MARATTIN! Il web sta finendo per manipolare le democrazie. La pacchia è finita dice Marattin e spiega la sua proposta di rendere obbligatoria la carta di identità sui social Ma sui social la proposta non convince tutti

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Internet ha compiuto 50 anni. E non abbiamo ancora capito cos’è. Lo confondiamo con il web, come se fossero sinonimi. Lo assimiliamo ai social, come se fosse tutto lì. E soprattutto non abbiamo idea di come funzioni.

Oggi un giovane deputato di ITALIA VIVA dal nome Marattin, molto digital e molto social, ispirato da un regista di cinema, anch’egli giovane e digital, su Twitter ha annunciato di essere al lavoro per una legge che obblighi chiunque apra un profilo social a dare la carta di identità. Perché? Perché, dice, il web è diventato una fogna. Ultimo esempio, gli insulti antisemiti alla senatrice Liliana Segre.

Andiamo con ordine. La proposta non ha senso sostengono chi e interessato allo status quo per due ragioni: la prima è che già oggi non esiste un vero anonimato sui social e in rete; quando navighiamo siamo identificati da un indirizzo IP, un acronimo che sta per Internet Protocol, che indica esattamente dove si trova il computer o il telefonino collegato alla rete quando mandiamo un messaggio. La polizia postale, se pensa che hai commesso un reato, ti trova subito. Va detto che è possibile navigare nascondendo l’IP, ovvero celando la propria identità, ma questo – ed è la seconda ragione – è un diritto umano sancito dalle Nazioni Unite per difendere la libera manifestazione del dissenso (si legga in proposito il rapporto dell’inviato speciale dell’Onu per la libertà di espressione del 2015). Sono le dittature a cancellare l’anonimato.

Se poi l’obiettivo della proposta è individuare e punire i duecento odiatori che ogni giorno offendono la senatrice a vita Liliana Segre, va detto che sono quasi tutte persone che non solo la polizia postale è in grado di individuare facilmente, ma che ci mettono la faccia dietro quegli insulti. Non si nascondono.

La verità è che, come ha detto la Segre, i razzisti non vanno solo puniti, ma andrebbero curati. Davvero vogliamo imporre a 30 milioni di italiani che usano i social di dare la carta di identità per colpa di 200 razzisti? Tra l’altro chi volesse insultare in maniera anonima potrebbe farlo usando un indirizzo IP estero per registrarsi ai social. Di che stiamo parlando? Del nulla.

Questo vuol dire che dobbiamo tenerci il web così com’è? No. Proprio oggi Tim Berners Lee, che 30 anni fa l’ha creato (il web, non Internet!), ha detto che il lavoro avviato un anno fa con esperti e appassionati per salvare il web dagli spacciatori di notizie false e odio, è al traguardo. Fra un mese sarà pubblicata la proposta finale: il contratto per il web. È questa la proposta che conta. Fatta da chi sa di che stiamo parlando. Il resto è fuffa.

Ed e per questo che! Il deputato di Italia Viva Marattin: “Il web sta finendo per manipolare le democrazie. La pacchia è finita”. Ma sui social la proposta non convince tutti

Luigi Marattin sta lavorando e integrando al lavoro avviato un anno fa con esperti e appassionati per salvare il web dagli spacciatori di notizie false e odio,e il traguardo e in fase finale. Fra un mese sarà pubblicata la proposta.

L’integrazione sta in una proposta di legge per rendere obbligatorio l’uso di un documento di identità per aprire un profilo sui social network. Lo ha annunciato lo stesso deputato di Italia Viva su Twitter, raccogliendo adesioni ma anche diverse critiche da parte degli esperti di Internet. “Il web poteva – e ancora può – essere una meravigliosa occasione per allargare e rafforzare le nostre democrazie, – dice Marattin “sta finendo invece per manipolarle, distorcerle e deteriorarne la qualità, e prima o poi anche la quantità, se continua così. Per cui è ora di dire: ‘La pacchia è finita’”.

“Stiamo pensando ad un sistema che obblighi – possibilmente tramite un meccanismo di certificazione esterna, in modo da non cedere dati personali ai social network, perlomeno più di quanto già non accada – chiunque apra un profilo social a farlo consegnando un valido e ufficiale documento di identità. Poi potrà assumere il nickname che vuole, per carità. Ma almeno è immediatamente e facilmente rintracciabile”, spiega Marattin. “In Parlamento”, continua il deputato, “ci sono già proposte di legge sull’argomento – Maran alla Camera, Pagano al Senato – siamo disposti a parlare con chiunque affinché questa sia una vera operazione trasversale. Così come serviranno i dovuti accordi con la Ue. Ma deve essere chiaro che la pacchia è finita”.  “La proposta sarà scritta lavorando “con i migliori esperti del settore”, continua.

 

Sui social la proposta ha sollevato diverse critiche. Il professore del Politecnico di Milano Stefano Zanero ha stigmatizzato la proposta bollandola come ‘inutile’: “Il cosiddetto “anonimato online” in realtà già non esiste: esiste lo pseudonimato, ovvero la possibilità di usare un nickname o un nome finto anziché quello vero”. Zanero ricorda che gli strumenti per individuare chi commette reati online ci sono già: “Chiunque usi un social network è rintracciabile, tranne che in casi particolari, sulla base del proprio IP (l’indirizzo che è un po’ come la nostra ‘carta di identità’ online, ndr). Ma tale indirizzo va chiesto mediante rogatoria”.

Una rogatoria internazionale che spesso è lunga e dispendiosa. Spesso le società hanno sede legale all’estero e ottenere quei dati non è semplice. A Un altro punto sollevato dai critici è che se qualcuno volesse, potrebbe insultare da un Paese straniero o semplicemente usare un indirizzo IP straniero. Insomma, si rischierebbe una stretta su chi già oggi rispetta le regole e non usa strumenti per nascondersi online. Mentre chi si nasconde per insultare, riuscirebbe comunque a farla franca, come ricorda su Twitter Evariste Galois, alias di Luigi Gubello, dove evidenzia un’altra possibile criticità: “Inoltre potrebbe essere un disincentivo per il turismo: connettersi ai social quando si viaggia ormai è un’abitudine, ma dover lasciare i propri documenti a un social network un po’ meno”. 

 Ma a chi critica la sua proposta Marattin replica: “Nessuna di quelle argomentazioni mi ha convinto. Il diritto all’anonimato – come ho spiegato – sarebbe comunque garantito; e riguardo l’aggirabilità pensiamo a una certificazione esterna che coniughi sicurezza e privacy”. 

MARATTIN! Il web sta finendo per manipolare le democrazie. La pacchia è finita dice Marattin e spiega la sua proposta di rendere obbligatoria la carta di identità sui social Ma sui social la proposta non convince tuttiultima modifica: 2019-10-30T17:45:42+01:00da bezzifer
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