Per dirla come Nenni: a fare a gara a fare i puri, troverai sempre uno più puro che ti epura.

Le fake news sono il “Quinto potere” che ha vinto sul giornalismo.

In questi giorni, a seguito di due presunte inchieste giornalistiche pubblicate da due testate statunitensi, BuzzFeed e il New York Times, il dibattito sulle fake news ha assunto toni piuttosto surreali. Molto si è detto e molto si è scritto a proposito della ricerca di Andrea Stroppa. Oltre all’ordinaria bagarre politica, occorrerebbe però fare una riflessione più profonda, che a mio modesto avviso passa per tre domande: perché questa improvvisa attenzione dei governi occidentali verso le fake news? Com’è cambiata, nel tempo, la fisionomia degli opinion leader? E perché sempre più persone si cimentano nella progettazione di piattaforme o siti web per veicolare notizie false?

 Intanto facciamo una premessa. Secondo le tesi di BuzzFeed e del New York Times, in Italia ci sarebbero diversi siti gestiti da utenti autonomi che, diffondendo fake news, rischiano di condizionare gli esiti della prossima campagna elettorale. Bene. Dove sarebbe il reato o lo scandalo? I processi di influenza e condizionamento in una tornata elettorale sono da sempre molteplici, sussistono specifici fattori che contribuiscono all’orientamento del voto di un cittadino: una promessa elettorale, la straordinaria performance televisiva di un candidato, l’opinione di uno o più commentatori di fama internazionale all’interno di un talk show; il passaparola, gli stakeholder, le notizie dei giornali, i sondaggi. E sono solo alcuni esempi, che servono a certificare il carattere imprevedibile di una campagna poiché, specie in politica, le variabili che incidono sull’asse del consenso sono in quantificabili. Nessuna di queste, singolarmente, è in grado di cambiare le sorti del Paese.

Premessa fatta, partiamo dalla prima domanda: perché le cancellerie occidentali, con Washington in prima linea, hanno cominciato ad interessarsi in modo cosi insistente al fenomeno delle fake news? Di base c’è la teoria, mai verificata, di un’influenza di Mosca nella campagna elettorale Usa che ha visto l’elezione del presidente Donald Trump. Dunque un’ingerenza dei russi – o almeno questa è l’accusa – nei confronti del processo elettorale statunitense. È una vecchia storia che conosciamo sufficientemente, e che rievoca umori e contraddizioni di una Guerra Fredda mai conclusa. L’eterno duopolio dei due blocchi, quello occidentale e quello orientale, tornati a scontrarsi di recente sui dossier in capo alla regione mediorientale (coma la Siria, l’Egitto e le primavere arabe), nonché su un principio, quello della sicurezza nazionale, messo in discussione dalla minaccia nordcoreana e dall’escalation di attacchi terroristici in Europa.In questo senso, la prima valutazione da fare è di natura storica: fin quando a diffondere fake news erano gli Stati, e quindi entità riconosciute giuridicamente come tali, il problema della post-verità non si è mai posto. Penso all’invasione dell’Iraq nel 2003, alla bufala sulle armi di distruzione di massa di Saddam e alle scuse di Colin Powell. Ora che la fonte non è riconosciuta, ora che – nell’era orwelliana in cui viviamo – ognuno può improvvisarsi opinion leader, i governi iniziano a reagire. E qui veniamo alla seconda considerazione, che riguarda proprio il carattere degli opinion leader: come sono cambiati con l’avvento del web e dei social network? La letteratura sociologica ci offre uno spunto interessante da cui partire. Secondo Lazarsfeld, Berelson e Gaudet il messaggio prodotto dai media (primo livello del flusso di comunicazione) veniva “filtrato” dai rapporti interpersonali che si instauravano tra gli individui e dunque rimandato a un secondo livello, per poi arrivare a un terzo e a un quarto. Questo, tuttavia, implicava che l’individuo fosse un passivo ricevitore. Con i social il paradigma comunicativo si è invertito, l’opinion leader è diventato un utente attivo riuscendo a rendersi indipendente dai media generalisti. Alla luce di tutto ciò, quando BuzzFeed e il Nyt alludono all’ipotesi di un condizionamento di una campagna elettorale, stanno semplicemente scoprendo l’acqua calda. È qualcosa che accade dai tempi di Pericle. Arriviamo infine alla terza domanda, vale a dire il perché sempre più utenti in rete concorrono a diventare produttori diretti di informazione, con tutti i rischi del caso, è evidente. Strumenti come Facebook e Twitter ovviamente inducono a un tale comportamento, in fondo è un modo per raccontare e per raccontarsi, il che assorbe il senso narcisistico, individualista ed esclusivista dell’essere umano in sé. Ma perché questa frenetica rincorsa alla progettazione di piattaforme o siti web per veicolare notizie false? Perché un qualsiasi internauta sceglie di chiudersi nel suo stanzino, davanti ad un pc, per proporre al mondo la sua versione dei fatti, le sue idee, le sue convinzioni? La distanza tra i media generalisti e l’opinione pubblica è ormai lampante. Il caso Brexit, così quanto l’elezione dello stesso Trump e il referendum costituzionale in Italia hanno dimostrato che il meccanismo di orientamento della massa prescinde dagli editoriali in prima pagina o dalle previsioni di qualche ente demoscopico. Il mondo si sta muovendo in un’altra direzione. E giornali, tg, talk, l’informazione nel suo complesso, vengono percepiti non più come un mezzo di contrasto al potere della politica, bensì come apparato. Da mero strumento nelle mani dell’establisment a tassello fondamentale del puzzle sociale. Ebbene, forse quel che si sta verificando è solo una controversa forma di resistenza dei “nuovi lettori”, un altro sintomo di un malessere diffuso verso i media che, di fatto, superando lo stato embrionale si è già materializzato in un “Quinto potere”.

Possiamo far finta di non guardare, possiamo provare a combatterlo, ma la verità è che tutto questo è il segno evidente della prima grande sconfitta del giornalismo sul terreno della verità. Laddove qualcuno fallisce, c’è sempre qualcun altro pronto a prendere il suo posto. Per dirla come Nenni: a fare a gara a fare i puri, troverai sempre uno più puro che ti epura.

Nel frattempo un piccolo individuo come me,che vuol fare sapere il su punto di vista dopo essersi documentato ti bloccano non ti permettono di postare sui Social network e questa la chiamano democrazia.Siamo a posto AUGURI ITALIA.

Per dirla come Nenni: a fare a gara a fare i puri, troverai sempre uno più puro che ti epura.ultima modifica: 2017-12-01T10:40:52+01:00da bezzifer
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