Non è stato il Coronavirus a impestarci, ma la comunicazione

L'immagine può contenere: il seguente testo "flussi CON Riformismi Digitali Più che al paziente zero bisognava dare la caccia a quello che ha dato l'inizio a questa assurda isteria di massa. Il trumpo GIOIA e RIVOLUZIONE Gruppo fb dei Riformisti digitali"‘’Chi le scrive è un umile medico chirurgo, in preda a un sentimento di meraviglia e impotenza di fronte a quanto sta accadendo riguardo all’epidemia del coronavirus. Oltre ai miei più che trent’anni di esperienza medica, ho, per amore di letteratura, scientifica e non, contezza di cosa sia la peste e tutto il corollario degli altri flagelli microbici. Mi aiuti direttore. Non sta succedendo nulla. Qualcuno abbia il coraggio di dirlo. L’influenza dello scorso anno, a fronte di 8 milioni (altri dicono soltanto quasi 6 milioni) di contagiati, provocò circa 200 decessi. Una percentuale ridicola. Circa lo 0,00 e qualcosa. A nessuno degli 8 milioni (o 6) dei contagiati dello scorso anno fu fatto un tampone per tipizzare il virus responsabile. Oggi, la terribile percentuale di mortalità viene calcolata su poche centinaia di tamponi. E’ ovvio, per chiunque abbia un minimo di raziocinio, che la percentuale di mortalità risulti più elevata. Ma non è vero. E’ comparsa una isteria diffusa, in cui tutti, dall’assessore a qualcosa del più piccolo comune al presidente del Consiglio, devono dire la loro, tutto detto in assoluta disarmonia, col risultato di un caotico agitarsi pari a quando si calpesta un formicaio. Sempre l’influenza ha ucciso i soggetti defedati, sempre qualche volta ha ucciso anche alcuni giovani e sani. Ma non si è mai fatto tutto questo baccano’’.

E’ il testo di una lettera di un medico torinese, il dott. Massimo Mossino, al direttore de Il Foglio. Ho approfittato della cortese ospitalità di Huffington Post per pubblicarla interamente, perché in un certo senso convalida le mie convinzioni, ma soprattutto esprime il mio stato d’animo attuale. Convinto dell’assurdità del principio del ‘’uno vale uno’’, provo molto rispetto per le competenze scientifiche e sono imbarazzato di  non fidarmi del tutto dei loro verdetti. Ma ritengo che l’allarme per il coronavirus contenga in sé anche una buona dose di esagerazione (di ‘’baccano’’ come scrive Mossino). Ci sono importanti virologi convinti di questa tesi: Irene Capua ha definito l’epidemia una simil-influenza; Maria Rita Gismondo, direttore responsabile del laboratorio dell’Ospedale Sacco di Milano, ha scritto sulla sua pagina di Facebook  “A me sembra una follia. Si è scambiata un’infezione appena più seria di un’influenza per una pandemia letale. Non è così”. Un ulteriore avvertimento a tener conto della realtà è venuto da Hans Kluge, direttore dell’OMS per l’Europa: ‘’E poi non dobbiamo mai dimenticare il contesto: il 98% dei casi sono in Cina, in più dell′80% dei casi le persone infettate hanno avuto sintomi lievi, mentre meno del 15% sono in condizione serie e solo nel 5% dei casi si registra una patologia grave. Al momento osserviamo una mortalità di poco sopra il 2%, la maggior parte persone anziane con patologie pregresse’’.

Il Codip-19 è un virus sconosciuto, i cui effetti si sono visti per settimane in Cina. E’ quindi giusto e corretto assumere tutte le raccomandazioni e le precauzioni del caso. Altrimenti si rischia di fare la fine del Don Ferrante manzoniano che negava l’esistenza della peste non essendo essa né sostanza né accidente. Ma sarà pur necessario inquadrare il fenomeno e i suoi effetti nell’ambito di una scala relativa di pericolosità, senza sottrarsi scandalizzati da un confronto – anche statistico – con altre patologie, siano esse gravemente infettive o no. Per ognuna di esse – anche per il famoso ‘’ginocchio della lavandaia’’, la sola malattia di cui si accorse di non soffrire Jerome K. Jerome – si potrebbero determinare le medesime manifestazioni di isteria collettiva a cui assistiamo oggi.

Prendiamo, per esempio, il caso della meningite. Ogni anno, in Italia, oltre mille persone contraggono questa infezione gravissima; circa una su due viene colpita da meningite meningococcica. In particolare, i sierogruppi B e C sono particolarmente diffusi nel nostro Paese. Secondo i dati epidemiologici dell’Istituto Superiore di Sanità , la meningite meningococcica provoca il decesso nell’8-14% dei pazienti colpiti. In assenza di cure adeguate, il tasso di mortalità sale addirittura al 50%. Quanto al sierotipo B, oltre ad essere particolarmente aggressivo con altissima letalità, è responsabile da solo di circa l’80% dei casi in età pediatrica. Se si considera invece la situazione epidemiologica a livello mondiale, secondo i dati  della OMS, ogni anno si verificano 500mila casi di meningite meningococcica, di cui circa 50mila letali. Inoltre, il 5-10% delle persone che contraggono l’infezione muore nonostante la malattia sia diagnosticata in tempo e curata in modo appropriato. La malattia si trasmette da persona a persona per via respiratoria, attraverso le goccioline di saliva e le secrezioni nasali, che possono essere disperse con la tosse, con gli starnuti o mentre si parla.  Ma il discorso è molto più complesso e, nel contempo, più semplice.

Non è stato il Coronavirus a impestarci, ma la comunicazione, la tv, le reti, il web, che scelgono non solo le notizie da dare, ma anche come darle. Si crea in questo modo (ormai lo abbiamo visto in troppe occasioni) un’opinione pubblica sobillata che si rivolge alle autorità politiche e amministrative, le quali vanno a rimorchio, non hanno il coraggio di sottoporre i fatti ad una valutazione oggettiva, in modo che tutti ricordino che l’essere umano non è immortale. A una società civile non è concesso di suicidarsi per evitare di ammalarsi. Si dice che il nuovo virus abbia una capacità di contagio ben superiore a quella dell’influenza di stagione. Non si capisce allora come abbia potuto – questa patologia ormai ‘’di casa’’ – contagiare, tutti gli anni, milioni di italiani in pochi mesi e seminare centinaia di vittime. Si sostiene che serve un vaccino (è la grande rivincita dei virologi), ma nessuno spiega che vi sono cure – già disponibili – che consentono ai malati di guarire (è quanto accade sotto i nostri occhi).

Il punto cruciale è stato colto proprio in questi giorni dalla presidente della Corte Costituzionale Marta Cartabia che ha ricordato, nella giurisprudenza della Consulta, la dottrina del ‘’diritto tiranno’’ con evidente riferimento al caso ex Ilva, ma di valore generale. ‘’ La Corte ha affermato che il diritto assoluto diventa un tiranno’’ e che pertanto occorre ‘’tenere unito ciò che apparentemente non poteva trovare un contemperamento, la tutela della salute, dell’ambiente, ma anche il diritto al lavoro e i diritti economici dell’impresa. Istanze tutte buone ma che, se affermate in modo assoluto, rompono il tessuto sociale, e la necessità di bilanciare’’.

Non è stato il Coronavirus a impestarci, ma la comunicazioneultima modifica: 2020-03-01T10:59:51+01:00da bezzifer
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