UN PAESE DA LICENZIARE – I SINDACATI MINACCIANO LO SCIOPERO GENERALE SE IL BLOCCO DEI LICENZIAMENTI NON SARÀ ESTESO PER TUTTO IL 2020

 

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UN PAESE DA LICENZIARE – I SINDACATI MINACCIANO LO SCIOPERO GENERALE SE IL BLOCCO DEI LICENZIAMENTI NON SARÀ ESTESO PER TUTTO IL 2020 – L’ALLUNGAMENTO POTREBBE ARRIVARE SOLO PER LE AZIENDE CHE UTILIZZERANNO LA CASSA INTEGRAZIONE. PER TUTTE LE ALTRE IL PROVVEDIMENTO, FINORA PREVISTO FINO AL 17 AGOSTO, POVREBBE SCADERE INVECE A METÀ OTTOBRE – NANNICINI: C’È UNA PENTOLA A PRESSIONE CHE POI SCOPPIERÀ. RISCHIAMO DI CREARE UNA BOMBA SOCIALE NEL 2021, QUANDO NON CI SARANNO PIÙ SOLDI DA SPENDERE…”

SCONTRO SUI LICENZIAMENTI PRESSING PER IL RINVIO LUNGO.Scontro sul blocco dei licenziamenti con i sindacati che minacciano lo sciopero generale se lo stop non verrà prorogato per tutto il 2020. Il governo resta diviso e il braccio di ferro sull’estensione della misura varata insieme agli altri provvedimenti di sostegno alle imprese e ai lavoratori per l’emergenza Covid è ancora in corso. L’allungamento potrebbe arrivare solo per le aziende che utilizzeranno la cassa integrazione. Per tutte le altre il provvedimento, finora previsto fino al 17 agosto, potrebbe scadere invece a metà ottobre, quando terminerà anche lo stato di emergenza sanitaria.Ma la norma è ancora in discussione e si potrebbe tornare alla proroga per tutti, come chiedono con forza i sindacati. In una bozza del decreto Agosto, si prevede che per le aziende il divieto di mandare a casa i dipendenti venga prorogato fino al 31 dicembre di quest’ anno ma «le preclusioni e le sospensioni non si applicano, a partire dal 15 ottobre 2020, ai datori di lavoro che non hanno in corso sospensioni o riduzioni dell’orario di lavoro connesso all’utilizzo di ammortizzatori sociali per far fronte all’emergenza da Covid 19».

Tra le eccezioni la norma prevede, oltre a cessazioni e fallimenti, anche gli accordi per esodi volontari. Ma anche questa mediazione non ha convinto. E di sicuro la minaccia dei sindacati si è fatta sentire. «Se il Governo non prorogasse il blocco dei licenziamenti sino alla fine del 2020, si assumerebbe tutta la responsabilità del rischio di uno scontro sociale», hanno sottolineato i segretari di Cgil, Cisl e Uil Maurizio Landini, Annamaria Furlan e Pierpaolo Bombardieri. I tre leader sottolineano di avere già indetto un’iniziativa per il 18 settembre, che potrebbe diventare uno sciopero generale.

«Dipenderà solo dalle scelte del Governo e della Confindustria», è l’avvertimento. «È inaccettabile» la mancata proroga del blocco, ha rincarato Landini. «Credo che sia utile che il Governo si renda conto che questo è il momento della coesione sociale: non può stare assieme il fatto di dare sgravi contributivi, non fare pagare le tasse e dare poi la libertà di licenziare», ha aggiunto il capo della Cgil.«Chi pensa di anticipare quella data alla fine dello stato di emergenza dimostra di non avere cognizione delle elementari dinamiche del mercato del lavoro e di non preoccuparsi delle condizioni di centinaia di migliaia di lavoratrici e di lavoratori», sono ancora le parole dei sindacati.Contro la proroga del blocco si schiera invece Confindustria, che invita i sindacati a «progettare insieme la ripresa» invece di invocare lo sciopero: «Se l’esecutivo intende ancora protrarre il divieto dei licenziamenti, il costo per lo Stato sarà pesante – hanno sottolineato gli industriali -. Il divieto per legge assunto in Italia, unico tra i grandi paesi avanzati, non ha più ragione di essere ora che bisogna progettare la ripresa. Esso infatti impedisce ristrutturazioni d’impresa, investimenti e di conseguenza nuova occupazione. Pietrifica l’intera economia allo stato del lockdown».

LE DIVISIONI.Nel governo comunque la partita non è chiusa e le divisioni restano. Al Tesoro c’è chi teme che un ulteriore proroga del blocco per tutto il 2020 possa poi provocare all’inizio dell’anno prossimo una ondata di centinaia di migliaia di licenziamenti. Oltre a scoraggiare nuove assunzioni, visto che poi sarebbe impossibile mandare via i nuovi arrivati. A favore dello stop lungo invece il ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, che ha garantito la misura ai sindacati, e i 5 stelle. Ma anche il Pd e Leu, mentre Italia Viva punta alla scadenza breve. «Proprio perché siamo di fronte ai primi segnali di ripresa e alla previsione di crescita del Pil nel primo trimestre del 2021, dobbiamo aiutare le imprese a salvare l’occupazione», ha spiegato Marco Miccoli, responsabile Lavoro dem. «Nei giorni scorsi molti esponenti del governo sono stati chiari – ha proseguito -: blocco dei licenziamenti e cassa integrazione fino al 31 dicembre. Incertezze e misure parziali creerebbero solo preoccupazione e produrrebbero tensioni inutili».

TOMMASO NANNICINI: «RISCHIAMO LA BOMBA SOCIALE A GENNAIO ORA È IL MOMENTO DI RIFORMARE IL WELFARE» «Rischiamo una bomba sociale a gennaio prolungando un blocco dei licenziamenti generalizzato. E rischiamo anche di sprecare tutte le risorse disponibili in aiuti a pioggia, per poi non averne più da impiegare in un riforma del welfare, che in questo momento è fondamentale». Tommaso Nannincini, economista e senatore del Pd, è tra coloro che sono preoccupati per la possibile estensione fino a fine anno del divieto di licenziare, che scade tra una decina di giorni.

L’emergenza non è ancora finita e molto imprese sono in stato di profonda difficoltà, perché è sbagliato dare una tutela ai lavoratori? «Una misura di questo tipo era comprensibile durante la fase del lockdown, quando molte aziende erano effettivamente ferme. Però nonostante il divieto in vigore e nonostante il sostanzioso ricorso alla cassa integrazione, abbiamo pagato un costo molto alto, con 500 mila occupati in meno, persone in carne e ossa che non hanno un lavoro e che invece l’avrebbero avuto senza la crisi».

Chi sono queste persone? «Lavoratori autonomi, dipendenti con un contratto temporaneo, precari. Ma anche giovani che avrebbero potuto trovare lavoro ma non ce l’hanno fatta per via dell’emergenza. Non li chiamiamo licenziamenti perché in senso stretto non lo sono, ma il concetto è sempre quello: qualcuno avrebbe potuto essere occupato e ora non lo è».

Però si potrebbe obiettare: il fatto che loro siano senza lavoro non è un buon motivo per farlo perdere anche ad altri. «Non si tratta di far perdere il lavoro a nessuno ma di riuscire a crearlo. Se si congela tutto, l’effetto sarà che nessuno assume. Dobbiamo fare come in altri Paesi europei, che non hanno imposto un blocco assoluto. Serve gradualità, non dico di passare dal divieto al liberi tutti. Il licenziamento deve essere precluso a chi usa la cassa integrazione o aiuti alla liquidità. In quel caso è giusto, perché le aziende ricevono soldi dallo Stato».

 Invece cosa accadrebbe a suo avviso con un blocco ancora prolungato fino a fine anno? «C’è una pentola a pressione che poi scoppierà. Perché dopo Natale arriva la Befana. Rischiamo di creare una bomba sociale nel 2021, quando non ci saranno più soldi da spendere perché li avremo consumati tutti. Perché, tra l’altro, per far accettare alle aziende il blocco dei licenziamenti bisogna offrire aiuti a pioggia, prima sotto forma di cassa integrazione anche per chi non ne aveva bisogno, ora con una decontribuzione sganciata dall’assunzione di nuovi occupati. La decontribuzione andrebbe fatta soprattutto per chi assume giovani e donne».

Invece come dovrebbero essere usati quei soldi? «Riformando il welfare per offrire una protezione forte a chi non ha lavoro. Il momento per farlo è adesso. Sto parlando di rafforzare la Naspi, dando un salario di formazione, un reddito vero: cosa che naturalmente sarebbe costosa. E di realizzare politiche personalizzate per la formazione, che al momento non esistono».

Il tema non è nuovo ed era stato affrontato anche nella scorsa legislatura, quando lei ha avuto anche incarichi di governo. Cosa è mancato? «Potrei addentrarmi in spiegazioni molto lunghe, ma essenzialmente sono mancate due cose. Innanzitutto non abbiamo messo abbastanza soldi. Il disegno c’era ma non siamo riusciti a finanziarlo a sufficienza. E le riforme a costo zero non esistono. Poi resta da risolvere il problema del rapporto tra Stato e Regioni. Non è possibile che quando si parla di diritti, questi siano declinati in modo diverso da una Regione all’altra. Come per la salute, cosa che ormai è sotto gli occhi di tutti. Questa dovrebbe essere la battaglia di un partito di sinistra: lavoro, formazione, salute, con diritti uguali e forti in tutto il territorio nazionale».

UN PAESE DA LICENZIARE – I SINDACATI MINACCIANO LO SCIOPERO GENERALE SE IL BLOCCO DEI LICENZIAMENTI NON SARÀ ESTESO PER TUTTO IL 2020ultima modifica: 2020-08-06T17:53:50+02:00da bezzifer
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