Primarie Pd.“I delusi stanno ritornando”. L’affluenza supera 1,8 milioni

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Non sono andati a vuoto gli appelli di Prodi, Veltroni, Letta e dello stesso Renzi: la chiamata alle armi del popolo della sinistra ha funzionato e le primarie del Pd sono state un successo imprevisto alla vigilia. Un milione e mezzo di votanti ai gazebo, assicurano dal Nazareno, qualcuno si spinge a dire oltre 1,8 milioni, più del 2017 quando fu eletto Renzi: del resto code fin dalla mattina ai gazebo facevano presagire un esito eclatante. E anche grazie a questa poderosa affluenza, Nicola Zingaretti, classe 1965, governatore del Lazio, si afferma e vince sfiorando il 70%, secondo i dati ancora parziali nella notte ma già indicativi. «Il nuovo Pd dovrà essere fatto di unità e cambiamento. Vorrà dire guardare le persone non dal dirigibile, ma da vicino nella loro vita concreta. Basta con le figurine, le incomprensioni, io sto con quello tu con l’altro, la politica non ha senso se si distanzia dalla condizione umana degli individui», è il suo biglietto da visita, seguito da un «non sarò mai capo, ma leader di una comunità». Con l’orgoglio di poter dire «i delusi stanno tornando», guardando ad una possibile rivincita.

Un segretario dal volto bonario, che rasserena gli animi, impegnato fin dall’inizio a battere sul tasto dell’unità. Che andrà in scena di qui alle europee, con una pax interna tra le varie anime. E dunque ora si apre una nuova era, che porterà a una sorta di controrivoluzione: organismi dirigenti pacificati, segreteria con volti nuovi e profilo unitario, il «nuovo Pd» vissuto come «campo largo, unitario e combattivo», per battere «una destra forte e radicata, che ha conquistato potere e non lo cederà in modo semplice». Un campo dove far confluire energie diverse, personalità, forze del civismo come ama ripetere il neo-leader. Che non assumerà su di sè la doppia carica di segretario e candidato premier, una torsione allo Statuto veltroniano invisa a molti che sarà realizzata ma non subito, separando le due cariche, a tempo debito per evitare attriti.

Gentiloni presidente Pd

Anche perché per quel difficile compito di candidato premier del centrosinistra Zingaretti ha già in mente una figura precisa: l’ex premier Paolo Gentiloni, che lo ha subito sostenuto fin dall’inizio e che si appresta ad accettare un’investitura importante come quella di presidente del partito. Ma alla Assemblea del 17 marzo che lo incoronerà segretario, Zingaretti dovrà annunciare la nuova Direzione, distribuendo i posti della sua quota percentuale tra le varie anime che lo sostengono, da Orlando a Franceschini, da Cuperlo a Boccia. Indicando anche il nuovo tesoriere, figura chiave in tempi di crisi finanziaria e cassa integrazione, con le federazioni locali allo stremo.

Tenere dentro i renziani

La pax interna sarà suggellata da atti simbolici in base a uno schema di gioco preciso: «A noi interessa tenervi dentro», ha anticipato ieri sera uno dei big dell’area Zingaretti ad un big di fede renziana. Un accordo che non dovrà prendere le forme di una trattativa sulle poltrone, per non dare l’idea che il renzismo è disposto a «vendersi» alla nuova maggioranza più di sinistra. Tanto che non verrà proposta una vicesegreteria a Martina. Piuttosto potrebbe esserci una conferma dei due capigruppo fino all’estate e oltre. Sull’onda di quanto ricordato da Franceschini ad un suo collega: dopo ogni congresso i capigruppo hanno dato le dimissioni e in alcuni casi sono stati confermati. Il leader non intende affrontare ora il nodo rischiando strappi con Renzi a capo del fortilizio del Senato, dove l’ex leader pur congratulandosi per «una vittoria bella e netta», ha dalla sua 37 senatori su 52 del gruppo Pd. Un primo segnale della co-gestione del partito verrà dalla composizione della segreteria, dove entreranno personalità del territorio ma anche della minoranza.

Congelati per ora i capigruppo

Il primo banco di prova della tregua domani: i gruppi parlamentari dovranno indicare i cento parlamentari da mandare in Assemblea nazionale: Zingaretti può contare su una quarantina di parlamentari, Martina sul doppio. I seguaci del neo-leader si aspettano di esser tutti nominati, gli altri non la pensano così. Ma tutta l’attenzione del leader è rivolta al 7 aprile, quando parte la corrida delle liste per le europee. Zingaretti incontrerà presto la Bonino di +Europa e Pizzarotti, proverà a stringere alleanze per il listone unico e poi tenderà ad avere capilista di peso, come Calenda o Pisapia al Nord, senza escludere le varie anime che possono portare preferenze utili ad una risalita del Pd sopra il 20%.

Primarie Pd.“I delusi stanno ritornando”. L’affluenza supera 1,8 milioniultima modifica: 2019-03-04T07:47:03+01:00da bezzifer
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