Sono fra quelli, credo in maggioranza, che non ha letto e non leggerà mai lo studio sui costi/benefici della Tav. Le ragioni sono due. Anni fa sono stato al Jplab di Pasadena, dove progettano le missioni spaziali (non con uomini) della Nasa. Cinquemila giovanotti di tutto il mondo che, mi hanno detto, cercano di fare quello che la fisica ritiene impossibile. Non so quanto costi il Jplab, quello che so è che il progresso si fa anche così: cercando quello che c’è o che forse non c’è.
Per venire all’Italia, il dibattito sulla Tav mi ha fatto venire in mente l’Autosole. Non mi risulta che sia mai stata fatta una ricerca costi/benefici. D’altra parte, con centinaia di gallerie e ponti l’impresa avrebbe richiesto almeno una decina d’anni. Invece è stata realizzata, da Milano a Napoli, in appena 8 anni di lavori. La cosa curiosa è che l’Italia cominciava solo allora, 1956, a essere un paese motorizzato: di fatto non c’erano ancora le auto che poi l’avrebbero percorsa.
Ma i politici di allora abbracciarono il progetto con grande entusiasmo, probabilmente perché era molto sponsorizzato dai “poteri forti” (Fiat, Pirelli, Italcementi, Iri). In realtà, politici e aziende guardavano molto avanti.
Oggi, a distanza di oltre mezzo secolo, l’Italia senza Autosole ci appare semplicemente inconcepibile. Basta mettersi a Milano e dire al proprio navigatore satellitare di fare rotta verso Napoli, escludendo le autostrade: probabilmente ci si impiega una settimana e non una giornata.
Quale è la differenza più grande fra allora e oggi? L’Italia del 1956 era un paese che stava entrando nel miracolo economico del dopoguerra e che aveva voglia di crescere, di contare, di esserci, che girava ancora in gran parte in motorino, ma che sapeva che stava puntando sulle automobili e che un giorno ce ne sarebbero state due o tre per famiglia.
Quella di oggi, invece, è un’Italia un po’ rassegnata nel suo ruolo di ultima della classe in Europa e desiderosa soprattutto di riposare, di vivere di denaro pubblico, senza osare mai niente.
Vale qui un vecchio detto: si diventa vecchi non quando ci si ferma, ma si diventa vecchi perché ci si ferma. Ecco, è esattamente quello che stiamo facendo come paese.
Un paese che vorrebbe vivere in pace nel proprio isolamento, degradando giorno dopo giorno, rinunciando a crescere, a contare, a essere migliore.
