Abbiamo un’autostrada! E L’amarezza ironica di Luciano Benetton: “Fin dal primo istante volevano l’esproprio”

DiE L’amarezza di Luciano Benetton: “Fin dal primo istante volevano l’esproprio”

“Mai mi sarei aspettato certi termini e certi toni pubblici dal premier Conte e da alcuni suoi ministri””Non mi sorprendono gli interessati attacchi politici di persone senza qualità. Mi indigna la sistematica opera di demonizzazione del nome della nostra famiglia, promossa dai vertici dello Stato. Mai mi sarei aspettato certi termini e certi toni pubblici dal premier Conte e da alcuni suoi ministri”. Al termine della lunga notte dell’accordo su Autostrade, vissuto “come il tentativo di un esproprio fin dal primo istante”, Luciano Benetton si sfoga.

Abbiamo un’autostrada!

Intanto non è proprio così vero. Poi pensate all’opinione che abbiamo di quello che è pubblico, dai trasporti alla scuola. L’enfasi del Governo diventa accanimento contro gli interessi privati, pilastro su cui si regge la società.

Allora, abbiamo un’autostrada? È proprio così, lo dicono tutti. Roba nostra. Lo dice il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli: torna agli italiani ciò che era sempre stato loro. Lo Stato sarà il primo azionista di Autostrade, ha detto Luigi Di Maio. L’enfatico fra gli enfatici (che sarebbe questo Paese senza l’enfasi, si chiedeva settimane fa un saggio utente di Twitter) è l’avvocato del popolo, Giuseppe Conte: hanno vinto i cittadini, avremo tariffe più eque e trasparenti, più efficienza, più controlli, più sicurezza.

Ora qui il nostro compiacimento di titolari di un’autostrada si incrina leggermente. Non è proprio una regola aurea che quanto è statale, cioè nostro, sia automaticamente più equo, trasparente, efficiente eccetera. In genere, al contrario, pensiamo di avere la scuola pubblica peggiore d’Europa, i trasporti pubblici peggiori del mondo e l’amministrazione pubblica peggiore della Via Lattea. E tuttavia, fiduciosi, stavolta avremo Autostrade pubbliche che in confronto quelle bavaresi saranno derubricabili a carrugi.

Poi, senza voler rovinare la festa a nessuno, c’è qualche altro dubbio, qui e là. Uno l’ha sollevato in un’intervista su HuffPost l’ex ministro Giovanni Tria: può essere che qualche investitore straniero cominci a nutrire qualche ritrosia nel portare aziende e lavoro in Italia, dove un Governo, con la complessità filosofica e i modi parigini di un Tex Willer, e noncurante delle ripercussioni di Borsa, si butta alla rissa con l’azionariato di un’azienda quotata, con partecipazioni da tutto il mondo (toh, la globalizzazione) e migliaia di dipendenti.

Stamane, nella fregola del vincitore, l’avvocato del popolo brindava alla vittoria su “un grumo di interessi privati”. Probabilmente piacerà molto l’idea del braccio nerboruto della comunità che schiaccia l’avido privato, questo eterno Scrooge, il padrone sfruttatore e così via. Ma tocca segnalare all’esuberante avvocato del popolo che questo Paese, e questo Continente, e l’Occidente interno, e ormai tutto il pianeta si reggono sull’iniziativa privata, sulla produzione di beni, la creazione di posti di lavoro, tutto quanto sfocia in tasse con le quali il privato finanzia il pubblico. Naturalmente sono sofisticherie dette sottovoce, e sovrastate dallo scoppio e dalle luci dei fuochi d’artificio.

(Perdonate l’intermezzo, ma ci eravamo dimenticati la premessa e oggi senza premesse non si va da nessuna parte: per quanto ci riguarda, i Benetton possono tornare a tessere maglioncini verde pisello, ma non è il sistema con cui un Governo non venezuelano – altra citazione di Tria – risolve le questioni con l’impresa privata, soprattutto in assenza di accertamenti di colpevolezza).

Non si insisterà sul giubileo europeo alla notizia dello Stato che si compra le Autostrade mentre chiede quattrini per affrontare il disastro dei conti, di molto peggiorato da Covid. Qui è più interessante porci di nuovo la domanda: allora, abbiamo un’autostrada?

Da quello che s’è capito, Cassa depositi e prestiti si prenderà (a tre miliardi, perlomeno, secondo le prime valutazioni) il 33 per cento di Autostrade. I tre miliardi verranno dai depositi postali, cioè denaro risparmiato da alcuni italiani. Si tratta di soldi pubblici, ma non di soldi dello Stato. Ne verrà fuori una public company (non un’azienda pubblica), cioè ad azionariato diffuso con Cdp come socio di maggioranza. Cdp è controllata all’83% dal Tesoro, ma non basta per sostenere che Autostrade diventerà pubblica. Diciamo così: se la sono comprata gli italiani (un certo numero), ma non è degli italiani. Meraviglioso, vero?

Allora, abbiamo un’autostrada? No.

Chiediamo scusa per l’irriverenza. Che la festa continui.

 

Abbiamo un’autostrada! E L’amarezza ironica di Luciano Benetton: “Fin dal primo istante volevano l’esproprio”ultima modifica: 2020-07-16T11:45:08+02:00da bezzifer
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