Primo. La Costituzione primigenia, entrata in vigore nel 1948, prevedeva l’attuale composizione parlamentare (630 deputati e 315 senatori) in un tempo in cui gli italiani residenti erano circa 40 milioni. Oggi siamo 20 milioni in più e quasi lo dimezziamo. In pratica, facendo due conti, con questa riforma avremo un deputato ogni 154mila abitanti e un senatore ogni 308mila.
Secondo. La politica finirà per essere gestita da uno sparuto numero di persone, come accade nei sistemi oligarchici. In sede parlamentare “deliberante” (o “legislativa”), cioè quando le Camere deliberano solo in Commissione senza passare dall’Aula, le decisioni a Palazzo Madama verranno adottate da commissioni non più di 20-25 senatori come accade oggi, bensì di 10-12 senatori, o anche meno. Si potrebbe arrivare a 6 in caso di assenze: le commissioni, al pari dell’Aula, sono regolari se è presente la maggioranza dei componenti, quindi in teoria una Commissione di 10 senatori potrà deliberare se ne fossero presenti solo 6, con una maggioranza di 4.
Terzo. Al Senato la rappresentanza andrà a farsi benedire. L’attuale legge elettorale prevede una soglia di sbarramento del 3% a livello nazionale anche per il Senato. L’art. 57 della Costituzione stabilisce però che i senatori siano eletti su base regionale. Ciò vuol dire che, con un Senato ridotto a 200 componenti, le liste che vedranno attribuirsi i seggi saranno solo quelle più votate (sopra il 10-15% circa), lasciando parecchie liste fuori da Palazzo Madama anche se con consensi superiori alla soglia di sbarramento