Matteo Salvini, finto tonto, esclama: “La Ue non si sogni di mandarci la Troika”. Tranquillo: nessuno manda in giro la Troika a controllare i cartellini dei prezzi delle banane. La Troika arriva quando stai per fare fallimento e chiedi il sostegno finanziario dell’Unione. Allora, la Troika assume il potere di riordinare le finanze del paese che ha chiesto il suo aiuto. Un po’ come quando uno va in tribunale e chiede l’amministrazione controllata.
Resta il fatto che molto probabilmente la grande manovra italiana, quella del cambiamento, messa a punto in infinite riunioni, festeggiata due volte da Di Maio (prima sul balcone di palazzo Chigi e poi su un barcone del Tevere) verrà bocciata. Troppe spese e troppe spese correnti. Sarà anche una manovra fatta per aiutare il popolo, ma prima di tutto deve evitare di mandare l’Italia in fallimento: se il paese va in default, il finale è quello greco, non il reddito di cittadinanza dato a fannulloni.
Già Milton Friedman (che non è certo fra le letture preferite del truce e del webete di Pomigliano) avvertiva anni fa: se paghi la gente che non lavora e la tassi quando lavora, non meravigliarti se poi produci disoccupazione.
Ma i nostri due condottieri, a un passo dalla bocciatura, non perdono la consueta iattanza: tanto a maggio Juncker va a casa, strilli fino a allora, poi sarà tutto diverso. Arriviamo noi e cambierà tutto.
Forse. Ma non è così sicuro. Al posto di Juncker potrebbero anche trovare, dopo maggio, un presidente ancora più severo e meno paziente.
Dai primi sondaggi risulta infatti che populisti e sovranisti sono lontanissimi dal conquistare l’Europa: su 700 parlamentari, 500 sarebbero divisi fra popolari, socialdemocratici e centristi. Il resto, 200, diviso fra sinistra un po’ scettica e sovranisti.
Insomma, il mare che non navigai e la mela che non colsi.