La via del “debito buono” O buon debito che vuol dire o l’ITALIA volta pagina e allontana il passato presente o siamo morti.

Mario Draghi Rimini: «I sussidi non bastano, ai giovani bisogna ...La via del “debito buono” Mario Draghi fonda la ricostruzione sulla spesa in investimenti a fini produttivi, a iniziare dalla formazione e dal lavoro per i più giovani. Con l’Europa al centro del villaggio, compattata da un Ministero del Tesoro Ue, mossa da solidarietà “spontanea”

Una critica, che a tratti si fa bruciante accusa, all’Europa del passato, ingessata nelle regole e negli egoismi. Una speranza in quella presente, alla luce degli strumenti innovativi messi in campo contro il Covid e del ritorno delle istituzioni comunitarie al centro del villaggio. E il sogno proibito per l’Europa del futuro: un ministero del Tesoro Ue per conferire stabilità all’area dell’euro. L’intervento di apertura di Mario Draghi al 41esimo Meeting di Rimini non ha deluso le attese: undici anni dopo l’ex presidente della Bce torna a parlare alla kermesse di Comunione e Liberazione ora come allora nel pieno di una crisi economica drammatica, oggi anche sanitaria. Oscillando tra le ragioni del pragmatismo e gli imperativi della morale, riprende il discorso iniziato all’alba della pandemia con quel tanto discusso – e poi troppo presto dimenticato – contributo sul Financial Times a marzo in cui poneva l’accento sugli alti livelli di debito pubblico necessari per – o pur di – non soccombere alla crisi. Ma il discorso al Meeting per l’amicizia fra i popoli è prima di tutto una presa di coscienza dei peccati capitali di un’Unione incapace di riformarsi in tempo di pace e costretta a farlo ora, se ci riuscirà, in tempo di guerra. Cita John Maynard Keynes: “Quando i fatti cambiano, io cambio le mie idee: e lei, signore, che fa?”.

Draghi inquadra più volte la fonte principale di pericolo per la società contemporanea nell’epoca del coronavirus: “l’incertezza che paralizza”. Individua i soggetti più a rischio: i giovani. Indica nella crescita e anche nel ricorso al debito la ricetta, ma distingue “quello buono”, indirizzato a fini produttivi in investimenti, ricerca e infrastrutture, da quello “cattivo”, sprecato in spesa improduttiva. E dà, infine, una scadenza temporale per rispondere alla crisi: subito. “Si pensi ai leader che, ispirati da J.M. Keynes, si riunirono a Bretton Woods nel 1944 per la creazione del Fondo Monetario Internazionale. La loro riflessione sul futuro iniziò ben prima che la guerra finisse”. Questo per dire che ”è probabile che le nostre regole europee non vengano riattivate per molto tempo e certamente non lo saranno nella loro forma attuale”, ma “la ricerca di un senso di direzione richiede che una riflessione sul loro futuro inizi subito”.

Nelle attuali circostanze, per Draghi “il pragmatismo è necessario”, visto che si è di fronte a “una distruzione del capitale umano di proporzioni senza precedenti dagli anni del conflitto mondiale”. Anzi, bisogna accettare “l’inevitabilità del cambiamento con realismo”. Tutte le risorse disponibili “sono state mobilizzate per proteggere i lavoratori e le imprese”, una risposta “corretta” che ha evitato alla recessione di trasformarsi “in una prolungata depressione”. Ma l’emergenza e i provvedimenti da essa giustificati “non dureranno per sempre. Ora è il momento della saggezza nella scelta del futuro che vogliamo costruire”. Quella saggezza che in passato è mancata.

L’inadeguatezza di alcune regole europee “era da tempo evidente, ma piuttosto che procedere celermente a una loro correzione si lasciò per inerzia, timidezza e interesse che questa critica precisa e giustificata divenisse, nel messaggio populista, una protesta contro tutto l’ordine esistente”. Questo è un passaggio chiave del discorso dell’ex presidente della Bce, un atto d’accusa verso chi, consapevole delle storture dell’Unione e dell’euro, ha preferito non intaccarle per il proprio tornaconto nazionale. Oggi, perciò, “la politica economica non deve aggiungere altre incertezze”. Certo, nell’affrontare l’emergenza economica e sociale causata dalla pandemia, la solidarietà tra i Paesi membri dell’Ue “dovrebbe essere spontanea, invece è stata frutto di negoziati”, dice riferendosi indirettamente all’ostruzionismo antieuropeo dei cosiddetti Paesi frugali. Ma, proprio in ragione del pragmatismo prima richiamato, ciò che conta è l’obiettivo raggiunto:  “Dopo decenni che hanno visto nelle decisioni europee il prevalere della volontà dei governi – il cosiddetto metodo intergovernativo – la Commissione è ritornata al centro dell’azione”. 

Le decisioni assunte dagli Stati Ue sul Recovery Fund poggiano infatti “su un terreno reso solido dalla politica monetaria”. E su principi generali come “l’adesione all’Europa con le sue regole di responsabilità, ma anche di interdipendenza comune e di solidarietà, il multilateralismo”. Ora è arrivato il momento di un tagliando alle regole Ue: “Il futuro è nelle riforme anche profonde dell’esistente”. Ciò vuol dire imparare a convivere con “stock di debito destinati a rimanere elevati a lungo”, come già scrisse nel suo intervento sul Financial Times. E la prima cosa da cambiare è l’approccio al debito, anche se elevato non per forza di cose “cattivo” o insostenibile. Anzi, il debito è “buono”, e quindi “sostenibile”, al di là del suo ammontare “se utilizzato a fini produttivi, ad esempio investimenti nel capitale umano, nelle infrastrutture cruciali per la produzione, nella ricerca e altri impieghi”. Oggi, a legislazione vigente, questo distinguo non si può tradurre in misure di politica economica.

Oltre al pragmatismo dovuto all’emergenza, c’è poi l’etica: “C’è anche una ragione morale che deve spingerci a questa scelta. Il debito creato con la pandemia è senza precedenti e dovrà essere ripagato principalmente da coloro che sono oggi i giovani. È nostro dovere far sì che abbiano tutti gli strumenti per farlo pur vivendo in società migliori delle nostre”. “Per anni una forma di egoismo collettivo ha indotto i governi a distrarre capacità umane e altre risorse in favore di obiettivi con più certo e immediato ritorno politico: ciò non è più accettabile oggi”.

Solidarietà e responsabilità sono principi collettivi che in parallelo devono guidare l’azione dei governi, come si sta tentando di fare per la prima volta con il Recovery Fund: “Il fondo Next Generation Eu arricchisce gli strumenti della politica europea. Il riconoscimento del ruolo del bilancio europeo” e “l’inizio di emissioni di debito comune” sono “importanti”. Ma sono soprattutto la premessa per quello che Draghi dipinge come un sogno: “Un ministero del Tesoro comunitario la cui funzione nel conferire stabilità all’area dell’euro è stata affermata da tempo”. Un passo avanti dell’Unione europea che dovrà però essere “cementato dalla credibilità delle politiche economiche” a livello “soprattutto nazionale”. Solo allora “non si potrà più dire che i mutamenti avvenuti a causa della pandemia nell’ordinamento europeo sono temporanei”. Tra le righe Draghi afferma che le obbligazioni che la Commissione Ue emetterà per finanziare il Recovery Fund non sono una tantum e non andranno a morire passata la burrasca, ma resteranno nella toolbox di Bruxelles e verranno emesse ogniqualvolta saranno ritenute necessarie. Proprio come il Quantitative easing: introdotto come misura straordinaria durante la crisi dello spread, è rimasto nella ‘cassetta degli attrezzi’ della Bce e anzi si è evoluto nella versione pandemica (Pepp) adottata da Christine Lagarde. Il bazooka non è più andato via, con buona pace di falchi, banchieri nazionali e tribunali costituzionali. È quanto l’ex governatore dell’Eurotower spera accada anche con gli eurobond.

In Italia, alla conclusione del discorso di Draghi, è subito iniziata la consueta gara politica a chi ne è l’interprete più genuino. Nel lungo intervento chiunque ci potrà leggere le istanze e i messaggi che più gli convengono. Resta però un elemento, il grido d’allarme indirizzato ai governi sui giovani. “Dobbiamo, lo dico ancora un’ultima volta, essere vicini ai giovani investendo nella loro preparazione”. Perché “privare un giovane del futuro è una delle forme più gravi di diseguaglianza”.

La via del “debito buono” O buon debito che vuol dire o l’ITALIA volta pagina e allontana il passato presente o siamo morti.ultima modifica: 2020-08-18T17:41:22+02:00da bezzifer
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