Come il governo vuole farsi aiutare con i soldi degli italiani contro lo spread

Oro alla Patria! COME NEL VENTENNIO FASCISTA.IL PASSATO RITORNA.

Immagine correlataPrima ha cominciato Matteo Salvini, che si è detto “sicuro” che “gli italiani ci daranno una mano, se serve”. Poi ha proseguito Laura Castelli a Porta a Porta, con una dichiarazione ancora più inquietante: “Non si può andare avanti a chiedere unicamente alle banche di sostenere il paese: il cittadino si deve ritenere parte del progetto e dobbiamo chiedergli di crederci. Questa è la nostra visione. Lo stesso vale per i fondi di investimento”.  Insomma, se non siamo all’«Oro alla patria!» di fascistissima memoria, ormai poco ci manca.  Perché dichiarazioni ad alto tasso di ambiguità come queste possono davvero scatenare il panico in un paese sull’orlo di una crisi di nervi da spread, soprattutto se qualcuno comincia a pensare che gli italiani debbano aiutare, volenti o nolenti, il governo gialloverde.

Oro alla Patria! Come il governo vuole farsi aiutare dai soldi degli italiani

In realtà un progetto per il ritorno dei BoT People c’è davvero, ma per ora non sembra essere all’orizzonte nessun esproprio proletario. Si fonda su una considerazione sc-sc-scientifica (come diceva Gassman) sul “furto del debito pubblico” da parte dei soliti stranieri – che lucrerebbero così interessi più alti – e sul convincimento che se gli italiani tornassero a investire in modo massiccio sui Titoli di Stato il governo potrebbe fregarsene dello spread. Per questo sta lavorando ai CIR, i Conti Individuali di Risparmio che probabilmente hanno una dubbia utilitàma che secondo l’esecutivo riusciranno a rinfocolare la voglia degli italiani di investire in Italia i loro risparmi.

Il sogno dell’autarchia finanziaria dovrebbe quindi, secondo i piani del governo, concretizzarsi con i CIR anche se, come spiega oggi Andrea Greco su Repubblica, l’ammontare calcolato,  fino a 15 miliardi annui, è lontano dai fabbisogni del Tesoro, che con un debito pubblico quotato sui 1.800 miliardi, ogni mese è costretto a bandire aste per circa 35 miliardi. C’è anche da segnalare che la crisi del 2011 ha rinazionalizzato un terzo del debito, che prima era per il 65% in mani straniere e ora è l’opposto (ma solo un 6% è dei cittadini: la gran parte è nei forzieri di banche e assicurazioni).

Autarchia unica via!

Secondo le regole trapelate dal progetto del governo, i CIR saranno un investimento agevolato in titoli di Stato, riservato a persone residenti in Italia, nel limite di 3mila euro annui e 90mila totali. Il loro rendimento, se portati a scadenza, non sarebbe imponibile (oggi l’aliquota è del 12,5% sui titoli pubblici) e sarebbero inoltre deducibili al 23%, oltre che esenti da imposte di donazione e successione e da pignoramenti e sequestri. Questi soldi, sempre secondo i piani del governo, dovrebbero finire in investimenti per le infrastrutture. Repubblica sottolinea oggi i pro e i contro della possibilità:

L’incentivo fiscale, già in essere sui titoli pubblici (quasi tutti gli altri investimenti pagano aliquote doppie) può funzionare. Lo ha mostrato la crescita delle polizze vita, dal 2002 più che raddoppiate nei portafogli italiani fino al 22%. L’ultimo governo di centrosinistra ha poi risvegliato, sempre con la leva fiscale, gli investimenti per le Pmi: i Pir, che hanno raccolto 11 miliardi il primo anno. Tuttavia l’aiutino fiscale dei Cir a un solo tipo di investitori – i privati italiani – potrebbe violare le norme sui capitali nell’Ue: e anche la deducibilità al 23% instilla dubbi nei tributaristi.

La ricchezza finanziaria degli italiani ammonta a 4400 miliardi secondo ISTAT e Bankitalia, ripartiti per il 31% tra cassa e depositi, un 24% azioni e fondi comuni, il 23% polizze, un 7% titoli di Stato. Poi ci sono 9500 miliardi di attività non finanziarie, per l’84% immobili. Vent’anni fa i BtP e i BoT erano un quarto dell’investimento in ricchezza, grazie ai cosiddetti BoT People, che all’epoca avevano avuto l’onore anche di una citazione sulla Treccani. Ma all’epoca si pagavano rendimenti molto più alti: per questo pian piano con l’avvento della moneta unica gli investimenti si sono spostati su asset più lucrosi. Oggi, però, con la crescita dei rendimenti dovuta allo spread  (ieri i Bot annuali sono stati aggiudicati a un tasso vicino all’1%, il doppio di appena un mese fa, mentre il Btp a dieci anni rende il 3,5%) l’investimento potrebbe tornare ad essere appetibile. Con un dettaglio non trascurabile: i rendimenti vanno poi pagati a tutti, non solo a chi investirà tremila euro nei CIR. Che potrebbero diventare il modo più autarchico del mondo per svuotare il mare con un cucchiaio.

Come il governo vuole farsi aiutare con i soldi degli italiani contro lo spreadultima modifica: 2018-10-11T09:46:47+02:00da bezzifer
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