito di cittadinanza per dieci milioni di persone pari a 10 euro all’anno, quasi 1 euro al mese.

PENSIONI D’ORO PER SOMARI.

Risultati immagini per PENSIONI D'ORO PER SOMARI PUBBLICITA INGANNO PER BOCCALONI.

Da un preciso e informato articolo di “Italiaoggi” si ricavano i seguenti dati sulle pensioni d’oro, una della più grandi truffe in circolazione in questo momento, proprio roba da fiera di paese, lozioni miracolose per somari.

Le pensioni d’oro, sopra i 5 mila euro mensili (netti), sarebbero 30 mila. Ma solo il 5 per cento di queste sono calcolate con il vecchio metodo retributivo. Per le altre (il 95 per cento), i titolari hanno versato i loro regolari contributi. E già qui risulta un po’ singolare che si voglia andare a tagliare le pensioni di chi ha regolarmente versato i propri contributi. Saremmo di fronte a un furto organizzato da parte dello Stato.

E infatti alla fine si dovrebbe andare a toccare solo quel 5 per cento delle pensioni d’oro che non ha versato proprio tutti i contributi necessari. Si stima che in questo modo si potrebbero risparmiare circa 200 milioni all’anno. Tenendo conto delle imposte che non verrebbero più pagate (i pensionati incassano 200 milioni in meno), il risparmio si riduce a 100 milioni all’anno.

Con questi 100 milioni (basta fare un conto di matematica elementare, forse ci arriva anche Di Maio) si può dare un reddito di cittadinanza di circa 10 euro all’anno a dieci milioni di persone. Un po’ meno di un euro al mese.

Questa è la grande operazione re distributiva su cui sta suonando la grancassa questo povero governo di saltimbanchi: meno di un euro al mese.

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L’economia italiana rallenta, la Confindustria lancia l’allarme. Ma la priorità rimane quella di dare una pistola agli italiani.

Risultati immagini per Sembra di essere in mano a dei matti.La Confindustria, che dispone di un ottimo ufficio studi e di molti sensori sulla realtà, lancia l’allarme, ignorato naturalmente dai due Salvini e Di Maio occupati in altre cose. Il primo a armare gli italiani (saranno contenti quelli della famiglia Beretta, finalmente…): le persone per bene potranno tenere in casa delle armi, occhio a rientrare a casa magari un po’ bevuti di notte e traballanti perché il vostro vicino, a questo punto, potrebbe anche spararvi in quanto persona per bene.

Il secondo sta studiando quali dazi si possono mettere, giusto per complicare un po’ le cose. Un paese come l’Italia, che vive di export, si mette a piazzare dazi. Ma nemmeno l’idiota del paese sarebbe arrivato e tanto.

Nel frattempo la Confindustria segnala che l’economia italiana sta rallentando più del previsto, al punto che nell’anno in corso sarà difficile avere una crescita superiore all’1,3 per cento. Già così si profila la necessità di una manovra correttiva di 9 miliardi di euro.

Ma non importa. Salvini deve combattere la sua  battaglia con le Ong, Di Maio quella per le ciabatte capresi, Fico contro i vitalizi residui (risparmi previsti 40 milioni e mille cause in tribunale, che costeranno tre volte tanto).

Sembra di essere in mano a dei matti.

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Saranno i conti pubblici a far cessare questa perenne campagna elettorale, la prima in tutta la storia italiana che prosegue anche dopo le elezioni.

Bruxelles ci chiederà 9 miliardi subito. Dalle stime di Confindustria tante cattive notizie per Tria. Per il Csc il Pil rallenta, deficit e debito peggiorano: “Realistica” richiesta Ue di “manovra correttiva da 9 miliardi nel 2018 e da 11 miliardi nel 2019”

Tante cattive notizie per Giovanni Tria, che sarà presto impegnato a far quadrare i conti pubblici e pressato per dare seguito alle promesse elettorali di M5S e Lega. Per il Centro studi di Confindustria, che ha diffuso oggi le nuove previsioni, la crescita 2018 rallenta, il mercato del lavoro peggiora, il deficit e il debito pubblico sono visti in aumento e l’Europa busserà alle porte del Ministero per chiedere una manovra correttiva da 9 miliardi di euro già quest’anno.

PIL – Secondo il CsC l’Italia rallenterà all’1,3% quest’anno dall’1,5% del 2017 e all’1,1% nel 2019. La previsione sul 2018 non sconta un’eventuale manovra bis per correggere l’andamento dei conti in corso d’anno. Il nuovo scenario risente “del rallentamento globale e in particolare dell’export italiano e degli investimenti privati, di un mercato del lavoro non più tonico come prima, dell’aumento dello spread”, ha detto il nuovo capo economista di Confindustria Andrea Montanino.

DEFICIT – È previsto all’1,9% del Pil nel 2018 e all’1,4% nel 2019, al di sopra dei target del governo e condivisi con l’Europa. Confindustria rivede in peggio le previsioni anche a causa del rallentamento del pil. La previsione 2019 sconta la sterilizzazione delle clausole Iva interamente coperta. “Non si può fare tutto e subito perchè la situazione dei nostri conti non ce lo permette”, spiega il Csc.

DEBITO – Il debito pubblico italiano si assesterà al 131,6% nel 2018, scendendo di appena 0,2 punti percentuali sul 2017, e al 130,7% del pil nel 2019. La stima peggiora in base al rallentamento del pil e in base agli scenari internazionali.Ilsentiero di riduzione del debito pubblico appare, nel quadro delineato dal centro studi, molto più rallentato di quanto atteso (1,1 punti di calo in meno in ciascuno dei due anni).

MANOVRA CORRETTIVA – Per rispettare le regole europee e centrare i target condivisi con la Commissione serve una manovra bis a valere sul deficit 2018 di 9 miliardi, cioe” 0,5 punti di Pil, e una manovra correttiva di 11 miliardi (0,6 punti percentuali) nel 2019, come peraltro già indicato dall’Ue. Lo calcola il Centro Studi di Confindustria nelle nuove previsioni economiche prendendo a riferimento i target fissati per il deficit/pil (1,4% quest’anno e 0,8% nel 2019) e considerando la flessibilità già accordata all’Italia dall’europa (0,3 punti nel 2018). “Ci sono pochi spazi di bilancio per l’Italia”, ha detto Montanino.

LAVORO – Si allungano “ombre sul mercato del lavoro che appare non più tonico” come nei mesi scorsi e ” ha perso slancio tra fine 2017 e inizio 2018″. Si stima un tasso di disoccupazione al 10,9% nel 2018 e 10,6% nel 2019. La componente dipendente torna ad essere trainata dal temporaneo, quindi si rileva una tendenza al lavoro a termine probabilmente indotta dal rinnovato clima di incertezza.

SPREAD – L’Italia è “un elemento di potenziale instabilità per la periferia europea”. Così Montanino spiega il legame tra l’andamento dello spread tra titoli italiani e tedeschi e la percezione ‘politica’ del nostro paese in Europa e nel mondo questo momento. “Lo spread in parte rientrato a giugno, resta più elevato rispetto ai valori dei primi 4 mesi del 2018 (circa 100 punti base)”, rileva il Csc. “L’italia si porta dietro altri paesi – ha spiegato Montanino – c’è un effetto contagio, aumentato dal fatto che l’Italia è un paese del G7, una grande economia e fondatore dell’Ue, quindi impatta sull’eurozona e sul resto del mondo”.

Eccoci alle prime rese dei conti, ma già immagino che i professionisti del consenso avranno preparato una risposta dando le colpe al PD ed alle lobbies che manovrano l’Europa. Anche Confindistria rischia di essere buttata nel calderone, vedrete, i regimi non ammettono dissensi.

Ma insomma, c’è qualcuno in Italia, al Governo e fuori di esso, in Parlamento o fuori di esso, o al limite nel popolo più o meno appassionato ai nostri problemi, che comincia ad accorgersi della “dittatura strisciante” che sta per strangolare il Bel Paese? 
C’è qualcuno capace di vedere lo scivolamento dello “Stivale” verso i paesi populisti del Est-Europa, a cominciare dall’Austria, per finire ai quattro fascistoni di Visegrad? E’ definito “Italexit”, e porta male solo al leggerlo nei giornali. 
C’è qualcuno capace di sospettare che i ripetuti finanziamenti provenienti da Mosca alla Lega servono solo a stimolare un più forte aggancio al potere crescente di Putin? Così molto presto riusciremo a cancellare, per ordine di Salvini, le sanzioni che il mondo atlantico cui apparteniamo ha inflitto giustamente alla Russia. 
Così accade, nel nostro governo, che una sottosegretaria, tale Castelli, immatura trentunenne, adeguatamente istruita dai due compari vice-presidenti, intima all’Istat di comunicare dati aggiustati alla bisogna, consoni a sostenere le bugie del Governo. E nessuno l’accompagna alla porta, per la gravità dell’azione commessa? Come parlerà la Castelli con il proprio Ministro Tria, certamente di parere opposto a questa scelta infame?
E c’è in giro qualcuno che rinfacci a Salvini il delitto consistente nel dare ordine di non rispondere in mare agli SoS, prescindendo dalla provenienza?
Forse siamo di fronte ad un fenomeno di follia collettiva. Ci serve una urgente “lezione magistrale” di Massimo Recalcati, l’unico che potrà spiegarci che cacchio frulla nella testa bacata degli italiani pseudo attivi – i governanti – e dei sessanta milioni di cittadini, mestamente passivi. 
Sempre tenendo conto del suo principio che dice: ”la felicità è amare quello che si ha”. Non saprei come si possano amare individui perversi e insignificanti come Di Maio e Salvini. Ed è tutto quello che oggi abbiamo.

 

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Parafrasando Falcone: questa politica è un fatto umano, le cose disumane hanno un inizio e una fine, così sarà anche per questi politici!

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Capisci cosa voglio dire caro estremista di destra…

C’è sempre stato un sogno di sinistra di Unità dei lavoratori e poveracci, considerandoli tutti uguali nel mondo. . Quella sinistra ha sempre sostenuto l’immigrato che veniva da noi. Già dai primi arrivi si era opposta a che si prendessero le impronte digitali … Poi si sono calmati. Ma anche con il governo Gentiloni in cima ai desideri vi era lo ius soli piuttosto che lo ius sanguinis e che Gentiloni ha rimandato per poi evitare di affrontare una campagna elettorale così messi. Lasciando a lavorare sul campo Minniti. Ma ciò non è stato sufficiente. La sinistra ha perso ed è voluta andare all’opposizione.
Malgrado Minniti, che aveva fatto un buon lavoro per regolare e strappare ai trafficanti di esseri umani il loro guadagno immondo – e c’era riuscito fermando il flusso di ben il 70% – le elezioni si sono perse lo stesso.

L’elettorato spaventato dalla propaganda dello ius soli ha scelto Salvini, il duro e puro della Lega.

Io non so che dire… sono contrario agli sbarchi non regolati; sono contrario al massimo, nel vedere che questo immenso dolore umano sia sfruttato dai trafficanti di uomini sia italiani che africani. Sono anche contrario veder sbattere in prima pagina questa questione per farne la cresta sopra in campagna elettorale. Indecente trattare così l’elettore.
Qui a BRESCIA si vive un clima meno montato su, rispetto a voi  LegaIOLI. Ma intere zone hanno visto calare il valore degli immobili perché vi sono degli immigrati; così come delle vie non sono più praticabili, o trovi i treni con le prostitute e i pusher di droga, a certe ore. Ma non bivaccano nella stazione.
Altrimenti, comunque, mi sembra una accettabile convivenza… Il Comune,da quando ce Del BONO, ci sono anche molti incontri e conferenza con le comunità africane indiane ecc. Sapete che ci sono degli studiosi marocchini che sanno a memoria in latino la Divina Commedia e la studiano e che ci sono a BRESCIA sia scambi commerciali che culturali che iniziative turistiche con queste comunità?
Mia sorella, a Milano, era molto turbata invece dalla loro presenza, che neanche incontrava, solo dal sentirne parlare.. ne aveva fatto un suo rovello e naturalmente mi sgridava (era di molto più avanti di me).
Io, al circolo, le persone che si aiutano sono tutte buone e con grossi problemi.
Sarò stato fortunato.

Per quanto riguarda le armi e la difesa personale, non darei spazio a più armi.
Non so, mi dice che abbiamo troppe teste calde in giro e forze dell’ordine che rilasciano nulla-osta troppo facili a concedere i permessi. La “roba” non vale mai una vita.
Ma riconosco che non so giudicare su questi fatti. Penso che se incontrassi qualcuno che mi chiede la borsa, io gliela darei…Ciao, simpaticone PENTA FASCIO LEGHISTA

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