GOVERNANTI E POPOLO ITALIANO BASTA GIOCARE ALLE TRE SCIMMIETTE! Un bagno di realismo ci fa bene

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Anche le mani sovraniste in economia non sono libere se un Paese è indebitato come il nostro. E se si vuole introdurre quella che ancora chiamiamo flat tax, lo si dovrà fare tagliando le spese, non in deficit

Un bagno di realismo ci fa bene

Il buon senso non si è perduto. E va dato atto al premier Giuseppe Conte e al ministro dell’Economia Giovanni Tria di aver ricondotto a più miti consigli i due azionisti del governo. Mentre Matteo Salvini e Luigi Di Maio proseguivano nella loro competizione di annunci e polemiche, gli interlocutori italiani della Commissione europea (per fortuna non più delegittimata come si disse durante la campagna elettorale) hanno trattato per scongiurare una procedura di infrazione sul debito. Una sanzione che ci avrebbe confinato, fino al 2024, in una sorta di Purgatorio europeo. Il risultato è soprattutto un loro successo. Ma si trattava di trovare, tra le pieghe di bilancio, appena 7,7 miliardi, di cui 2,9 da maggiori entrate fiscali oltre al miliardo dell’accordo con Kering. Incassi ottenuti soprattutto grazie alla fatturazione elettronica introdotta dai governi precedenti non senza forti resistenze dell’allora opposizione oggi nelle stanze del potere. L’Iva evasa in Italia è circa un quarto di quella non corrisposta in tutta l’Unione europea. Il governo si è legato le mani anche sul 2020 quando sarà chiamato, indipendentemente dalle sue scelte, a un’ulteriore sterzata di bilancio ma potrà godere, grazie allo scampato pericolo della procedura d’infrazione, di qualche margine di flessibilità. La manovra dovrà essere valutata anche alla luce della crescita — se ci sarà — dell’economia. Tria lo ha detto chiaramente: «È la correzione strutturale più grande degli ultimi anni».

Per mesi si è continuato a dire che la manovra correttiva non era necessaria. Si è poi fatta, come in passato, agendo sulle entrate, sul prelievo fiscale, e tagliando qualche investimento e servizio, come sul trasporto pubblico. Nulla di nuovo. Nell‘ultima lettera spedita da Pierre Moscovici e Valdis Dombrovskis a Tria si annuncia uno «stretto monitoraggio» della Commissione sull’evoluzione dei conti italiani. Dunque, in un colpo solo, tutta la filosofia del «governo del cambiamento» (in sostanza facciamo il deficit che vogliamo, al diavolo l’Europa) è finita in soffitta. Con un po’ di austerità (parola proibita nel lessico legastellato). E forse non sarebbe il caso di ripetere, nei prossimi mesi, la sceneggiata dello scorso anno che si concluse, ingloriosamente, con l’accettazione dell’ormai leggendario deficit al 2,04 per cento. Anche le mani sovraniste in economia non sono libere se un Paese è indebitato come il nostro. E se si vuole introdurre quella che ancora chiamiamo flat tax, lo si dovrà fare tagliando le spese. Non in deficit.

Un bagno di realismo fa bene a tutti. E oggi, giustamente, dopo aver gridato per mesi contro la dittatura dello spread (che esisteva, contrariamente a quello che si dice nei talk show, anche quando c’era la lira), la maggioranza e il governo si rallegrano che il differenziale con il Bund tedesco sia sceso intorno a quota 200. Quasi fosse stato il loro principale obiettivo. I vantaggi sono visibili per l’economia, come testimonia la Borsa. Ma inutile dire – come si legge sui social – che era del tutto fuori luogo lanciare degli allarmi se oggi paghiamo interessi sul debito inferiori a quelli del maggio dello scorso anno. La politica monetaria espansiva, rilanciata dalle ultime dichiarazione del presidente della Bce, Mario Draghi – e che presumibilmente verrà continuata da Christine Lagarde – ha spinto verso il basso tutti i rendimenti dei titoli sovrani. La gran parte in territorio negativo. Cioè chi presta i soldi paga il debitore. Il nostro debito pubblico è poi atteso persino in diminuzione. Secondo la stima degli analisti di Mazziero Research, nel maggio scorso, si sarebbe attestato tra i 2.360 e i 2.368 miliardi contro i 2.373 del dato ufficiale di Banca d’Italia ad aprile. Insomma, perché preoccuparci? A luglio però, secondo le previsioni, dovremmo avvicinarci ai 2.400 miliardi. Nuovo record.

È vero che oggi collochiamo Btp a dieci anni con un rendimento dell’1,88%. Un anno fa era al 2,66%. Ma a metà ottobre del 2018, nel pieno delle discussioni sulla legge di Bilancio e di tante affermazioni fuori luogo, era il 3,7 per cento. I Bonos spagnoli venerdì erano scesi allo 0,32 per cento; quelli portoghesi allo 0,44. All’inizio dello scorso anno – come mostra il grafico in alto – i rendimenti fra Italia, Spagna e Portogallo erano abbastanza vicini. Poi si sono fortemente divaricati. Se in questo periodo avessimo avuto un andamento dello spread simile a quello dei due Paesi mediterranei – che crescono però più di noi – avremmo pagato, sempre secondo i calcoli di Maurizio Mazziero, molto meno interessi sul debito. Da luglio 2018 a giugno 2019 il maggior onere di interessi che l’Italia è stata costretta a sostenere, va da 5,5 a 6 miliardi rispetto alla Spagna e da 4,5 a 5 miliardi rispetto al Portogallo. Se oggi, con sollievo, vediamo gli effetti positivi del dividendo del buon senso, forse non è il caso di dimenticarci quanto sia stato alto, e ingiustificato, il costo delle chiacchiere – soprattutto quelle sull’euro – profuse in assoluta libertà (e irresponsabilità).

GOVERNANTI E POPOLO ITALIANO BASTA GIOCARE ALLE TRE SCIMMIETTE! Un bagno di realismo ci fa beneultima modifica: 2019-07-07T11:41:11+02:00da bezzifer
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