Fate la pace o si vota
Una tale incapacità di sacrificare ciascuno un poco di se stessi per scongiurare un pericolo (e che pericolo!) esterno comune lascia esterrefatti: si è parlato spesso di gente che balla allegramente, mentre la nave affonda, qui siamo ben oltre: gente che fa a pugni mentre la nave …
“Fate pace o si vota” era il titolo principale su “La Repubblica” del 30 ottobre.
“I continui ultimatum logorano governo e PD. Se così meglio le urne” gli faceva eco il vice segretario del PD Andrea Orlando da “La Stampa”.
“Migranti e informazione. Tra PD e Di Maio è scontro a tutto campo”, su “La Stampa”.
In pratica il sonoro epilogo di un fallimento.
Quando Salvini ad agosto lanciò il proclama del Papeete: tutti i risultati elettorali ed i sondaggi mi danno primo partito voglio capitalizzare questo vantaggio con il voto, chiedo pieni poteri ed elezioni subito, le possibilità erano due: o consegnarli l’Italia immantinente o trovare un accordo di governo tra PD e 5Stelle.
Quando si è aggrappati ad uno scoglio e sottoposti ad un’alternativa secca: o bere o affogare, meglio bere.
Questo “bere” (fare un governo, scongiurare le elezioni) aveva però un senso a precise condizioni, per riassumerle in una parola sola, che trionfasse l’Armonia.
E’ di palmare evidenza che, se lo scopo era depotenziare Salvini, ridurlo al ruolo di bastian contrario rabbioso e inconcludente, mentre il governo viaggia spedito di comune accordo e fa le cose fino alla scadenza naturale, la condizione fondamentale doveva essere l’idillio tra i contraenti. Si spera che non si voglia criticare il governo sovranista per essere durato quindici mesi, quando tu ne duri cinque e non puoi prendertela con le sue divisioni interne, poiché tu fai a botte tutti i giorni.
Quindi signori, se continua così non arriviamo a Natale e consegniamo l’Italia al fascio-leghismo (detto anche in maniera più edulcorata “populismo” e/o “sovranismo”), garantito.
La cosa più sconcertante infatti è constatare questa noncuranza assoluta del rischio che sta correndo la nostra democrazia che con tre o quattro norme ad hoc adottate da un governo di destra potrebbe risvegliarsi un giorno trasformata in “democratura”.
E’ altrettanto evidente che l’unica possibilità di sfangarla consisteva appunto nel riuscire a governare “lisci come l’olio” e senza incrinature fino al 2023 ed eleggere noi il presidente della repubblica (scusate se è poco). Ma questo forse era, come quello rifiutato da De Gaulle di “eliminare tutti gli imbecilli”, un programma davvero troppo ambizioso.
Una tale incapacità di sacrificare ciascuno un poco di se stessi per scongiurare un pericolo (e che pericolo!) esterno comune lascia esterrefatti: si è parlato spesso di gente che balla allegramente, mentre la nave affonda, qui siamo ben oltre: gente che fa a pugni mentre la nave …
Sembra incredibile che in questa situazione emergano continuamente dalle cronache dell’azione di governo zuffe su ciò che divide e che, neanche con gli Unni ed i Visigoti alle porte, sia possibile formulare un pacchetto di misure su cui tutte le componenti del governo siano d’accordo. Deleterio litigare un giorno su “merendine” e l’altro sulla “cedolare secca” per poi lasciare tutto com’era prima: le buone notizie fanno poca notizia.
Invece di litigare ogni giorno, perché non parlate solo di quello su cui siete d’accordo e che riuscite a fare?
Si, lo so Salvini continuerebbe, per altri dieci anni, imperturbabile, a dire che sono stati aumentati i prezzi delle merendine e che è aumentata anche la cedolare secca, la menzogna è il suo mestiere, ma almeno non rendetelo credibile con i vostri litigi.
Innanzitutto bisognerebbe aver chiaro che molto spesso il bene della forza politica cui tu appartieni non coincide affatto con il bene dell’Italia, anche se, paradossalmente ogni politico è portato a credere che il proprio partito lo esprima a pieno.
Il più delle volte occorrerebbe capire che solo sacrificando un po’ della specificità di ciascuno sarebbe possibile avere la meglio sul nemico comune: si vince uniti e si perde divisi.
Ma forse questa incapacità di praticare l’ovvio è qualcosa che nasconde una debolezza strutturale, un vizio profondo, un limite invalicabile.
Quando una cosa apparentemente piana e facile si dimostra impossibile ed irrealizzabile vuol dire che c’è sotto qualcosa.
Che cosa?
Proviamo ad immaginare che il percorso che porta alla decisione politica abbia qualche analogia con la freudiana formazione dei sogni.
Il sogno ha sempre due contenuti uno “latente” e l’altro “manifesto”.
Lo psicoanalista analizzando il secondo dovrebbe spiegare il primo. Quest’ultimo esprime le vere, profonde motivazioni, i desideri reali, le vere aspirazioni del soggetto, che però spesso sono poco nobili o addirittura indicibili; per questo vengono rappresentate in maniera censurata e deformata nel sogno manifesto, che poi è quello che ci ricordiamo da svegli e che raccontiamo all’amico o allo psicoanalista o al pubblico.
Supponiamo poi che la forza che produce il contenuto latente del sogno (il formarsi della decisione politica nel nostro caso) non sia completamente in nostro possesso, che insomma, come diceva Freud: “L’io non è padrone in casa propria” e che si tratti di una “spinta cieca”, originaria e scarsamente controllabile (Schopenhauer la chiamava: “Volontà”, Nietzsche: “volontà di potenza”, Freud: “libido”). Una “spinta a dominare” (proverbio: ‘O cummannà è meglio d’ ‘o fottere) regolata dal “principio del piacere” piuttosto che da quello di “realtà”, anzi addirittura in grado di far credere che il piacere plasmi la realtà. Questa cieca “spinta a dominare” si esercita inesorabilmente a partire dall’uscio di casa propria contro chi ne sta fuori, contro chi è diverso, ma più vicino e poi via via verso chi è più lontano ed inoltre non si fa condizionare da considerazioni di realtà, opportunità, contingenza, priorità, altrimenti non sarebbe un istinto.
Quindi avremmo, anche in politica:
- a) duplicità nel discorso (latente e manifesto) e
- b) irresistibilità della pulsione.
Infatti, non è forse con riferimento alla politica, più che ad altre attività umane, che sembra a tutti naturale chiedersi di fronte ad un “discorso manifesto”, cosa mai “ci starà dietro”?
Facciamo qualche esempio:
-1974 Referendum sul divorzio. Fanfani alla carica. Scopo manifesto: difendere l’indissolubilità della famiglia, valori etc …; scopo latente: dare una batosta al P.C.I. servendosi come strumento occasionale del referendum sul divorzio. Non sempre i conti tornano.
-2014 Jobs Act. Scopo manifesto adeguare il mondo del lavoro ai tempi che cambiano. Scopo latente: sconfiggere quella parte di PD ancora legata strettamente al P.C.I.
-2017 Riforma della costituzione e Italicum. Scopo manifesto degli oppositori: tutelare il pluralismo, la rappresentanza, difendere la Costituzione. Scopo latente: sconfiggere Renzi.
-2019 Meglio votare se si deve continuare così (Orlando, Zingaretti). Scopo manifesto: coerenza, non si sta al governo per litigare e concludere poco. Scopo latente: mandare a casa i cinquanta parlamentari di Renzi