ILVA: Conte promette una soluzione.

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I soldi dei Riva per accelerare le bonifiche Ilva. E Fincantieri teme il blocco della produzione.Conte promette una soluzione. Pronto un fondo per gestire i licenziamenti. Salvini: no alla nazionalizzazione.

E’ un sol coro: Mittal deve tornare al tavolo. Da Luigi Di Maio al neocommissario europeo Paolo Gentiloni, dal numero due del Tesoro Antonio Misiani all’opposizione. «Quella di Taranto è una sfida che il Paese deve vincere tutto insieme», fa sapere Giuseppe Conte. Facile a dirsi, difficile a farsi. Il signore indiano dell’acciaio è stufo dei tira e molla del governo sullo scudo penale sui reati ambientali, delle lamentele degli amministratori locali, delle incertezze giuridiche dettate dalle prescrizioni della magistratura. Ma a dispetto delle apparenze la corda che tiene in vita gli ex stabilimenti Ilva di Taranto non si è ancora spezzata. A Palazzo Chigi e al Tesoro studiano tutte le soluzioni partendo da un presupposto: l’intervento diretto dello Stato nel capitale dell’azienda va considerata solo come l’ultima spiaggia. Due le ragioni: non risolverebbe i problemi di Taranto e allungherebbe i tempi. «Chi li mette i soldi? Chi paga?» attacca Matteo Salvini.

La strada maestra resta un compromesso che eviti il blocco della produzione, acceleri gli investimenti per l’ammodernamento degli impianti e le bonifiche ambientali. A questo sarà dedicato un fondo rimasto inutilizzato o quasi: il miliardo e trecento milioni sequestrato dalla magistratura ai vecchi proprietari – la famiglia Riva – e nella disponibilità della gestione commissariale, tuttora presente come affittuaria degli indiani. Fonti coinvolte nel dossier spiegano che l’accelerazione sull’uso di questi fondi sarà una delle contropartite sul tavolo della trattativa la prossima settimana. Altro punto delicato è il futuro dell’altoforno numero due di Taranto, quello che la magistratura potrebbe imporre di chiudere entro la fine dell’anno. Quell’area ha caratteristiche simili agli altoforni uno e quattro, e poiché i restanti due – il tre e il cinque – sono già fermi per ragioni ambientali, gli indiani chiedono garanzie precise. Il terzo elemento della trattativa sarà l’impegno del governo per finanziare l’inevitabile riduzione degli occupati. Ecco perché il sottosegretario di Palazzo Chigi Mario Turco parla già di un «fondo pluriennale per il sostegno ai lavoratori».

Del resto se la priorità del governo è quella di puntellare Arcelor Mittal – e in subordine di togliergli alibi – fra le grandi imprese cominciano ad affiorare preoccupazioni sull’approvvigionamento di acciaio sul mercato interno. Nel caso in cui Taranto dovesse flettere drasticamente o azzerare la produzione sarebbe un disastro per tutti i suoi clienti. L’allarme è stato lanciato in queste ore presso ambienti governativi da Fincantieri, uno dei più grandi produttori di navi al mondo. Ovviamente i concorrenti interni di Arcelor pensano a come approfittarne per allargare le proprie quote di mercato: questa è l’ambizione degli indiani di Jindal, presenti con un impianto a Piombino. Nell’ultimo incontro con il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, il numero uno Sajjan Jindal ha detto chiaro e tondo di non avere alcuna ambizione di co-gestire l’ex Ilva di Taranto, ma al contrario «di sviluppare tutti gli investimenti previsti negli accordi precedenti per l’impianto di Piombino».

Se per il momento il governo non coltiva l’idea di una cordata alternativa, è pur vero che alcuni giorni fa Di Maio ha parlato di Taranto con le autorità cinesi. Durante i colloqui a Shanghai – quando ancora il caso ex Ilva non era esploso – le sue parole sono passate inosservate: «C’è grande interesse su Taranto, ci è stato manifestato e porterà ad alcune iniziative sugli investimenti». Sempre che quegli interessi non passino prima dalla Manica, dove è in svendita un altro colosso siderurgico in crisi: British Steel.

ILVA: Conte promette una soluzione.ultima modifica: 2019-11-10T17:54:18+01:00da bezzifer
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