A TUTTA VELOCITÀ VERSO IL BURRONE Invece di sistemare i conti, si fa solo politica pensando alle elezioni.

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Mai lasciare le questioni tecniche in mano solo ai responsabili della comunicazione politica.

A furia di semplificare per ridurre tutto a slogan tambureggianti, si perde completamente il bandolo della matassa. È così che nascono gli ossimori: i porti “chiusi ma non chiusi” (diciamo socchiusi, tipo le porte dei saloon); la “nuova” legge sulla “legittima difesa che c’era già” (e che genera pericolose false certezze); i minibot, (falsamente) né moneta e né debito; e ora, buona ultima, la tassa sulle cassette di sicurezza (sic!), invece che un “ravvedimento operoso” sul denaro contante (cioè comunque più tasse).

In uno scenario così, anche muovere critiche (o plausi, se del caso; ma nell’ultimo periodo sono più le prime, ad avviso di chi scrive) risulta difficile, fosse solo che si presta il fianco a controrepliche del tipo “non si intendeva così, ma cosà”. E, a volte, genera confusione anche ai promotori di siffatti slogan (vedi com’è accaduto con il “tasso di sostituzione” tra neoassunti e neopensionati a seguito dell’introduzione di “quota 100”: prima 3 a 1, poi 2 a 1, poi 1 a 1; nei fatti, ad oggi, zerovirgola a 1) o consente (e questo forse è voluto) ambiguità di obiettivi (come nel caso dei minibot e del “piano B” di uscita dall’euro).

Invero, è la “consecutio rapida”, l’accelerazione degli eventi plausibilmente concatenati fra loro, dati dal risultato elettorale alle europee, dal lancio dei minibot sulla scena mediatica (con un improvvido voto a favore anche delle opposizioni, sic!), dalla conferma di apertura del procedimento di infrazione (con relativa multa finale, salvo correzioni di rotta nella politica economica), dal “lancio” dell’idea di un provvedimento (“tassa sulle cassette di sicurezza”) di sanatoria sui contanti, nonché dalla recentissima “rottura” (ennesima, vera o faceta che sia) consumata dentro al Governo nel vertice economico sulle “coperture” della (pseudo) flat tax leghista, a destare qualche preoccupazione e a meritare una riflessione più approfondita.

Serve porre l’attenzione su due livelli. Uno “tecnico” e uno “istituzionale”.

Sotto il profilo tecnico, occorre fare alcune precisazioni su minibot, flat tax e tassa sui contanti. La flat tax (o, più correttamente, l’introduzione di un’ulteriore aliquota sostitutiva speciale) è evidente come sia ormai solo lo strumento per mantenere il “consenso” mediatico (“abbasseremo le tasse”) nonostante l’incombenza dell’incremento IVA e accise e la sbandierata contrarietà alle politiche di austerity. I minibot, venuti alla ribalta con il voto a una mozione parlamentare sui termini di pagamento della PA (rectius, Pubblica Amministrazione) alle imprese, sono uno strumento inefficiente per l’obiettivo prefissato. Infatti, a seconda di come saranno normati: se dovranno essere accettati obbligatoriamente, costituiscono a tutti gli effetti moneta e quindi sarebbero illegali per i trattati europei; se potranno essere accettati solo volontariamente o magari cambiati in banca o utilizzati soprattutto per pagare i debiti fiscali, sono sconvenienti per il prenditore poiché li monetizzerebbe “a sconto” o non potrebbe spenderli liberamente come se ottenesse il pagamento in Euro (e comunque, ai fini fiscali, sarebbe più efficiente “allargare” la compensazione dei debiti tributari con i crediti vantati dalla PA); infine, in ogni caso, costituirebbero un incremento del debito pubblico “statistico” (solo il 10% circa sono già computati come debito statale, il resto è degli enti periferici) e, soprattutto, un “buco di cassa” per lo Stato (cioè più deficit) al momento del loro utilizzo come “pagamento” dei debiti tributari. Ma, ancor più, sono prodromo sottotraccia – per espressa affermazione, in più occasioni reperibili sui social network, dell’On. Presidente (di Commissione parlamentare) Borghi Aquilini – per “prepararsi” all’uscita (denegata pubblicamente) dall’Euro. Ora, fermo restando che da tutto questo si evince che se l’intento fosse (solo) quello di agevolare i pagamenti dalla PA alle imprese, basterebbe un maggior ricorso a debito pubblico ordinario, ovvero un maggior ricorso ai finanziamenti della Cassa Depositi e Prestiti verso la PA, allentando semmai i vincoli di pagamento agli enti periferici, ovvero ancora – come già accennato – “allargare” le regole di compensazione dei debiti tributari ai crediti certificati verso la PA stessa, appare del tutto evidente che si è in presenza o di un “ingiustificato abbaglio” per uno strumento inefficiente, o – ove si continuasse su questa strada – di un “obiettivo inefficiente voluto”, poiché prodromo ad altro. In questo senso, peraltro, anche l’ambiguità delle affermazioni sulla “tassa sulle cassette di sicurezza” pare andare nella medesima direzione. Infatti, se è vero che i contanti in circolo siano per dimensione stimata patologicamente rilevanti (suddivisi fra capitali irregolari solo fiscalmente, capitali illeciti veri e propri, ma anche, non dimentichiamolo, potrebbero essere capitali leciti e detenuti in tal modo solo per ragioni contingenti di incertezza valutaria) e che anche in passato si era cercato di trovare una formula per la loro regolarizzazione, non si comprende – sempre sotto il profilo tecnico – né la (inattuabile) distinzione fra capitali detenuti in Italia e all’estero, né la “portata” della proposta, poiché basterebbe applicare ai contanti le norme della vecchia Voluntary Disclosure (ottenendo in tal modo un filtro sul riciclaggio, una tassazione ordinaria e solo uno sconto sulle sanzioni). A meno che non si sottenda un condono “a saldo e stralcio” anche sulle imposte, che determinerebbe una violazione delle regole Ocse (ed europee in campo IVA) e una ingiustificata penalizzazione per i contribuenti onesti (come ad ogni condono peraltro). Oppure, a meno che l’intento non sia soprattutto quello di “canalizzare” i contanti verso gli Istituti finanziari: in caso di Italexit con il “Piano B”, infatti, i contanti non potrebbero essere convertiti automaticamente!

Sotto il profilo istituzionale, invece occorre fare alcune considerazioni sull’equilibrio (fragile) dei ruoli nel Governo e sui tempi (rigidi) di una eventuale crisi (al buio). Il Premier continua ad ostentare (finta?) tranquillità politica (durante il forum ANSA di ieri pomeriggio), anche a seguito del suo (inusuale) aut aut mediatico della scorsa settimana, nonostante proprio nella mattinata ci sia stato il brusco abbandono (non concordato) del “tavolo” da parte del Vicepremier Salvini (fonte: Huffington Post), avvenuto in polemica col ministro dell’economia Tria. Serve doverosamente, come ovvio, farsi vedere compatti (e “anticipare” le azioni della “manovra di bilancio”, se proprio non si vuol chiamarla “manovra correttiva”) di fronte alle “trattative” (invero limitate) con la Commissione Europea e gli altri Stati membri (saranno infatti questi ultimi, alla fine, a decidere se l’ìitalia dovrà essere multata), ma questa “compattezza” appare di tutta evidenza solo “di facciata”. Affidare le speranze di evitare la procedura di infrazione (atto dovuto, trattati alla mano, se non si modificano plausibilmente i saldi di bilancio) a affermazioni di principio quali “lavoreremo alla spending review e alle tax expenditure [risparmi di spesa ed agevolazioni fiscali, nda], al cuneo fiscale [costo fiscale e contributivo del lavoro, nda], all’export, alle privatizzazioni e al piano per il sud” non pare essere coerente – per le tempistiche necessarie per ottenere effetti da normative del genere – ai tempi richiesti di reazione alla procedura di infrazione. Se questa incoerenza sia “voluta”, per andare in scontro con l’Europa, o “necessità” per aprire un dialogo senza scoprire tutte le carte accettando fin da subito le richieste della Commissione, è ancora da sapere. In entrambi i casi, ad avviso di chi scrive, pare intravedersi il modo per precostituirsi l’alibi col quale disimpegnarsi dal Governo (“non ci hanno permesso di fare”) e dalla gestione della “correzione” dei conti pubblici. Ovvero, in alternativa e più spregiudicatamente, andare incontro a quell’incidente di percorso (di cui chi scrive ha accennato in precedenti articoli) che “giustificherebbe” il cd. “piano B” citato.

Se tutto questo è (almeno in parte) plausibile, restano poche opzioni percorribili (e in poco tempo). Smascherare il loro gioco (almeno nei media che non auto-soggiacciono al compiacimento dei potenti di turno e nei social network) e appigliarsi a qualunque cosa (Presidente Mattarella in primis) che potrebbe scongiurare il realizzarsi del “piano B”; il che determinerebbe anche mettere la parola fine a questo Governo, quand’anche sottraendo loro il “calice amaro” della manovra di bilancio. Sarebbe più giusto che si rendano responsabili delle loro scelte, ma occorre far di tutto per evitare danni maggiori.

E, in futuro, mandare a memoria: mai lasciare le questioni tecniche in mano solo ai responsabili della comunicazione politica; e nemmeno però considerare tecnici, come oggi, personaggi a metà fra “pifferaio magico” e “azzecca garbugli”.

A TUTTA VELOCITÀ VERSO IL BURRONE Invece di sistemare i conti, si fa solo politica pensando alle elezioni.ultima modifica: 2019-06-13T11:39:46+02:00da bezzifer
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