Rom e migranti: Salvini bluffa, ma è l’unico con una strategia (e ci sta fregando tutti) No, non si possono fermare gli sbarchi, né smettere di salvare vite nel Mediterraneo. E non si possono nemmeno schedare i rom. Salvini lo sa benissimo, ma è tutto funzionale al suo vero obiettivo: andare a Palazzo Chigi tra un anno.
Sono bluff, dicevamo, ma siamo certi che Salvini continuerà a giocare questo gioco.Continuerà perché nel farlo guadagna consenso, innanzitutto. Non è un caso che dopo la querelle sulla nave Aquarius e la minaccia di chiudere i porti il suo gradimento sia schizzato alle stelle, con la Lega che oggi è accreditata del 29,5%, mezzo punto sopra il Movimento Cinque Stelle. E non dubitiamo che lo stesso accadrà dopo l’attacco ai Rom. A differenza di quasi tutti i suoi colleghi, Salvini conosce benissimo gli umori del Paese, e non si vergogna a ergersi a rappresentante delle istanze più xenofobe e securitarie, quelle che nessun altro rappresenterebbe mai.
Salvini sa benissimo che siamo alla vigilia di un terremoto politico che devasterà l’Unione Europea tra poco meno di un anno, quando si apriranno le urne delle elezioni europee del 28 maggio 2019. Lì si vedrà lo spostamento a destra di un intero continente e l’emersione di una nuova categoria politica: quella dell’estrema destra di governo
In secondo luogo perché sa benissimo, pure, che saranno altri a non concedergli di fare quel che vuole – Di Maio, Conte, Mattarella, l’Unione Europea, la Costituzione – e che potrà ergersi, ed ergere chi rappresenta, a vittima di alleati pavidi e di poteri forti che ci etero dirigono. Fino a che, ovviamente, non sarà lui al governo. In questo modo, il leader leghista, interpreta benissimo il ruolo di junior partner di governo. Non piccolo e acquiescente Alfano di turno, prono ai voleri del leader dell’azionista di maggioranza della coalizione. Non frondista alla Gianfranco Fini – o alla Roberto Fico – portavoce di malumori rispetto alla linea del Capo. Al contrario, fedele alleato, ma interprete oltranzista di una retorica e di un’agenda politica ancora più radicale, da realizzare al prossimo giro.
Terzo motivo, Salvini sa benissimo che siamo alla vigilia di un cambiamento epocale in Europa. La caduta di Rajoy, le difficoltà di Merkel, lo stesso exploit di Lega e Cinque Stelle del 4 marzo non sono che le prime scosse telluriche del terremoto politico che devasterà l’Unione Europea tra poco meno di un anno, quando si apriranno le urne delle elezioni europee del 28 maggio 2019. Lì si vedrà plasticamente che l’Europa fondata sui partiti popolari e sulle socialdemocrazie così come le conoscevamo non esiste più. Soprattutto, si vedrà ancor più chiaramente, lo spostamento a destra di un intero continente e l’emersione continentale di una nuova categoria politica, quella dell’estrema destra di governo.
In quel momento, se le cose andranno come sembra siano destinate ad andare, non è fantapolitica immaginare che una Lega che entra nel gruppo dei Popolari Europei dominato culturalmente dagli Orban, dai Sebastian Kurtz e dai Seehofer. E, perché no?, una coalizione nero-azzurra – popolari, più destre estreme – alla guida della Commissione. A quel punto, Salvini – sospinto dall’inerzia politica e dal vento a favore – potrebbe con tutta tranquillità esercitare ancora di più il suo potere di ricatto sui Cinque Stelle. O addirittura, potrebbe passare all’incasso pilotando una crisi di governo e riportando il Paese al voto, con l’obiettivo di accasarsi a Palazzo Chigi.
Fantapolitica? No, semplice strategia. Quella che Salvini possiede, e sa seguire, e che manca clamorosamente a tutti gli altri. Quella che gli consente di dominare la scena politica attuale senza alcun freno. Nonostante i bluff, nonostante le sparate, nonostante tutto.