NUOVO/VECCHIO PD ED IL DUBBIO LEADERISTA

Può la politica, sia essa del PD, della Lega o del MoVimento, vivere di “serrati i ranghi” in un clima di costante guera civile?

Al di là dei 1.8 mln di votanti, 365 è la cifra più significativa delle primarie del PD. C’è voluto infatti un anno intero dalle elezioni del 4 marzo 2018 per arrivare alla nomina di un nuovo segretario, passandone per uno provvisorio, Martina, diventato dimissionario.

Per un anno intero il principale partito d’opposizione, e secondo per numero di parlamentari, è stato ostaggio di un congresso permanente. In barba – occorre dirlo – alla democrazia del paese.

Questo è un Caffè Scorretto molto particolare. Perché cerchiamo di trattare un argomento meno “pop” e più introverso: l’appartenenza politica e lo faremo partendo – come sempre con ironia – dalle primarie del PD, quelle dove Zingaretti ha ‘trionfato’ diventando il nuovo Segretario.

PCI e DC – ma anche PRI, PSI, PSDI e PLI, per citare tutto l’ex-arco politico che compone il PD – avevano un punto in comune: si lotta nei congressi – per la DC questo andava avanti, sottobanco, anche dopo – ma poi arriva il Segretario e si combatte strenui e forti con lui.

Urrà! Almeno fino alla prossima scissione, visto che il PD ha già visto più scissioni che segretari.

Nel mondo reale, tutto questo si traduce nel serrate i ranghi, perché la partitocrazia italiana funziona come una squadra di calcio o, se volete, come le fazioni interne alla Firenze dantesca, la Genova repubblicana, la Roma papalina.

Pure italian style.

Il partito è quello che etichetta come “sono del PD”, “sono leghista”, “sono del MoVimento”, la rappresentazione reale di quello che scrive Zizek: ricerchiamo l’identità perduta affidandoci a costrutti ideologici esterni, porti sicuri nel caos della post-modernità.

“Stringiamoci a coorte” , potremmo dire ai limiti della blasfemia repubblicana, ma il senso è proprio quello: il Partito è la fortezza e il Segretario il condottiero e vale per la Lega come per il M5S e il PD.

UNITÀ! UNITÀ! Perché dico questo? Perché è già cominciata – sui media minori e i social – la parate del “ora il PD è tornato a fare politica e il Governo corre ai ripari” o il “ora si torna a parlare di Sinistra” ed ancora il “chiuso con il Renzismo ora tutti uniti contro le destre”. Frasi che – perdonate – suonano assurde, visto che Zingaretti è segretario da 72 ore ed il programma del nuovo PD non esiste, almeno che non si consideri tale il documento – peraltro genericamente corbyniano – presente sul sito internet di Zingaretti.

Ma questo è il senso di una politica che ha perso la bussola, in cui l’affermazione politica è l’affermazione, per Zingaretti ora come per Renzi ieri dell’uomo singolo, il leader e non di una reale sintesi dialettica interna ad un partito che, per definizioni, vuole essere popolare.

Volete il PD? E allora accettate che i vostri compagni di viaggio abbiano sensibilità diverse, che ci possa essere uno Zingaretti come un Calenda, un Renzi, un Marattin o un Giacchetti. Perché ogni primaria del PD darà sempre lo stesso risultato, ovvero che un’anima delle famiglie politiche ‘classiche’ sarà sempre minoritaria: così è stato per i pseudo-laburisti con Renzi, così sarà per i liberal con Zingaretti, esattamente come sottolinea Luciano Capone sul Foglio.

O lo accettate – e con esso che ci sia gente al di fuori del PD che non è né di destra, né massimalista, ma, semplicemente, liberal – o fra due, tre mesi sarete punto a capo.


Nota finale per chi ha già deciso di fare guerra a chi la pensa diversamente da sè. Chi scrive [Simone, NdR], non si è mai riconosciuto nel renzismo, tantomeno nel dalemismo, forse – errori di gioventù – nel veltronismo e considera Bersani simpatico, ma non al punto di abbracciare il bersanismo, tantomeno quello 2.0 di Zingaretti.

Semplicemente ho un orientamento liberal e liberamente esprimo il mio pensiero.

 

NUOVO/VECCHIO PD ED IL DUBBIO LEADERISTAultima modifica: 2019-03-18T12:26:39+01:00da bezzifer
Reposta per primo quest’articolo
Share