PERLE AI PORCI.

Nel quadriennio 2015 – 2018 l’Italia fece uno sforzo enorme per uscire dalla crisi rilanciando la crescita. Uno sforzo, purtroppo, gettato alle ortiche dal furore ideologico di una “sinistra” sclerotica e una destra aggressiva quanto bugiarda. I bilanci del decennio 2010 – 2019, pubblicati in questi giorni, lo dimostrano chiaramente. Ma per capire la vicenda politica che ha determinato l’andamento economico non si deve fare l’errore di vedere solo il dato complessivo dei 10 anni, che per l’Italia non è lusinghiero, ma considerare le differenze di anno in anno. Perché se devi tenere sotto controllo la febbre non la misuri una volta alla settimana, ma almeno due o tre volte al giorno per capire se la cura che stai facendo funziona. Soprattutto perché in Italia, nel corso di quel decennio, ci sono stati cambiamenti radicali di direzione della politica economica che ne fanno un periodo disomogeneo che va, per capirlo, scomposto in due tronconi Un primo (2010 – 2014) di forte crisi e un secondo (2015 – 2018) di crescita significativa, la più forte che l’Italia abbia mai avuto dalla circolazione dell’euro, addirittura più forte di quella tedesca e francese nello stesso periodo. I dati sono stati pubblicati dal professor Fortis su Il Sole24Ore, ma sono facilmente reperibili nei principali siti economici. Chi avesse dubbi, ma è interessato onestamente a capire, può cercarli e ragionarci su. Ne cito solo uno, che in qualche modo li riassume tutti. In quei quattro anni l’aumento del valore aggiunto italiano è stato del +5,4%, prima eravamo sotto zero, quello tedesco del +5,6%, quello francese del +5%. E non è vero che questa performance si deve agli investimenti pubblici, che in quel periodo dovemmo limitare per contenere il debito pubblico. Infatti depurato questo dato dalla componente pubblica il valore aggiunto prodotto dal nostro sistema economico è aumentato più di quello di Germania e Francia (noi +5%, Germania 3,4%, Francia 4,5%). Caduto il governo Renzi e cancellata la sua politica economica come un errore è ricominciata la china discendente. Oggi l’Italia sta meglio di allora? Abbiamo solo sperperato il vantaggio acquisito. Così, mentre è possibile definire “orribile” la prima parte del decennio, nel quadriennio in esame l’economia italiana ha dato prova di grandi capacità di ripresa stimolata da politiche che rilanciarono il potere d’acquisto e i consumi delle famiglie, l’occupazione e gli investimenti delle imprese. La mancata consapevolezza che stavamo significativamente invertendo la tendenza alla crisi ricostruendo, faticosamente, le condizioni per rilanciare una ripresa ancora più forte, è stato il peggiore errore politico che l’Italia abbia subito negli ultimi decenni. Un arresto violento del corso politico pari solo al cambio di rotta avvenuto nel dopo Moro. E’ permesso essere arrabbiati per questo errore tutto da addebitare al campo “progressista”? Il quale, non volendo riconoscere gli errori e i ritardi del passato, che il successo del nuovo corso economico evidenziava, e spaventato dal cambiamento, non solo dei vecchi gruppi dirigenti falliti, ma delle loro culture rese inefficaci dal corso della storia, ha reagito rabbiosamente a partire da un uso distorto del potere mediatico di cui ancora disponeva. La prima, vera, prova d’inganno dell’opinione pubblica che diventerà la chiave della destra. Infatti la lotta per la conservazione, da parte della vecchia élite della “sinistra” burocratica, non doveva apparire come tale al popolo progressista, ma essere rappresentata come la strenua difesa dei valori della sinistra contro un usurpatore di destra e neoliberista. Solo la parte più cosciente di quel popolo ha capito che dalla peggiore crisi economica degli ultimi settanta anni non si poteva uscire completamente in meno di quattro anni, e che per tenere in equilibrio rigore e sviluppo bisognava lavorare duro e meglio, anche sul piano delle riforme istituzionali. Soprattutto bisognava continuare su quella strada, correggendo gli inevitabili errori, possibili in quei frangenti, ma sbarrando il passo alla demagogia, cialtrona e impaziente, del M5S e all’orrore nazionalista della destra. Le uniche forze che, da quella lotta suicida di una sinistra perduta, perdente e senza memoria, hanno tratto vantaggio. Ora, dopo quel tragico errore, sembra che la china dei progressisti sia quella della subalternità ad un ibrido demopopulista. Una fine ingloriosa, da evitare. Meglio pensare a un futuro nuovo.

PERLE AI PORCI.ultima modifica: 2020-01-09T11:49:53+01:00da bezzifer
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