Cosa resta del PRIMO Renzi-pensiero dalla prima all’ultima Leopolda

 

Nel 2010 l’allora sindaco di Firenze si presentò come rottamatore del Pd. Cosa è rimasto di quelle promesse? Cosa è stato realizzato e cosa accantonato? E com’è cambiata la narrazione del fiorentino? Il punto.

Dal 18 al 20 ottobre si tiene a Firenze la decima edizione della Leopolda, la kermesse ideata da Matteo Renzi per dare una “scossa” al Partito democratico e ora occasione per lanciare il nuovo partito Italia Viva. Ma in questi 10 anni, un’era geologica per la politica italiana, cosa è cambiato nello storytelling del fu rottamatore? E quali cavalli di battaglia sono stati realizzati?

LA CARTA DI FIRENZE DI RENZI & CIVATI

Andiamo per ordine. La prima Leopolda del 2010 si tenne quando al governo c’era ancora Silvio Berlusconi. Matteo Renzi, allora sindaco di Firenze, e Pippo Civati, ai tempi consigliere regionale lombardo, sul palco proposero la Carta di Firenze, programma di intenti per «cambiare il Paese». I punti furono enunciati da Renzi in una sorta di filastrocca: «Ci accomuna il bisogno di cambiare questo Paese, un Paese con metà parlamento, a metà prezzo. Che permetta le unioni civili, come nei Paesi civili; che preferisca la banda larga al ponte sullo Stretto; che dica no al consumo di suolo, e sì al diritto di suolo e di cittadinanza. Un Paese in cui si possa scaricare tutto, scaricare tutti; che renda il lavoro meno incerto, e il sussidio più certo. Che passi dall’immobile al mobile, contro le rendite, e che riduca il debito pubblico, la nostra pesante eredità. Vogliamo rispondere al cinismo con il civismo. Alla divisione con una visione».

DIMEZZARE IL PARLAMENTO: DAL FALLITO REFERENDUM AL TAGLIO GRILLINO

Se, alla luce della recente scissione che ha dato alla luce Italia viva, l’ultima strofa strappa inevitabilmente un sorriso, le altre presentano in nuce il Renzi-pensiero che ha caratterizzato la sua arrembante opposizione interna e anche la sua breve esperienza governativa. A iniziare dalla volontà di dimezzare il parlamento che, come sappiamo, si è infranta contro il muro del referendum del 2016.Oggi comunque Renzi si dice favorevole alla legge dei 5 stelle sul taglio degli onorevoli: «Italia Viva voterà in favore, ma non è la cosa che facevamo noi. Questa è robetta, è un tributo demagogico che comunque voteremo».

IL VIA LIBERA ALLE UNIONI CIVILI E LO STALLO SULLO IUS SOLI

E se proprio il suo governo riuscì a portare a casa le unioni civili (con il supporto di Ala, che diede il via al periodo della stampella verdiniana), dalla lista deve essere ancora depennata invece la legge sullo ius soli. Nel 2017 ci provò l’esecutivo Gentiloni, ma Angelino Alfano si mise di traverso (e Renzi bacchettò il governo in più occasioni). Più recentemente, intervistato dal Foglio, il senatore di Rignano è apparso invece attendista, consapevole dei mal di pancia tra i grillini: «Lo ius culturae? Se ci sono i numeri e Di Maio ci sta, facciamolo. Ma non trasformiamolo in un tormentone come è stato fatto dal governo nel 2017, con un tragico errore». Come se volesse essere il solo ad avere il potere di mettere in crisi l’alleanza giallorossa.

DAI PARTITI FUORI DALLA RAI ALLA RIFORMA DI VIALE MAZZINI

La Leopolda 2011 fu quella del Big Bang e delle «100 proposte per l’Italia» sul sito Wiki Pd, ormai smantellato da tempo. «Noi che vogliamo un servizio pubblico e non la Rai occupata dai partiti», disse Renzi. Quello stesso Renzi che, da Palazzo Chigi qualche anno più tardi (era il 2015), diede però vita a una delle riforme più contestate, accusata di aver asservito la Rai al governo mediante la trasformazione del direttore generale in amministratore delegato (nominato dal ministero dell’Economia) con totale libertà sulle nomine dei direttori delle reti e delle testate e sui contratti fino a 10 milioni e un cda non più eletto dalla Vigilanza ma in parte dall’assemblea dei dipendenti, in parte dal parlamento e in parte proprio da Palazzo Chigi.

IL SEME DEL JOBS ACT

Della Leopolda 2012 è sicuramente sopravvissuto lo slogan, «Viva l’Italia viva», recentemente recuperato dalla naftalina per dar nome alla nuova formazione politica di Renzi. La si ricorda tra le convention più elettorali, dato che cadde a una sola settimana dalle primarie del Pd (vinte da Pier Luigi Bersani). La presenza sul palco di Pietro Ichino impiantò l’embrione del venturo Jobs Act, di cui il giuslavorista democratico fu l’ideologo.

LA SFIDA A LETTA E IL BRACCIO DI FERRO CON L’UE

La Leopolda 2013 fu quantomai battagliera: Renzi bersagliò a più riprese il governo di Enrico Letta. «Se Letta dice di lavorare di fino, col cacciavite, io uso il caterpillar», disse il secondo Matteo della politica italiana a salire su una ruspa. Si svolse nuovamente alla vigilia delle primarie del Pd, primarie che Renzi, a questo giro, vinse. Vennero imbastiti 50 tavoli tematici ma la Leopolda 2013 si giocò soprattutto sui temi economici per pungolare l’esecutivo sulla Legge di bilancio: «Non è possibile che la spesa pubblica continui ad aumentare. Lo dico al mio collega Stefano Fassina, che è al governo, ed è anche consulente economico di Cuperlo», scandì Renzi.Un refrain, quello di mettere una museruola al debito, già ascoltato in tutte le edizioni passate della kermesse che venne poi sconfessato dallo stesso Matteo Renzi soltanto quattro anni dopo, nel suo libro Avanti, quando propose un patto quinquennale con Bruxelles per stare appena sotto la soglia del 3% del rapporto deficit-Pil imposta da Mastricht così da destinare 30 miliardi l’anno alla crescita. Ancora prima, da presidente del Consiglio, Renzi ingaggiò un duello con l’Europa chiedendo maggiore flessibilità per le spese sostenute dal Paese per il terremoto e l’accoglienza dei migranti (l’ultima manovra portò il rapporto al 2,4%).

LE PROTESTE DEI SINDACATI

La Leopolda 2014 fu la prima “di governo“. Matteo Renzi si era insediato a Palazzo Chigi da soli 8 mesi e già doveva vedersela con le proteste dei sindacati contro il Jobs Act. Fu dunque la prima convention fiorentina giocata in difesa anziché in attacco: «Nel 2014», scandì il neo premier parlando dello smantellamento delle tutele dell‘articolo 18, «aggrapparsi a una norma del 1970 che la sinistra di allora non votò è come prendere un iPhone e dire: “Dove metto il gettone del telefono?”». Fu anche la Leopolda nella quale si iniziò a intravedere l’ostilità di Renzi per l’Unione europea (la cui bandiera sparì dall’ufficio di Palazzo Chigi in cui Renzi organizzava i suoi #matteorisponde): «A Bruxelles c’è un atteggiamento, in parte voluto dagli italiani, secondo cui il problema dell’Europa è l’Italia, che l’Italia sia l’ultima ruota del carro. Cambierò questo atteggiamento». Una ostilità che resterà a lungo dorsale dello storytelling renziano: «Europa sì, ma non così».

RENZI ALLE PRESE CON LE MANCATE RIFORME

La canzone tormentone della Leopolda 2015, Go big or go home oggi risuona come un presagio sinistro. Fu un’altra kermesse giocata sulla difensiva, all’ombra dello scandalo di Banca Etruria. Dunque meno proposte ardite, meno promesse altisonanti. Soprattutto, fu la prima Leopolda nella quale chi si opponeva a Renzi iniziò a chiedergli conto della fine fatta dai buoni propositi contenuti nella Carta di Firenze e, quindi, quale fosse la reale consistenza di ciò che veniva annunciato annualmente da quel palco. La risposta aggiunge alla narrazione renziana un altro carattere distintivo che in quei mesi di governo divenne sempre più familiare: l’ostilità alla stampa. Ai presenti venne infatti fatto votare il «peggior titolo di giornale dell’anno» mentre sullo schermo venivano proiettati i faccioni di Nichi Vendola, Renato Brunetta, Susanna Camusso, Maurizio Landini accompagnati da sberleffi. La vera differenza, rispetto alle edizioni passate, era data dal fatto che a prenderli in giro non fosse più un gruppetto di “giovani” arrembanti, ma un intero gabinetto di governo, il primo dunque a essere responsabile delle mancate riforme.

QUEL MIRAGGIO DI MODIFICARE LA COSTITUZIONE

La Leopolda 2016, l’ultima governativa, fu invece monopolizzata dal referendum che si tenne di lì a pochi mesi. Qualcuno non a caso la ribattezzò «Leopolda per il Sì» (fuori si registrarono alcuni tafferugli con i sostenitori del “No”) anche perché su tutti i gadget venduti all’evento campeggiava la scritta: «Basta un Sì». I tavoli tematici comunque resistettero e vennero presieduti ciascuno da un ministro. Ma in generale si parlò della necessità di riformare la Costituzione del Paese. Un pensiero che oggi sopravvive, seppur flebilmente, nella narrazione renziana.

IL BONUS ALLE FAMIGLIE

La Leopolda 2017 fu al contempo sottotono, per via delle tante defezioni importanti. Non essendo più al governo, tornarono le proposte: si parlò della necessità di estendere gli 80 euro alle famiglie (un bonus voluto da Alternativa Popolare), di superare i superticket, di introdurre il servizio civile obbligatorio (una proposta che venne poi rilanciata da Matteo Salvini) e di legiferare sul biotestamento («La battaglia sui diritti la facciamo felici e a viso aperto»). La prima proposta è stata effettivamente ripresa nella campagna elettorale per il 4 marzo, quando Renzi propose «240 euro di detrazione Irpef mensile per i figli a carico fino a 18 anni e 80 euro per i figli fino a 26 anni». E oggi pare sulla via dell’istituzionalizzazione per volontà del Pd (ddl a firma Delrio) nella Legge di bilancio che il governo giallorosso si appresta a disegnare.

I COMITATI CIVICI NUCLEO DI ITALIA VIVA E IL NO AL M5S

La Leopolda 2018 infine è all’insegna del tema “Ritorno al Futuro”. Ma la vera novità è stata il lancio dei comitati civici che hanno messo sul chi vive il Pd. Da molti erano infatti visti come la prima mossa in vista della scissione (che si è consumata, infatti, nemmeno 13 mesi dopo). Soprattutto, è la Leopolda in cui si è ribadito il “no” ai 5 stelle: «Abbiamo detto di “no” non per i popcorn, ma perché pensiamo che la politica sia passione, ideali, valori, non poltrone. Personaggi di grande rilevanza volevano che ci trasformassimo in una sorta di piccoli alleati saggi del M5s». Com’è andata a finire è storia. Anzi, ritorno al futuro.

 

 

 

Cosa resta del PRIMO Renzi-pensiero dalla prima all’ultima Leopoldaultima modifica: 2019-10-18T11:54:27+02:00da bezzifer
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