NOMINE UE, ITALIA SENZA SPERANZE In passato abbiamo fatto en plein con 3 delle 5 maggiori cariche. Oggi siamo isolati e ininfluenti.

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Le discussioni nel nostro paese sulle prossime nomine di alcuni dirigenti europei e sul contributo del nostro paese a queste decisioni hanno spesso un carattere surreale. Grazie anche ad una televisione di servizio pubblico che ha palesemente abdicato al suo ruolo, circolano informazioni errate, considerazioni infondate e conclusioni del tutto sbagliate.

Un primo aspetto che colpisce è l’illusione che la direzione delle politiche europee dipenda essenzialmente da chi sarà scelto per occupare le poltrone più importanti. Le persone nelle posizioni di responsabilità hanno sicuramente una certa influenza, ma le decisioni sono prese con l’accordo della maggioranza dei paesi, se non all’unanimità. In ogni caso, le decisioni sono prese sulla base di procedure e criteri codificati nel diritto europeo. Le decisioni prese dalle istituzioni europee possono essere impugnate di fronte alla Corte di Giustizia che a volte le ha dichiarate illegittime. A livello europeo esiste uno stato di diritto abbastanza sviluppato.

La nazionalità delle persone scelte può essere fonte di legittimo orgoglio per i paesi di provenienza, ma non ha un’influenza determinante sulle scelte politiche. La Banca centrale europea negli ultimi anni ha sostenuto la crescita dell’eurozona attraverso una politica monetaria molto accomodante che ha anche fatto ricorso a misure che non erano mai state utilizzate nel passato. Mario Draghi ha contribuito a questa politica della BCE non perché italiano, ma perché persona convinta che sia compito della banca centrale sostenere la crescita senza mettere in pericolo la stabilità dei prezzi in situazioni come quella che abbiamo appena conosciuto.

E sicuramente anche vero che la sua esperienza dell’economia italiana deve averlo reso cosciente dei problemi che si verificano in paesi con tassi di crescita anemici. Ognuno si porta dietro un bagaglio culturale che deriva dalle situazioni che ha conosciuto. Ma le cose non vanno al di là di questo. Nessun dirigente europeo si azzarderebbe (o potrebbe) prendere decisioni ingiustificate a favore del suo paese. Se lo facesse subirebbe una perdita di credibilità personale che ridurrebbe fortemente i suoi margini di azione.

Mario Draghi, per rimanere nel campo dell’azione della Banca centrale europea, ha fatto un lavoro eccellente. Ma non si deve dimenticare che ha potuto pronunciare la sua famosa frase sull’azione della BCE a favore dell’euro (“The ECB will do whatever it takes to save the euro“) solo perché qualche giorno prima c’erano stati gli accordi politici sul futuro della zona euro raggiunti nel Consiglio europeo del 29 giugno 2012; accordi ai quali un contributo molto importante era venuto dal nostro presidente del Consiglio dei Ministri, Mario Monti. E in ogni caso, tutte le decisioni che hanno messo in pratica la volontà annunciata di salvare l’euro sono state prese con l’accordo della maggioranza del consiglio della BCE. Senza questo accordo, Mario Draghi non avrebbe potuto fare nulla.

L’idea falsa che le future politiche europee dipendano da alcune persone chiave è anche contraddetta da altri fatti oggettivi che la vulgata italiana, soprattutto quella dei sostenitori del governo attuale, sembra ignorare. Secondo questa opinione – confermata in maniera sempre più brutale dalla escalation delle dichiarazioni giornaliere di Matteo Salvini – l’Unione europea avrebbe preso negli ultimi anni molte decisioni dannose per il nostro paese. Eppure in questi anni l’Italia ha occupato ben tre delle cinque posizioni chiave identificate dai nostri telegiornali (presidenza del Parlamento europeo, del Consiglio europeo, della Commissione europea, della Banca centrale europea e Alto responsabile per la politica estera). Per una serie di coincidenze e fattori spesso non riconducibili all’azione dei nostri governi, l’Italia ha realizzato un “en plein” unico nella storia degli ultimi decenni del processo di integrazione europea. Come si riconcilierebbero per i partigiani di questa visione originale delle cose le presunte politiche “anti-italiane” con una maggioranza assoluta di italiani nelle posizioni chiave, tre posti su cinque?

La RAI, forse seguendo i suggerimenti governativi, parla di un presunto ruolo attivo nel nostro governo nei negoziati per le posizioni chiave. Ma non è così. La situazione al Parlamento europeo è cambiata con le ultime elezioni. I democristiani (PPE) e i democratici e socialisti (PSE) assieme non hanno più la maggioranza assoluta. Per raggiungerla devono fare accordi con i liberali o i verdi o entrambi questi gruppi. Il gioco non è quindi più tra due gruppi politici, ma tra tre o forse anche quattro gruppi. Ma i due partiti che formano il nostro governo non fanno parte di questi gruppi, fanno parte del quinto e del settimo gruppo parlamentare che hanno ognuno meno o molto meno del dieci per cento del totale dei parlamentari europei; sono gruppi marginali ed ininfluenti. Quasi tutti i primi ministri e capi di stato che partecipano al Consiglio europeo di oggi 20 giugno sono arrivati a Bruxelles il giorno prima o almeno varie ore prima del vertice. Devono partecipare ad incontri bilaterali e a riunioni dei loro gruppi politici. Non è così per Giuseppe Conte che arriverà appena in tempo per l’inizio del vertice europeo.

I telegiornali RAI parlano anche di un presunto obiettivo politico del nostro governo nei negoziati in corso: l’ottenimento di un importante portafoglio economico nella Commissione europea. Ma questo vertice serve per raggiungere un accordo sulle cinque importanti posizioni appena ricordate. L’attribuzione dei portafogli ai vari commissari sarà decisa dal presidente della Commissione europea nei prossimi mesi, quando – dopo essere stato scelto e aver avuto l’approvazione del Parlamento europeo – comincerà a formare la sua squadra.

Ma si parla tanto della necessità di evitare in tutti i campi i “conflitti di interessi”. Sarebbe opportuno che il presidente della Commissione attribuisca il portafoglio degli affari economici e finanziari ad un commissario italiano? Non lo metterebbe in una situazione molto difficile?

Come ho ricordato, la presenza di tre italiani tra le cinque posizioni europee più importanti è un fatto eccezionale. Francesi e tedeschi, che sicuramente in Europa contano qualcosa, non hanno al momento nessuna di queste posizioni (come non le hanno la Gran Bretagna o la Spagna). La matematica è semplice: se ci sono cinque posizioni da ricoprire e 27 paesi è chiaro che anche nel migliore dei casi 22 paesi non potranno averne una. Vista la realtà dei numeri e l’isolamento attuale del nostro governo è quasi sicuro che l’Italia non avrà nessuna di queste posizioni.  

In ogni caso, per avere una di queste posizioni bisogna disporre di candidati di valore che siano apprezzati. Mario Draghi non è stato nominato alla BCE per l’opera abile dei nostri governi passati. Questi avranno sicuramento cercato di svolgere un’azione diplomatica di sostegno alla sua candidatura, ma la scelta di Mario Draghi è stata dovuta al suo prestigio personale (e anche al ritiro inaspettato del candidato tedesco Axel Weber). Al momento, l’Italia non dispone di candidature per queste posizioni che possano riscuotere un largo appoggio. Ci sarebbe certo quella di Enrico Letta per la presidenza del Consiglio europeo che è stata menzionata di nuovo nel corso dell’incontro tra alcuni primi ministri in rappresentanza dei tre gruppi parlamentari principali (democristiani, socialisti e liberali) organizzato qualche giorno fa dal primo ministro belga Charles Michel. Ma questa sarebbe sicuramente inaccettabile per il governo attuale (così come lo fu cinque anni fa per Matteo Renzi).

NOMINE UE, ITALIA SENZA SPERANZE In passato abbiamo fatto en plein con 3 delle 5 maggiori cariche. Oggi siamo isolati e ininfluenti.ultima modifica: 2019-06-21T10:09:10+02:00da bezzifer
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