Caso CONSIP: Da quel giorno è cambiato tutto. Qualcuno non potendo sconfiggere Renzi democraticamente lo ha fatto alla maniera fascista, con i corpi deviati dello Stato. E lo hanno fatto nel peggiore stile staliniano, colpendo i familiari. E Cuperlo e Orlando ancora non chiedono scusa. Noi non dimentichiamo.

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La procura di Roma ha chiesto l’archiviazione per Tiziano Renzi, fa bene Rileggere e condividere le parole che Matteo Renzi scrisse a Beppe Grillo il 4 Marzo 2017: La storia.

ERAVAMO : Nel dicembre del 2016 Matteo Renzi era in difficoltà. Aveva perduto il referendum per la riforma costituzionale e aveva lasciato la presidenza del Consiglio. Restava però il capo del suo partito, e quindi del centrosinistra, e i sondaggi davano il Pd tra il 28 e il 35 per cento, stabilmente primo partito con un discreto
vantaggio sui 5 Stelle. A fine dicembre esplose il caso Consip. A febbraio nel caso Consip fu coinvolto il padre di Renzi: Tiziano. Il caso Consip partiva dalla Procura di Napoli e finché non arrivò a Roma fu montato attraverso i giornali, ai quali venivano forniti tutti i documenti riservati e le ipotesi di indagine.
Iniziò il Fatto Quotidiano, con un buon numero di scoop.
Diede anche notizia di alcune informative preparate dal capitano dei carabinieri Scafarto, che poi risultarono false e che lasciavano capire che Renzi, da Presidente del Consiglio, si era interessato degli affari di Consip, o direttamente o attraverso suo padre, per favorire l’imprenditore napoletano Romeo.
Il Fatto fu seguito a ruota da molti altri giornali. Quelli che in genere sprezzantemente – Il Fatto
chiama “Giornaloni”.
Vennero pubblicate intercettazioni vietatissime.
Quelle dei colloqui tra Matteo Renzi e suo padre, e soprattutto quelle tra il padre di Renzi e il suo avvocato ( questa circostanza ha pochissimi precedenti nei paesi democratici).
Ieri si è saputo che la Procura ha chiesto l’archiviazione per il padre di Renzi. Non c’entra niente. Nessun reato.
RENZI NON C’ENTRA CON CONSIP, MA CONSIP HA DISTRUTTO RENZI. IL GIORNALISMO FUNZIONA MEGLIO SENZA REGOLE?
LA POLITICA È CINISMO?
LA GIUSTIZIA HA BISOGNO PIÙ DEI GIORNALI CHE DELLA VERITÀ? FORSE SÌ…
Oggi, però, Renzi non è più capo del Pd, è stato travolto.
E’ stato travolto, in gran parte, proprio per via dello scandalo Consip. Cioè: per la campagna di stampa. Il Pd ha anche perso molti voti. In poco più di un anno quasi la metà del suo elettorato. La caduta del Pd in gran parte è stata causata dalla perdita di credibilità di Renzi. Il caso Consip ha fatto la parte del leone in questa vicenda.
E’ la lotta politica, bellezza, direbbe Humphrey Bogart.
Tanto di cappello al Fatto Quotidiano che è riuscito, sul niente – grazie anche all’aiuto di qualche infiltrato nella Procura di Napoli che gli ha fornito le notizie, quelle vere e quelle false – a costruire una campagna di stampa gigantesca, la miglior campagna di stampa – se giudicata sulla base dei risultati – dagli anni cinquanta.
Per trovare un precedente forse bisogna tornare al famoso affare Montesi, che appunto è del 1953- 54, quando uno scandalo – che riguardava la morte di una ragazza: Wilma Montesi – travolse il successore di De Gasperi, Attilio Piccioni.
Quella volta lo schema familiare era invertito: il padre fu colpito attraverso il figlio, Piero, musicista di prestigio, che fu accusato di aver partecipato a un festino a Torvaianica nel corso del quale sarebbe morta la giovane Montesi. Tutto falso. nel senso che Piero Piccioni non era a nessun festino e che non c’entrava assolutamente niente con la morte di Wilma. Ma ci volle qualche anno per stabilirlo, e intanto Piero si era fatto un po’ di prigione e Attilio era scomparso dalla vita politica. Per sempre.
Ripartiamo da qui. Per porci solo tre domande.
Prima domanda: nella lotta politica quel che conta è il risultato, e i mezzi non sono censurabili mai, anche quando i mezzi sono la menzogna e l’uso illegale delle fonti?
Seconda domanda: il giornalismo migliore è quello che mette al primo posto il risultato politico e al risultato politico subordina l’informazione e la verità?

Matteo Renzi scrisse a Beppe Grillo il 4 Marzo 2017:“Caro Beppe Grillo, ti rispondo da blog a blog dopo aver letto le tue frasi su mio padre. Non sono qui per discutere di politica. Non voglio parlarti ad esempio di garantismo, quello che il tuo partito usa con i propri sindaci e parlamentari indagati e rifiuta con gli avversari. Quando è stata indagata Virginia Raggi io ho difeso la sua innocenza che tale rimane fino a sentenza passata in giudicato. E ho difeso il diritto-dovere del Sindaco di Roma di continuare a lavorare per la sua città. Ma noi siamo diversi e sinceramente ne vado orgoglioso. Niente politica, per una volta. Ti scrivo da padre. Ti scrivo da figlio. Ti scrivo da uomo. Da giorni il tuo blog e i tuoi portavoce attaccano mio padre perché ha ricevuto qualche giorno fa un avviso di garanzia per “concorso esterno in traffico di influenza”. È la seconda volta in 65 anni di vita che mio padre viene indagato. La prima volta fu qualche mese dopo il mio arrivo a Palazzo Chigi: è stato indagato per due anni e poi archiviato perché – semplicemente – non aveva fatto niente. Vedremo che cosa accadrà. Mio padre ha reclamato con forza la sua innocenza, si è fatto interrogare rispondendo alle domande dei magistrati, ha attivato tutte le iniziative per dimostrare la sua estraneità ai fatti. Personalmente spero che quando arriverà la parola fine di questa vicenda ci sia la stessa attenzione mediatica che c’è oggi. La verità arriva, basta saperla attendere. Ma tu, caro Grillo, oggi hai fatto una cosa squallida: hai detto che io rottamo mio padre. Sei entrato nella dinamica più profonda e più intima – la dimensione umana tra padre e figlio – senza alcun rispetto. In modo violento. In una trasmissione televisiva ieri ho spiegato la mia posizione, senza reticenze. Da uomo delle istituzioni ho detto che sto dalla parte dei giudici. Ho detto provocatoriamente che se mio padre fosse colpevole meriterebbe – proprio perché mio padre – il doppio della pena di un cittadino normale. E ho detto che spero si vada rapidamente a sentenza perché le sentenze le scrivono i giudici, non i blog e nemmeno i giornali. Per decidere chi è colpevole e chi no, fa fede solo il codice penale, codice che pure tu dovresti conoscere, caro Beppe Grillo. Dire queste cose costa fatica quando è indagato tuo padre. Ma è l’unico modo per rispettare le Istituzioni. Perché quando hai giurato sulla Costituzione, quando ti sei inchinato alla bandiera, quando hai cantato l’inno nazionale davanti a capi di stato stranieri rimani uomo delle Istituzioni anche se ti sei dimesso da tutto. Anziché apprezzare la serietà istituzionale tu hai cercato di violare persino la dimensione umana della famiglia. Non ti sei fermato davanti a nulla, strumentalizzando tutto. Allora lascia che ti dica una cosa. Mio padre è un uomo di 65 anni, tre anni meno di te. Probabilmente ti starebbe anche simpatico, se solo tu lo conoscessi. È un uomo vulcanico, pieno di vita e di idee (anche troppe talvolta). Per me però è semplicemente mio padre, mio babbo. Mi ha tolto le rotelline dalla bicicletta, mi ha iscritto agli scout, mi ha accompagnato trepidante a fare l’arbitro di calcio, mi ha educato alla passione per la politica nel nome di Zaccagnini, mi ha riportato a casa qualche sabato sera dalla città, mi ha insegnato l’amore per i cinque pastori tedeschi che abbiamo avuto, mi ha abbracciato quando con Agnese gli abbiamo detto che sarebbe stato di nuovo nonno, mi ha pianto sulla spalla quando insieme abbiamo accompagnato le ultime ore di vita di nonno Adone, mi ha invitato a restare fedele ai miei ideali quando la vita mi ha chiamato a responsabilità pubbliche. Questo è mio padre. Buttati come sciacallo sulle indagini, se vuoi, caro Beppe Grillo. Mostrati per quello che sei. Ma non ti permettere di parlare della relazione umana tra me e mio padre. Perché non sai di che cosa parli e non conosci i valori con i quali io sono cresciuto. Spero che i tuoi nipoti possano essere orgogliosi di te come lo sono di Tiziano Renzi i suoi nove nipoti Mattia, Francesco, Gabriele, Emanuele, Ginevra, Ester, Maddalena, Marta e Maria. E spero che un giorno ti possa vergognare – anche solo un po’ – per aver toccato un livello così basso. Ti auguro una buona serata. E ti auguro di tornare umano, almeno quando parli dei valori fondamentali della vita, che vengono prima della politica. Matteo Renzi”

Fa bene leggere e condividere le parole che  Tiziano Renzi DOPO CHE!La procura di Roma ha chiesto l’archiviazione per Tiziano Renzi

Mi chiamo Tiziano Renzi: ho 67 anni e una meravigliosa famiglia con dieci splendidi nipotini.
Oggi dico basta. E annuncio che vado in pensione, lascio ogni incarico, metto in vendita la mia società. Mi arrendo.

Lo dico oggi proprio quando la procura di Roma chiede l’archiviazione sulla vicenda CONSIP dopo che per quasi due anni sono stato oggetto di polemiche quotidiane su tutti i media nazionali. Può sembrare strano che decida di arrendermi proprio oggi, proprio dopo una notizia che ho atteso per tanti mesi.
Ma c’è un perché.

Quarant’anni fa ho lasciato il posto fisso di insegnante nella scuola pubblica perché volevo mettermi in gioco. Volevo creare posti di lavoro. Ricordo lo sguardo perplesso di mio padre quando firmai le dimissioni dal posto a tempo indeterminato.

Siamo sempre rimasti una delle tante piccolissime aziende italiane. Non abbiamo mai superato i dieci dipendenti. Ma arrivare alla fine del mese e pagare gli stipendi era una soddisfazione che non riesco a spiegare. Mi sembrava di dare il mio contributo per rendere il nostro Paese migliore. Ho pagato l’equivalente di decine di milioni di euro di tasse, senza un condono: mi sento fiero di essere cittadino italiano, anche per questo.

Fino a quattro anni fa non ho avuto nessun problema con lo Stato italiano. Al massimo ho pagato qualche multa per eccesso di velocità, nient’altro. Dal 2014 la mia vita è cambiata. Ho conosciuto il dolore di chi viene accusato, sa di essere innocente, eppure è su tutte le prime pagine. Mi sono sentito stritolato dagli sguardi, dai commenti, dall’odio. È un’esperienza che non riesco a spiegare ma che non auguro a nessuno di vivere.
Ho sempre viaggiato molto ma confesso che avevo paura di fermarmi persino agli autogrill perché mi sentivo addosso lo sguardo polemico di persone che mi giudicavano colpevole senza aver mai letto una carta. Senza sapere nulla.

È iniziata una odissea di avvisi di garanzia, indagini, inchieste. La mia vita è stata passata da mesi ai raggiX, con il controllo di qualsiasi documento: persino presunte inesattezze formali ipotesi di reato. Ho sempre ribadito la mia totale fiducia nella magistratura italiana: l’indipendenza dei giudici mi rassicura e mi conforta. Perché la verità prima o poi emerge.

Per adesso sto collezionando archiviazioni delle indagini contro di me e condanne in sede civile per chi mi ha diffamato, come accaduto recentemente anche con il direttore del Fatto Quotidiano.
Ma serviranno ancora molti anni sia per i processi contro di me, sia per le azioni civili che ho intentato e sto intentando contro chiunque abbia leso il mio onore.

Purtroppo i tempi del business sono diversi dai tempi della giustizia. E io non posso più continuare a lavorare: la mia azienda è stata accusata ingiustamente di tutto e ha perso clienti molto importanti, che se ne sono andati dopo le anticipazioni dei giornali. Non hanno aspettato l’archiviazione, loro. Sono paradossalmente diventato il tallone di Achille della mia squadra: per colpa mia, i clienti se ne vanno. Vivo questa condizione con un misto di ingiustizia e rabbia che mi fa male. Per garantire il posto di lavoro ai collaboratori, tuttavia, ho deciso di farmi da parte e ho dato incarico a un team di professionisti di vendere la società da qui alla fine dell’anno.

Mi arrendo, lascio ogni incarico, vado in pensione e tra un’udienza e l’altra farò il nonno. Sperando che chi ha preso di mira me e la mia famiglia si concentri su di noi e lasci stare le altre famiglie che hanno bisogno di uno stipendio per arrivare alla fine del mese. Il business è solido e un nuovo proprietario potrà garantire l’occupazione.

Me ne vado a testa alta. Hanno condannato chi mi ha diffamato, non me. Ma devo andarmene per rispetto a chi lavora con me.
Sono stati 40 anni di lavoro difficile ma bellissimo. Dico grazie a tutti quelli che hanno fatto un tratto di strada con noi. E in bocca al lupo a chi verrà dopo di noi.Tiziano Renzi.

SI PERCHÉ CON IL Caso CONSIP: da quel giorno è cambiato tutto. Qualcuno non potendo sconfiggere Renzi democraticamente lo ha fatto alla maniera fascista, con i corpi deviati dello Stato. E lo hanno fatto nel peggiore stile staliniano, colpendo i familiari. E Cuperlo  Orlando & COMPAGNI VARI DENTRO E FUORI IL PARTITO GIORNALISTI E GIORNALAI  SENZA FARE NOMI SI CAPISCE A CHI CI SI RIFERISCE.Ancora non chiedono scusa. Noi non dimentichiamo.

Caso CONSIP: Da quel giorno è cambiato tutto. Qualcuno non potendo sconfiggere Renzi democraticamente lo ha fatto alla maniera fascista, con i corpi deviati dello Stato. E lo hanno fatto nel peggiore stile staliniano, colpendo i familiari. E Cuperlo e Orlando ancora non chiedono scusa. Noi non dimentichiamo.ultima modifica: 2018-11-02T11:10:37+01:00da bezzifer
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