Pd e Cinque Stelle hanno lo stesso problema: Renzi

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Il vero nodo di tutta la trattativa della crisi di governo ruota attorno a Renzi. Il problema principale è mettere l’eventuale governo giallo-rosso al riparo dai possibili attacchi  renziani. Ecco perché Zingaretti vuole che lui o uno dei suoi abbiano un ruolo nell’esecutivo

Uno dei risultati principali di questa folle crisi di mezza estate, dall’esito ancora indecifrabile, è stato sicuramente il ritorno sulla scena politica di Matteo Renzi. Comunque la si guardi, rinnegare un anno e mezzo di battaglia politica, in cui lui e i suoi fedelissimi hanno a più riprese minacciato fuoco e fiamme nel caso in cui nel Pd si fosse fatto cenno a una qualsiasi forma di convergenza con i Cinque Stelle, è stata una mossa che ha ridato centralità alla figura dell’ex premier, alla disperata ricerca di uno spiraglio per riacquisire l’importanza persa negli ultimi mesi.

 

La situazione è nota. Matteo Renzi – che all’inizio del 2018 ha composto le liste elettorali del Pd a sua immagine e somiglianza, lasciando ai compagni di partito della minoranza solo le briciole – controlla la maggioranza dei gruppi parlamentari Dem. In particolare ci sono due componenti, che, pur con diverse sfumature, fanno ancora riferimento a lui. Gli ultra-ortodossi di “Sempre Avanti”, guidati da Roberto Giachetti e Anna Ascani, e il corpaccione di “Base Riformista”, la corrente guidata da Lorenzo Guerini e Luca Lotti, che nelle ultime settimane ha ricoperto il ruolo di “ponte” tra la segreteria di Nicola Zingaretti e la leadership esterna di Renzi.

Grazie a questo improvviso dietrofront, in nome del “bene dell’Italia”, la possibilità che, una volta archiviata l’esperienza di governo giallo-verde, possa nascere in Parlamento una nuova maggioranza che coinvolga Pd, M5s e magari anche Forza Italia (di qui l’idea di ribattezzarla maggioranza “Ursula”, come il nome della nuova presidente della Commissione europea Von dei Leyen, sostenuta in Italia da queste tre forze) si è fatta improvvisamente realistica.

La posizione oltranzista, nel Pd, è stata mantenuta solo da Carlo Calenda, che non a caso sta minacciando di dare vita a un nuovo partito

Come ovvio, però, i problemi non mancano. Stiamo parlando, infatti, di due forze (Pd e M5s) che negli ultimi anni se le sono date di santa ragione. Negli occhi di tutti i dirigenti Dem, c’è ancora quella riunione della Direzione in cui, mentre Dario Franceschini cercava di spiegare la sua posizione “aperturista” verso un accodo con i Cinque Stelle, veniva dileggiato e deriso dall’ala ultrarenziana dei vari Scalfarotto, Nobili e De Cesaris, che si prodigavano nel dire che Lega e grillini sono la stessa cosa e vanno trattati come tali. Fa specie rilevare come, a distanza di poche settimane, quella posizione oltranzista, nel Pd, sia stata mantenuta solo da Carlo Calenda, che non a caso sta minacciando – questa volta seriamente – di dare vita a un nuovo partito.

Ma per motivi opposti, con il passare dei giorni, i vertici del Pd e del Movimento 5 Stelle si stanno convincendo che la soluzione sia quella del governo di legislatura, che sterilizzi la sete di “pieni poteri” di Salvini e consenta una traversata nel deserto, fino al 2023, meno drammatica possibile. Sul tavolo, infatti, adesso, c’è un governo sostenuto da una robusta maggioranza parlamentare, che possa guidare il Paese in Europa, rimetterlo in sesto dal punto di vista economico (con il decisivo aiuto di Bruxelles e Berlino) e normalizzarlo dal punto di vista degli equilibri sociali, che sono stati scientificamente devastati da Salvini. A questo vanno aggiunti i sondaggi shock, che, specie per i Cinque Stelle, potrebbero trasformare il voto anticipato in una sorta di pietra tombale.

Al di là dei giganteschi scogli politici da superare, però, i problemi principali rispondono al nome di Luigi Di Maio e, appunto, Matteo Renzi. Il primo è quello che, nel gruppo ristretto dei capi grillini, è più restio ad un’alleanza con i Dem. Fosse per lui, si sarebbe anche rimesso al tavolo con Salvini. Ma la sua linea, che ha portato i Cinque Stelle a dimezzare i consensi nel giro di un solo anno, non è propriamente la più seguita in questo momento. L’attuale vicepremier, però, per digerire il boccone, vorrebbe un ruolo (anche meno decisivo rispetto a quello attuale) nel nuovo esecutivo. Cosa che, di contro, non va per niente giù a Zingaretti, che, di fatto, ha già dovuto subire l’imposizione del “non-voto”.

Renzi vuole consentire la nascita del governo giallo-rosso, controllarlo da fuori, senza avere ruoli di responsabilità, per tenersi le mani libere di staccare la spina quando vuole,SE NON SI IMBOCCA LA STRADA DELLE RIFORME INDISPENSABILI PER L’ITALIA,E PER IL BENE DEL ITALIA

Ma il vero nodo di tutta la trattativa ruota attorno a Renzi. Lo schema del senatore fiorentino è chiaro: consentire la nascita del governo giallo-rosso, controllarlo da fuori con una sorta di appoggio esterno garantito dai “suoi” parlamentari, senza avere ruoli di responsabilità, per tenersi le mani libere di staccare la spina quando vuole.SE NON SI IMBOCCA LA STRADA DELLE RIFORME INDISPENSABILI PER L’ITALIA,E PER IL BENE DEL ITALIA

Non è un mistero, l’ha candidamente spiegato lui stesso, che, tra l’altro, continua a proporre la suggestione del governo istituzionale, cosa ben diversa dal governo di legislatura di cui ha parlato, per primo, Goffredo Bettini.

Questa posizione di Renzi è vista con estremo scetticismo sia dal Pd zingarettiano, che teme siano tutti calcoli politici per darsi il giusto tempo per portare a compimento la tanto paventata scissione, sia il Movimento 5 Stelle, che dell’ex premier non si fida a prescindere. Bisogna quindi trovare il modo di blindare l’accordo.

E qui entra in gioco il Quirinale. Il presidente Sergio Mattarella, con estrema discrezione ma decisa caparbietà, sta valutando nel dettaglio i termini di una possibile intesa Pd-M5s. Il Capo dello Stato è categorico: se nuovo governo deve essere, che sia di ampio respiro. No ad accordicchi per prolungare l’agonia di una legislatura cominciata con il piede sbagliato, che potrebbe terminare anche peggio. Se non si arriva a un risultato soddisfacente, allora meglio il voto.

Mettere in sicurezza il governo dai possibili attacchi renziani. Questo è il problema principale in questo momento

Mettere in sicurezza il governo dai possibili attacchi renziani, dunque. Questo è il problema principale in questo momento. Zingaretti vorrebbe che lo stesso Renzi – o esponenti di primo piano legati a lui, come Maria Elena Boschi – entrassero a far parte dell’esecutivo, per togliere loro il confortevole status di appoggio esterno. Ma come possono i Cinque Stelle accettare un governo di cui faccia parte Renzi, a maggior ragione se dovessero accettare il sacrificio di Di Maio?

La soluzione, ancora una volta, passa per il Colle. E la strada potrebbe essere quella indicata da Romano Prodi (e già evocata da alcuni esponenti dem di primo piano come Graziano Delrio). Un “accordo dettagliatissimo”, alla tedesca. Non un feticcio dell’inconsistente contratto di governo stipulato da Salvini e Di Maio, ma un’intesa strutturata e studiata in ogni sua sfumatura, frutto di una seria trattativa tra partiti, da sottoporre alla propria base parlamentare ed elettorale. Un vero e proprio libro mastro del governo, da seguire alla lettera per togliere alibi a chi minaccia la vita dell’esecutivo, di cui il supremo garante sia proprio il presidente Mattarella. E che si ponga come orizzonte minimo il 2022, anno in cui il Parlamento sarà chiamato a eleggere il nuovo presidente della Repubblica.

Pd e Cinque Stelle hanno lo stesso problema: Renziultima modifica: 2019-08-20T09:12:50+02:00da bezzifer
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