RENZI TUMULA IL PD E SCOMMETTE SUL BAGNO DI SANGUE DEL PARTITO ALLE EUROPEE 2019

“UN BRAND SCADUTO” – RENZI TUMULA IL PD E SCOMMETTE SUL BAGNO DI SANGUE DEL PARTITO ALLE EUROPEE 2019 – LA RISCOSSA AFFIDATA PER ORA A SCALFAROTTO E GOZI (CIAO CORE!) MENTRE GIACHETTI E ANNA ASCANI, PIU’ REALISTI DEL RE MATTEO, S’IMMOLANO IN UNA CORSA ALLA SEGRETERIA PRIVA DI PROSPETTIVE…

Matteo Renzi non può dirlo ancora con parole chiare ma la sua storia con il Partito democratico è finita. «Un brand scaduto», va ripetendo lui ai pochi intimi che ancora lo contornano immaginando per lui un «ritorno al futuro» dopo il prevedibile bagno di sangue delle Europee 2019.

Ma prima di quelle elezioni deve consumarsi l’ ultimo miglio congressuale, bisogna aspettare i titoli di coda sulla dissolvenza di un partito che l’ ex premier considera come la criptonite per Superman. Ma che vuole fare, per davvero, l’ eroico bullo di Rignano? Tornare al futuro, appunto, cucendosi addosso una cosa tutta sua, un movimento di popolo e una rete di conoscenze influenti per lanciare la scalata al cielo della nuova (?) politica attraverso un’ escogitazione al passo coi tempi ultimi e post ideologici.

 Di che si tratta? Per ora di mettere su una costellazione di «comitati civici», come li chiama lui, sul modello dei Ciudadanos spagnoli e del macroniano En marche. Ha tutta l’ aria di essere un sussulto antipopulista innescato con le stesse modalità piazzaiole del grillismo. Ma forse non è proprio così. Fatto sta che l’ impresa è stata affidata a due sarti renziani di un certo riguardo: Ivan Scalfarotto e Sandro Gozi. E tanto basterebbe per volgersi altrove.

Lanciati alla Leopolda di ottobre, mentre Renzi ultimava le riprese del suo documentario fiorentino al debutto in queste ore, i comitati «sono e vogliono essere uno strumento di mobilitazione.

Aperti a tutti, anche a chi non ha la tessera del Pd». Soprattutto a chi non ha la tessera del Pd; anche se Scalfarotto, titolare del virgolettato, non può ancora spingersi ad ammetterlo. Scalfarotto ma Renzi può affidarsi a uno come lui? Mistero.

 CHE CI VEDE IN LUI? Per quanto inspiegabile, è un fatto che l’ ex capo del Pd tiene in altissima considerazione l’ appassionato attivista LGBT, l’ ex manager pescarese cresciuto foggiano ed esperto di risorse umane, il gattolico militante (due i felini in famiglia) che ama vantarsi d’ esser stato «nominato nella Global Diversity List tra le 50 personalità che a livello mondiale si distinguono per la diffusione della cultura della “diversity” e delle pari opportunità» insieme con Barack e Michelle Obama, il Dalai Lama, la regina Noor di Giordania, Bill Gates, Hillary Clinton, José Luis Zapatero, il Principe Henry del Galles, Angelina Jolie, Mohammed Yunus, Christiane Amanpour e Malala Yousufzai.

Rieletto deputato in Lombardia nel marzo scorso dopo una legislatura trascorsa come sottosegretario alle (sfortunate) Riforme, oggi Scalfarotto è componente della Commissione nazionale di Garanzia del Partito democratico. Titolo senza blasone per un ambizioso frequentatore di talk politici nei quali fa sfoggio di faconda banalità. Non antipatico, va detto, educato anche quando aggressivo (quasi sempre), ma quanto di più lontano dal carisma la natura abbia concepito. Più che un trascinatore, un trascinato da Renzi, perché di eterne speranze e valide amicizie nel mondo dell’ informazione. Non è dato sapere quanti adepti garantirà alla causa renziana, è però sicuro che li rappresenterà meglio del cicisbeo Gozi.

Vaporoso come un olio essenziale, azzimato come un gagà paesano durante il Piano Marshall (tendenza Mister Ripley, per capirci), nella banda Renzi il cinquantenne Gozi è in realtà il vero cittadino del mondo. O per lo meno un naturale inquilino europeo. Una specie di Macron di Sogliano sul Rubicone altrimenti destinato a svernare sulla riviera romagnola. E invece lui, che da poco vanta anche un Dottorato honoris causa in Lettere dall’ Università di Friburgo, sembra essere nato per appartenere all’ establishment del Vecchio continente.

Che cosa lui abbia dato alla politica, a differenza di Scalfarotto che ci ha messo una spruzzata di lotta di genere, è il secondo mistero di questa riflessione. Nato ufficialmente prodiano, grazie all’ incarico ricevuto dal Prof bolognese quando era presidente della Commissione europea, Gozi giunge a Bruxelles dalla Sorbona e da Science Po, degno prologo di una carriera diplomatica al servizio della Francia. Ed ecco il segreto di Gozi: è un francese naturale con accidentale passaporto italiano, l’ amico ideale degli interessi transalpini.

 Come e più dell’ esule Enrico Letta. Può gloriarsi della Legion d’ Onore concessagli dall’ ex presidente François Hollande nel gennaio 2014, e del Prix de l’ engagement du valeur européen a Parigi, dove insegna Istituzioni e Politiche dell’ Unione europea all’ Institut d’ Etudes Politiques. Anche in Italia, parlamentare dal 2006, non ha fatto altro che lavorare per le tecnocrazie europee: Comitato Schengen e Immigrazione, vice presidente dell’ Assemblea parlamentare presso il Consiglio d’ Europa, co-presidente dell’ intergruppo parlamentare Federalista per gli Stati Uniti d’ Europa, presidente dei Federalisti Europei. Pesantissimo, dunque, il curriculum di questo peso piuma del renzismo che gioca a squash e corre maratone.

 PREPARATO MA INSIPIDO Gozi ha un sorriso insipido ma bonario e un eloquio anemico, preparazione tanta ma empatia zero. Nel suo caso non si tratta di farsi trascinare da Renzi: è il bullo di Rignano a proiettare su di lui lo straordinario complesso d’ inferiorità dello strapaese nei confronti del parigino d’ adozione. Impossibile fare a meno di lui, quando è il momento di parlare le lingue straniere per cercare altri cicisbei internazionali che sospingano la vanità renziana oltre le secche italiote del Pd.

Con questi presupposti, la mostrificazione del ritorno al futuro è assicurata. E con essa il rischio concreto di provocare una diaspora renziana.

 Dispersi nella bad company chiamata Pd, i seguaci di Matteo sbandano, tremano d’ irrequietezza, indovinano l’ imminente abbandono. È una sindrome che a sinistra conoscono bene i dalemiani: vittime della cattiva coscienza esibita da Massimo D’ Alema alla fine del suo principato («mai esistiti i dalemiani, diciamo»), molti di loro dovettero rifarsi una vita alla meno peggio. E così, mentre Scalfarotto e Gozi filano la lana e l’ amianto del loro santo Renzi, Roberto Giachetti e Anna Ascani – i renziani più renziani di Renzi – s’ immolano in una corsa alla segreteria priva di prospettive. Una cieca prova d’ amore alla quale s’ è sottratto il più amletico Marco Minniti, che essendo comunista sa riconoscere benissimo le astuzie della ragione e gli imbrogli del destino.

RENZI TUMULA IL PD E SCOMMETTE SUL BAGNO DI SANGUE DEL PARTITO ALLE EUROPEE 2019ultima modifica: 2018-12-17T10:38:45+01:00da bezzifer
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