“Del resto i due pescano nello stesso stagno”, spiega Roberto Weber, presidente di Ixè. “Sono figure grosso modo sovrapponibili”. E probabilmente anche per questo si sono ritrovati spesso col guardarsi carinamente in cagnesco, anche in questi ultimi mesi, seguendo l’uno le mosse dell’altro con l’ansia di marcarsi, e di stopparsi, a vicenda. “In sostanza entrambi hanno sempre guardato all’elettorato moderato, liberale, progressista”, dice Alessandra Ghisleri, direttrice di Euromedia Research la quale ricorda sempre che “in Italia si vince al centro, e non a caso è a quello che ci si rivolge sempre a ridosso delle elezioni. E così perfino Luigi Di Maio tenta di accreditarsi come moderato; e così anche Matteo Salvini sceglie, come parola d’ordine, ‘buonsenso’”. Ma lo spazio, allora, per una “cosa” di Renzi e Calenda? “Lo spazio c’è”, garantisce la Ghisleri. “Purché non appaia una mera operazione di potere”.
“Lo spazio si genera inevitabilmente – osserva Masia – perché la polarizzazione delle idee, questo scontro così muscolare e su slogan così esasperati, tra Lega e M5s, tra europeisti e sovranisti, finisce col creare delle praterie al centro”. Ed è su quelle che dovranno allora provare a correre, se pure mai decideranno di correre insieme, Renzi e Calenda. “Il voto moderato – dice Weber – in Italia non è mai scomparso, è lì da sempre. Mario Monti, nel 2013, mise insieme una coalizione che ottenne il 10,5 per cento, che era tantissimo in quella contingenza. Di quei 3 milioni e mezzo di elettori, quasi l’80 per cento nel 2018 ha votato per il M5s. Ma non si tratta certo di nuovi militanti grillini: è un consenso fluido, volubile”.
Ed ecco che allora, laddove la pazza idea di una serata milanese dovesse trasformarsi in qualcosa di solido, “un potenziale dell’8-10 per cento – spiega Noto – sarebbe la base da cui partire”. D’altronde il solo Calenda “non è mai sceso sotto al 4 per cento”, nelle rilevazioni che Emg faceva mesi fa; all’8 per cento lo stima, in questi giorni, Nando Pagnoncelli. Perciò, dice Masia, “il 10 per cento è una valutazione attendibile benché sommaria, al momento”. Un dato che, per Renzi e Calenda, “significherebbe essere – aggiunge Noto – l’ago della bilancia della politica italiana, con una straordinario valore strategico”. Aggregando anche pezzi di Forza Italia? “Certo, se dopo le europee dovesse avvenire il collasso del partito di Berlusconi – riflette Masia – molti degli azzurri che non vorranno lasciarsi fagocitare dalla Lega guarderanno altrove, e un contenitore come quello di Renzi e Calenda potrebbe essere un centro di gravità”. Noto, invece, esorta a non concentrarsi sul ceto politico. “Mi interesserei semmai all’elettorato: e qui sì, direi che forse Renzi potrebbe riuscire davvero ad agganciare i sostenitori passati e presenti del centrodestra. Un’operazione che, da segretario del Pd, era molto più complicata anche per motivi identitari”. Ma con un’altra veste indosso, insieme a Calenda e senza i veti della Ditta e senza simboli carichi di storia, potrebbe farcela? “Di certo non subito dopo le europee. Secondo me – dice Weber – una mossa del genere va fatta tra un anno almeno, quando le ricette folli di Lega e M5s avranno prodotto i loro effetti, e gli elettorati si rimetteranno in viaggio”.