ORA:Archiviato il voto al Senato, Giuseppe Conte ricomincia il cammino un po’ più debole e un po’ meno credibile. Alla pandemia, ai vaccini, al blocco dei licenziamenti, alle scuole aperte a metà, si aggiunge una maggioranza semplice che somiglia a una non-sfiducia (roba del governo Andreotti Ter, 1976) e che da oggi alimenterà il bazaar dei senatori. Impossibile, per i media stranieri, spiegare ai propri lettori le ragioni di quanto accaduto. Resta lo scetticismo delle cancellerie e di Bruxelles, che se già prima serpeggiava, ora è manifesto: «Spero che l’instabilità politica in Italia non metta a repentaglio questo lavoro, perché l’Italia è il maggiore beneficiario e bisogna assicurarsi che i fondi arrivino, sono molto importanti per la ripresa», il laconico richiamo giunto da Valdis Dombrovskis, vicepresidente esecutivo della Commissione.
Il conto alla rovescia non si ferma. Per completare l’iter a giugno e attivare gli oltre 200 miliardi del Next Gen Eu, l’Italia deve consegnare il piano entro fine febbraio. Si tratta di una bozza, la data ultima è il 30 aprile. Da lì in poi, a patto che la Commissione lo valuti positivamente e Consiglio dell’Ue lo approvi, ci vorranno almeno altri due o tre mesi per vedere i primi fondi. Ogni tranche semestrale successiva è subordinata all’impiego corretto e alla rendicontazione della precedente. I fondi vanno impegnati entro il 2023 e spesi entro il 2026.
Non abbiamo ancora iniziato a correre e già sprechiamo fiato prezioso a litigare. «Ah, les Italiens!».