L’addio del Renzismo in un Pd senza centro

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Sì, ancora Matteo Renzi. C’entra. In questa storia del Pd di Zingaretti che esclude dalla segreteria i seguaci dell’ex premier e in un sol boccone depenna Luca Lotti, compagno di merende storico del giglio magico, dalla lista di quegli interlocutori che contano nel partito, manifestando, quasi ve ne fosse bisogno, una sorta di opportunistica, subalterna e isterica onestà grillina di quel partito.

In continuità con la fase “del fuoco amico”, scambiati ruoli, naturalmente, dell’interregno di quattro anni di Renzi, alla guida del partito e del Governo. È per lo meno assurdo non constatare dentro il Pd slanci di solidarietà verso Lotti impelagato nella vicenda del Csm, ma anzi è proprio dagli amici (?!) che arrivano le cannonate più potenti, quasi vi fosse la necessità di correre. Velocemente. A chiudere qualcosa. Un periodo fastidioso. Il renzismo appunto, visto come la fase più asciutta di etica e morale in politica. In contrapposizione con quella di Berlinguer.

Ha ragione Barbara Palombelli quando afferma che Renzi non era il leader della sinistra e che lui, Renzi, ci ha sofferto di questa cosa. Che ancora ne parla e dice che ha avuto il fuoco amico. Ma in realtà non doveva mai diventare segretario del Pd e restare nell’ambito della Margherita, di un partito di centro.

La missione di Zingaretti è stata quella di rimettere in piedi una sorta di ex Pci ristretto. Lo zoccolo duro. E questo cammino sta dando timidi frutti. Anche se, non vi sarà sfuggito, circa circorum, lo zoccolo duro odierno è lo stesso che prima idolatrava Renzi. E il renzismo.

Uno zoccolo duro che pensavamo avesse dato vita al Partito di Renzi ma che in verità alla prima curva, alla prima occasione è ritornato buonino a riaffezionarsi all’ideologia, al simbolismo, a quell’idea di sinistra che in apparenza dà sicurezze che ancora nulla è perduto.

In questa mini palingenesi, rinascita e rigenerazione, di fronte all’ultimo caso dei rapporti tra Csm e politica, con le scivolate di Lotti, emblema del renzismo agli irti colli, il Pd si è risvegliato convinto come mai che occorre rinnegare. Espellere. Disconoscere. Perché il renzismo e con lui gli adepti rimasti, vanno emarginati. Mal sopportati.

Ciò detto al Pd rimane il problema politico non solo di convivenza interna e quindi del rischio di ripetersi la nenia dell’opposizione dentro più nervosa dell’opposizione politica, ma rimane anche il problema del futuro di quel partito. Del centrosinistra senza centro.

Scartiamo per un attimo l’ipotesi di un accordo con i grillini che forse si farà, non si farà, solo con una parte, comunque sarebbe un accordo dalle mille incognite, c’è il rebus di chi fa il centro. Zingaretti ha una sola certezza: non lo farà Renzi. Perché è una stella calante e comunque non prenderebbe molti voti tra i moderati.

La sola ipotesi, alternativa, praticabile è quella di Calenda. Che un Pd così messo comincia a pesargli. L’ex Ministro dello Sviluppo Economico è uomo dalle mille potenzialità ma tutte da verificare in pratica, sul piano elettorale e leadership visto che nei momenti topici, dall’entrata in corsa per le primarie del Pd alla discesa in campo autonoma del suo movimento, si è nascosto. E poi, comunque, c’è la variabile Renzi e dei renziani, dalla Boschi a Giachetti. Una classe politica digerita ed espulsa in un lasso di tempo assolutamente breve.

Che se sosterà dentro il Pd potrà fare giusto una minoranza regionale. E un po’ di casino, vendicarsi di cambi di casacca opportunistici, da Zanda a Franceschini,  giusto fino alle prossime politiche. Altri spazi, purtroppo, non ne vediamo. Purtroppo, perché c’è la certezza che il Pd ha intrapreso una china dell’irriformabilità. Un voltarsi indietro che non lo fa andare avanti. Relegandolo a una marginalità di testimonianza che diventa sopportabile consuetudine di modi di fare, di risolvere i problemi, di riuscire a far presa su nuovi elettori, di lanciare temi che interessano le comunità.

Un trapasso, per il renzismo e per il Pd, quasi commovente. Perché non sentita da una classe dirigente che ha perso in toto il polso del Paese.

L’addio del Renzismo in un Pd senza centroultima modifica: 2019-06-17T12:29:30+02:00da bezzifer
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