IL PD IN UN BARATRO DI MANETTE E INQUISIZIONE

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I politici soffrono di una strana malattia, il sondaggismo. Si pensa che il consenso immediato su una singola proposta qualifichi l’idea come giusta. Questo stile sdogana il populismo e uccide la politica.

Alla fine, come ampiamente prevedibile, il decreto sulle intercettazioni è divenuto legge.

Sulla natura di questo ennesimo provvedimento liberticida, con le norme sull’uso dei trojan a fare pessima mostra di sé, molto è stato detto e non pare il caso di aggiungere altro. Sui virus informatici si infligge l’ennesimo sfregio allo Stato di Diritto e non sarà neppure l’ultimo.

Ciò che, invece, mi pare ben meritevole di una sottolineatura è l’ennesimo passo del Partito Democratico verso un baratro fatto di manette e di inquisizione come plasticamente rappresentato, certamente oltre le sue medesime intenzioni, dalla dichiarazione di voto – a dir poco sconcertante – compiaciutamente svolta in aula dal deputato sipontino Michele Bordo, prontamente osannato dal suo gruppo parlamentare.

Sarebbe facile rivendicare a fronte di questo scempio percorsi politici, nel mio caso pure personali.

Così come sarebbe semplice stigmatizzare ironicamente il revirement di una sinistra che fino a tutti gli anni Sessanta coltivava una fiera diffidenza nei confronti di ogni inquisizione (Palmiro Togliatti andava dicendo che un giudice era ben più pericoloso di un generale) e che poi, di emergenza in emergenza, aveva finito per aderire definitivamente al canone di giustizia giustizialista con “Mani Pulite”, allorquando si era per la prima volta pensato che con gli avvisi di garanzia si potessero abbattere gli avversari politici.

Ma sarebbero questi esercizi entrambi poco utili, perché – al netto della pervicace speranza nell’ortopedia giudiziaria e nel fascino sempre subito dei magistrati con l’elmetto – la vera, profonda, ragione della deriva manettara del più grande partito della sinistra è oggi un’altra. La verità è che il Pd sembra avere ormai come unica ragion d’essere, perso ogni contatto con i ceti marginali della società, di farsi rappresentante del deep state, di quella parte del Paese che non vuole assolutamente cambiare, terrorizzata dalla perdita di inveterati privilegi.

Élites, non solo politiche, che si rifiutano di mettere mano alle riforme di sistema che necessitano. E così, per non toccare la Pubblica amministrazione, il sistema sanitario, quello universitario, le regole degli appalti, i meccanismi di selezione del ceto politico (con le inevitabili ricadute sulla scadente, scadentissima, qualificazione dei pubblici amministratori) si inseguono le fole di un Bonafede qualunque.

Spiace dirselo, ma il canone giustizialista che si è radicato a sinistra è solo la foglia di fico che copre le vergogne di una forza che si dice a parole progressista, ma che si è fatta, non da oggi, strumento di mera conservazione.

IL PD IN UN BARATRO DI MANETTE E INQUISIZIONEultima modifica: 2020-03-01T10:13:30+01:00da bezzifer
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