Il caso Lotti mette Zingaretti di fronte al suo primo banco di prova

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Il segretario tirato per la giacchetta sostiene la linea del garantismo. Ma non risparmia una frecciata all’ex ministro: «Il mio partito non si occuperà di nominare magistrati». La faida interna ai dem rischia di riesplodere.

Luca Lotti si difende sul caso Csm che lo investe politicamente, rivendica la sua correttezza e Nicola Zingaretti interviene di nuovo per cercare di togliere il Pd dall’imbarazzo: bilanciando garantismo e discontinuità con il passato. «Ogni processo sommario celebrato sulla base di spezzoni di intercettazioni va respinto», dice il segretario dem in una nota. «Ma il Pd non ha mai dato mandato a nessuno di occuparsi degli assetti degli uffici giudiziari. Dal punto di vista dell’opportunità politica», sottolinea, «il partito che ho in mente non si occupa di nomine di magistrati».

 IL PARTITO A UN BIVIO RISCHIA LA SPACCATURA

 

Lotti lo ringrazia per il garantismo, ma puntualizza: «Anche io faccio parte del “suo” Pd e» – come ho personalmente detto a lui e spiegato in una nota – non ho il potere di fare nomine, che come noto spettano al Csm». La vicenda rischia di lacerare il partito, con i renziani ancora forti – specie in parlamento – e Lotti che guida un’area ampia. «Se è reato incontrare un giudice non ho problemi a fare l’elenco di quelli che ho incontrato io, in qualsiasi sede» – scrive l’ex ministro su Facebook – «mai sono venuto meno ai doveri imposti dalla Costituzione e dalle leggi».

LOTTI RESPINGE OGNI ACCUSA DI PRESSIONI O COSTRIZIONI

Il deputato parla di «un incontro che si è svolto in un dopocena: ho espresso liberamente le mie opinioni, parole in libertà, non minacce o costrizioni» sulle nomine dei capi di alcune procure. Tra cui quella di Roma che per Lotti ha chiesto il processo nel caso Consip. «E chiunque sarà procuratore l’udienza davanti al Gup resta», scrive Lotti, che non è indagato nel caso Csm. «Trovo squallido che mi si accosti, anche lontanamente, ad attività di dossieraggio», sui pm, dice l’ex braccio destro di Matteo Renzi. La sua corrente, Base riformista, lo difende.

LA RABBIA DEGLI ZINGARETTIANI MONTA IN SILENZIO

Tra gli zingarettiani invece le critiche a microfoni spenti sono feroci nei confronti dell’ex sottosegretario di Palazzo Chigi. Anche nel timore di altri sviluppi giudiziari. Escono intercettazioni in cui Lotti dice «qualche messaggio gli va dato forte», a David Ermini, vicepresidente del Csm e già renziano doc. Si intravede quindi uno scontro intestino. E il partito di Zingaretti fa ancora i conti con la gestione precedente.

IL MESSAGGIO DI ZINGARETTI DOPO IL PRESSING ALLA CAMERA

Nessuno dei big o capicorrente parla: né Carlo Calenda, né Dario Franceschini né Maurizio Martina o Matteo Orfini. Molti in Transatlantico alla Camera invocano il segretario, fino alla sua nota. «Se emergeranno rilievi penali» – scrive Zingaretti – «mi atterrò sempre al principio garantista e di civiltà giuridica secondo il quale prevale la presunzione di innocenza fino alle sentenze definitive». «L’oggetto delle indagini non sono le frequentazioni ma il loro merito», aggiunge, rimarcando però che il Pd che ha in mente sarà diverso da quello del passato.

 

Il caso Lotti mette Zingaretti di fronte al suo primo banco di provaultima modifica: 2019-06-14T10:04:26+02:00da bezzifer
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