Rieccoli! “Piazze piene, urne vuote”. Nelle migliori tradizioni staliniste si ripropone l’identificazione Partito-sindacato sperando di arrivare alla loro formula ideologica: Stato-Partito-sindacato. Con il 6,1%. Il vero trionfo della cinghia di trasmissione con il parassitismo delle rappresentanze intermedie. Un bel tuffo nel……..passato.

Ed ecco il nuovo partitino “Liberi e eguali” o “Confusi e diversi” io consiglierei “Liberi e belli”

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E cosi nasce un nuovo partitino, di una sinistra “piccola piccola”. Che ha l’ambizione di diventare “Grande Grande”. Non è una straordinaria novità. Ma contiene alcune caratteristiche inedite, rispetto alle nascenti sinistre del passato. La prima di queste novità è di natura istituzionale. Il dubbio ha origine dal particolare non insignificante che il fondatore si chiama Pietro Grasso, lo stesso nome e cognome del Presidente del Senato Italiano, seconda carica dello Stato. Quello che secondo una Costituzione, che sembra sempre più lasciata nel fragile dimenticatoio della mente umana, dovrebbe temporaneamente ricoprire il ruolo del numero “Uno”, se venisse afflitto da una modesta influenza con febbre a trentasette e due. Ma non si tratta di un caso di omonimia. Quel Pietro Grasso è proprio lui, che preso dall’entusiasmo per il nuovo progetto, architettato da D’Alema e da Bersani, ha dimenticato di appiccicare il francobollo a una lettera di dimissioni dalla seconda carica dello Stato. Per poter più liberamente assumere quella di primo segretario del partitino nascente. Che viene alla luce con un nome strano: “Liberi e eguali”. Nomignolo che significherebbe, per la buonanima di Umberto Eco, “annullamento dell’individuo, e appiattimento generale”. Ma sembrerebbe invece inventato da quello che ha la mucca in corridoio. Questione di gusti: c’è chi si azzarda a desiderare la Belen, e chi invece si accontenta della mucca Carolina. Fra i malati di mente queste sfumature sono tra l’altro molto apprezzate. Ma non basta. “Liberi e eguali” con oggi diventa, secondo l’opinione dei fondatori, il Partito del Lavoro. L’altro nome “Confusi e diversi” andrebbe bene solo se si trattasse di quello dei disoccupati, o meglio degli esodati, distrattamente inventati a tavola da Monti e dalla Camusso. Che all’epoca pranzavano insieme, senza tener conto di quella pletora di poveracci che stavano uccidendo, senza paga e senza pensione, tra una amatriciana e una porzione di porchetta. Anche, per offrire ai nascituri un personale contributo, io suggerirei un “Liberi e belli”, recuperando il manifesto pubblicitario di un vecchio shampoo per signora. Ma la presenza di Vendola nella compagine lo sconsiglia. Diciamo subito che definire la nuova accozzaglia ”il partito del lavoro” è un errore madornale. Partito e Sindacato non devono mai aver alcun legame sistematico, perché amministrano poteri e interessi spesso tra loro contrastanti. Con la manovra di accorpamento delle due differenti entità si tenta soltanto di racimolare qualche voto in più nel mondo del lavoro. E questa non è una mossa edificante, perché deve essere sempre chiaro ai nascituri che una cosa è sgobbare otto ore su un tornio, e una cosa avere una diversa idea politica, quando a fine turno esci dalla fabbrica. Sono, questi appena enunciati, i principi fondamentali sui quali dal dopoguerra in avanti abbiamo ascoltato i pareri illuminati di grandi politici. E perfino di grandi sindacalisti, di cui l’odierno panorama è penosamente deserto. A noi, malpensanti, resta solo una piccola curiosità: nel nascente schieramento è presente quel maledetto virus del separatismo individuale? Tanto diffuso nelle piccole formazioni di estrema sinistra, sempre pronte a dividersi al primo confronto in mille piccoli rivoli, del tutto impotenti di fronte alle grandi sfide che il Paese, anche grazie ai loro capricci, è ogni giorno costretto ad affrontare? E non dimentichiamo che in quei frangenti il Paese siamo proprio noi, coinvolti uno per uno. Fatta eccezione per qualche alto magistrato, desideroso di aggiungere, alla già ricchissima pensione, un supplemento spettante a coloro che, anche nella fase di noviziato, si impegnano in politica, conquistando una nuova poltrona.

Rieccoli! “Piazze piene, urne vuote”. Nelle migliori tradizioni staliniste si ripropone l’identificazione Partito-sindacato sperando di arrivare alla loro formula ideologica: Stato-Partito-sindacato. Con il 6,1%. Il vero trionfo della cinghia di trasmissione con il parassitismo delle rappresentanze intermedie. Un bel tuffo nel……..passato.ultima modifica: 2017-12-03T09:54:11+01:00da bezzifer
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