Archivio mensile:novembre 2018

Serviva la sincerità di un emigrato calabrese, la genuinità ruvida di un terrone fiero, la schiena dritta di un uomo vero, per mettere a tacere la spocchia irritante di Matteo Salvini. Quell’uomo si chiama Rino Gattuso e di mestiere fa l’allenatore del Milan.

È Rino Gattuso l’anti-Salvini. Sono un pacato tifoso milanista…da oggi in poi lo sarò ancora di più!

Serviva la sincerità di un emigrato calabrese, la genuinità ruvida di un terrone fiero, la schiena dritta di un uomo vero, per mettere a tacere la spocchia irritante di Matteo Salvini. Quell’uomo si chiama Rino Gattuso e di mestiere fa l’allenatore del Milan.

Possiede l’amore per la verità degli onesti, Ringhio, che sulla panchina della sua squadra di bambino è arrivato versando lacrime e sudore, rinunciando alle comodità di casa da giovanissimo, saggiando sulla propria pelle il razzismo di cui oggi Matteo Salvini è il megafono e il portabandiera.

E ieri da buon tuttologo, dopo essersi improvvisato cantante sulle note di Vasco Rossi al Maurizio Costanzo Show, il vicepremier ha detto la sua anche sul pareggio del Milan contro la Lazio. Ha sentenziato che Gattuso avrebbe dovuto fare per tempo delle sostituzioni perché i suoi giocatori erano stanchi, e così non avrebbe preso gol.

Non è il parere “tecnico” che ci interessa: in primis perché Salvini “tecnico” non è. Non è neanche lo sfogo del “tifoso” che ci importa, perché un “vero tifoso” con il ruolo e l’esposizione mediatica di Salvini eviterebbe di certo di mettere in difficoltà l’allenatore della propria squadra dando in pasto ai media le sue critiche.

Ciò che ci interessa è la reazione di Gattuso, stanco e stravolto per la fatica di una gara condotta da leone, alla sua maniera, ma capace di trovare in conferenza stampa la lucidità di pensiero di cui spesso difetta Salvini: “Gli dico di pensare alla politica, perché in Italia abbiamo problemi gravi. E se lui ha tempo di pensare al calcio siamo messi veramente male“.

Eccolo, il gladiatore che ha infiammato tante arene, il terrone che col duro lavoro si è issato sul tetto del mondo, portando in alto – lui sì – l’onore dell’Italia. Non c’è bisogno di fare casting, non servono lauree e master. All’arroganza e al populismo basta opporre un uomo del popolo.

Si chiama Rino Gattuso, è lui l’anti-Salvini.

Gattuso, «Salvini si lamenta del risultato? Pensi alla politica»

Gattuso santo subito! ERA ORA che qualcuno mettesse il bulletto Salvini al suo posto. Il ministro si occupi del suo ministero e non pontifichi con spocchia su questioni di cui sa poco e niente, come quegli italiani che la mattina al bar si inventano infallibili c.t. della nazionale.

GRANDE RINGHIO!

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Il problema non è che abbia uno staff pagato per occuparsi delle comunicazioni e della stampa, ci mancherebbe. Il problema è che lo utilizza per diffondere bufale, incitare all’odio e gettare fumo negli occhi di chi l’ha votato.

Quanto costa la propaganda social di Matteo Salvini?

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Per lo staff, fedelissimo al vicepremier, lo stipendio è molto generoso.

Che la comunicazione sia uno dei punti di forza del segretario della Lega, Matteo Salvini, non è di certo una novità. Ma che a finanziare il suo staff sia un ministero, questo sì. Secondo un’inchiesta pubblicata dal settimanale L’Espresso, la propaganda sui social non è pagata più dal leader del Carroccio, bensì dal dicastero e, dunque, dai cittadini.

La testata, fin da subito, ha chiarito che non si tratta di un’azione illecita, né illegale. Ma già nel primo giorno di insediamento del nuovo governo Conte – 1 giugno 2018 – Salvini ha firmato il decreto ministeriale per assumere la sua squadra, garantendo a ciascun membro stipendi di una certa rilevanza.

Chi lavora nello staff della comunicazione di Matteo Salvini e quanto guadagna

65mila euro è la busta paga di Luca Morisi, consigliere strategico della comunicazione di Salvini e tra i fondatori della “Sistema Intranet”, società che da anni gestisce le pagine social del ministro. Andrea Paganella, capo della segreteria del vicepremier, ogni anno incasserà 86mila euro.

Fabio Visconti, Andrea Zanelli e Daniele Bertana – membri del team social del leghista – sono stati assunti sempre a giugno e con uno stipendio di 41mila euro lordi all’anno. Stesso discorso per Leonardo Foa – figlio del presidente della Rai, Marcello Foa – che collabora con l’ufficio stampa.

In tutto, dunque, sono 314mila euro all’anno i soldi a carico dello Stato impiegati per retribuire lo staff social del ministro dell’Interno. 90mila, invece, vanno aggiunti alla cifra se si considera anche lo stipendio del capo ufficio stampa nonché biografo del vicepremier Salvini, Matteo Pandini. Secondo l’Espresso, è di circa mille euro al giorno la somma pagata “inconsapevolmente” da tutti i cittadini.

Preoccupante l’ondata di “benaltrismo” che leggo nei commenti.. Si tira in ballo il pd (manco avesse governato ininterrottamente dal dopoguerra) per giustificare la condotta dell’attuale governo del “cambiamento”

Parlate solo con frasi imparate a pappagallo! se non vi dicono cosa dire non siete in grado nemmeno di fare conversazione,siete patetici! Guardate i pezzi di carta invece di ripetere sempre le cose sciocche che il vostro dittatore vi mette in bocca.

Comunque. Io non voglio che le mie tasse servano a creare consenso al (non mio) governo e che paghino questa ininterrotta campagna elettorale. Come la Lega minacciava di non far pagare più le tasse al nord, così voglio fare io oggi! Le mie tasse devono servire per sanità pubblica, istruzione pubblica, ricerca.

Aggiugo! La Guardia Costiera è sotto scacco di Salvino e Giggino col suo carico di esseri umani. Intanto si vuole privatizzare Autostrade, le pensioni d’oro non saranno più ricalcolate in cambio di un contributo di solidarietà di 2000€, l’Ilva è diventata una vergognosa propaganda elettorale sulla pelle dei Tarantini, i No Vax ne sanno più dei medici e i no TAV e TAP ci portano verso un futuro distopico. Flat Tax, riforma delle pensioni e reddito di cittadinanza sono di là da venire . Ma in quale incubo stiamo vivendo senza riuscire a svegliarci? Ribellione verso questo governo che continua la sua campagna elettorale screditando e insultando chi non la pensa come loro. Non ricordo di aver mai provato un tale schifo e vergogna verso chi ci governa e che ci sta portando in un baratro.

Vi hanno fatto! Un bel lavaggio in testa.Dove sono finiti 49 milioni degli italiani chiedete a Salvini,nel 2008 votò a favore di autostrada per l’Italia altri 150000mila euro quelli che risultano per adesso,bel governo del cambiamento.Sveglia. COGLIONI.

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5 DOMANDE A DI MAIO? Vi ricordate quando Di Maio faceva 5 domande a Matteo Renzi? Oggi proviamo noi a fare 5 domande a Di Maio. Lasciaci un commento!Sono sicuro che gli attivisti del forum saranno capaci di fare tutti i distinguo del caso con gentilezza eleganza e sobrietà ..

 Risultati immagini per 5 DOMANDE A DI MAIO

Renzi e la Boschi infilza e incalzano Di Maio.

Il Renzi. Quando ho visto il servizio delle IENE sulla famiglia Di Maio mi sono imposto di non dire nulla. Di fare il signore, come sempre. Del resto non m’interessa sapere se il padre di Di Maio abbia dato lavoro in nero, evaso le tasse, condonato gli abusi edilizi.
Sono convinto che la presunta “onestà” dei Cinque Stelle sia una grande FakeNews, una bufala come dimostrano tante vicende personali, dall’evasore Beppe Grillo in giù. Ma sono anche convinto che le colpe dei padri non debbano ricadere sui figli e questo lo dico da sempre, a differenza di Di Maio che se ne è accorto adesso.
Ma qui, all’una di notte, non riesco a far finta di nulla.
Non ce la faccio.
Rivedo il fango gettato addosso a mio padre.
Rivedo la sua vita distrutta dalla campagna d’odio dei 5 Stelle e della Lega.
Rivedo mio padre che trova le scuse per non uscire di casa perché non vuole incrociare gli sguardi dopo che i media lo presentano come già colpevole.
Rivedo mio padre sul letto d’ospedale dopo l’operazione al cuore.
Rivedo mio padre che non si ferma all’Autogrill o resta in macchina per non essere riconosciuto.
Rivedo mio padre preoccupato per cosa diranno a scuola i compagni di classe dei nipoti.
Rivedo un uomo onesto schiacciato dall’aggressione social coordinata da professionisti del linciaggio mediatico.
Non basteranno i 145.000€ che Marco Travaglio e alcuni suoi colleghi dovranno pagare per aver diffamato mio padre: sta vendendo l’azienda, lo attendono anni di processi, decine di cause di risarcimento.
La vita di mio padre è cambiata, per sempre.
Non è un mio problema dunque sapere se il padre di Di Maio sia responsabile o no di lavori in nero, evasione fiscale, abusi edilizi. Non m’interessa davvero.
Sono però certo che Di Maio figlio sia il capo del partito che è il principale responsabile dello sdoganamento dell’odio. Hanno educato, stimolato e spronato a detestare chi provava sinceramente a fare qualcosa di utile. Hanno ucciso la civiltà del confronto. Hanno insegnato a odiare.
Non dobbiamo ripagarli con la stessa moneta. Ma prima di fare post contriti su Facebook chiedano almeno perdono alla mia famiglia per tutta la violenza verbale di questi anni. Se Di Maio vuole essere credibile nelle sue spiegazioni prima di tutto si scusi con mio padre e con le persone che ha contribuito a rovinare. Troverà il coraggio di farlo?

E IO CONDIVIDI IL POST PUBBLICATO SU FACEBOOK DA PAPA RENZI DICENDO: Chiedo cortesemente di non essere accostato a personaggi come il signor Antonio Di Maio. Io non ho mai avuto incidenti sul lavoro in azienda e se si fossero verificati mi sarei preoccupato di curare il ferito nel miglior ospedale, non di nascondere il problema. Non ho capannoni abusivi, non ho dipendenti in nero, non dichiaro 88€ di tasse. Aggiungo che sono agli antipodi dall’esperienza politica missina.
Ho preso l’impegno di vendere l’azienda e lasciare le mie attività: siamo in fase di verifica dell’interesse da parte di potenziali acquirenti e l’ultima cosa che voglio è vedere il mio nome accostato a personaggi che non conosco ma che da quel che vedo hanno un’idea di lavoro diametralmente opposta alla mia. E se avessi fatto io ciò che ha fatto il signor Di Maio, i Cinque Stelle avrebbero già chiesto sui social la reintroduzione della pena di morte.

La Boschi “Vorrei poter guardare in faccia Antonio Di Maio, padre di Luigi, ministro del lavoro nero e della disoccupazione, vorrei poterlo guardare negli occhi e dire: caro signor Di Maio, le auguro di non vivere mai quello che suo figlio e gli amici di suo figlio hanno fatto vivere a mio padre e alla mia famiglia“. Maria Elena Boschi si scaglia via social contro il vicepremier Luigi Di Maio rivolgendosi direttamente al padre, all’indomani del servizio delle ‘Iene’ in cui viene denunciato il presunto caso di lavoro nero nella sua azienda.

“Lei, signor Di Maio, è sotto riflettori per storie davvero brutte: lavoro nero, incidenti sul lavoro, sanatorie, e condoni edilizi”, spiega la deputata del Pd in un video postato sui suoi profili social, facendo poi riferimento a suo padre e alla vicenda di banca Etruria. “Mio padre è stato tirato in mezzo ad una vicenda più grande di lui per il cognome che porta – sottolinea Boschi – e trascinato nel fango per una campagna creata da suo figlioe dagli amici di suo figlio”.

“Le auguro di dormire sonni tranquilli, di non sapere mai cosa è il sentimento di odio scaricato addosso a me e ai mei, il fango dell’ingiustizia che ti può essere gettato addosso – sostiene la deputata dem – Il fango fa schifo, come la campagna di fake news su cui il M5s ha fondato il proprio consenso – attacca ancora Boschi -. Io continuo a fare politica solo per la mia nipotina, perché possa sapere che la sua è una famiglia di persone perbene. Le auguro di poter dire lo stesso della sua – conclude – anche se mi rendo conto che ogni giorno che passa per voi diventa sempre più difficile”.

NOI BUONISTI PIDDINI COME CI CHIAMATE VOI DELLA SETTA 5S. “Ricordo le parole sgradevoli, gli insulti urlati ovunque, il distillato di odio che i 5 stelle scatenarono contro il Pd, contro Matteo Renzi, contro Maria Elena Boschi, contro ciascuno di noi e di voi.
Un odio diffuso in modo virale e che raggiunse il suo apice, coinvolgendo i padri di Renzi e della Boschi.
Tra i più violenti, sicuramente Luigi Di Maio, le sue invettive giustizialiste finivano spesso condivise a milioni sui social e sempre in prima pagina sul Fatto Quotidiano.
Oggi non celebriamo alcuna vendetta, andatevi a leggere piuttosto il bellissimo post che ha scritto stanotte Matteo Renzi.
Noi siamo il Pd, siamo un’altra cosa, per fortuna completamente diversa.
Non chiederemo su questa vicenda le dimissioni di Di Maio (le chiederemo per i disastri che sta facendo al governo), non avvieremo una campagna di odio verso la famiglia di Di Maio.
Insomma non faremo quello che hanno fatto loro.
Ma oggi che sembra appurato che il partito degli onesti era una bufala, che molti amministratori 5 Stelle sono coinvolti in inchieste, che Luigi Di Maio stesso è coinvolto in questioni molto discutibili, una cosa ve la chiediamo: basta bufale, basta inganni, fermate la macchina del fango.
Date una chance alla civiltà, la stessa civiltà che avete ignorato per anni”.

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Gattuso come il “Che”, nuovo leader della sinistra sui social dopo la replica dura a Salvini

Gattuso come il “Che”, nuovo leader della sinistra sui social dopo la replica dura a Salvini

 

Gattuso come il "Che'', nuovo leader della sinistra sui social dopo la replica dura a Salvini

”Salvini si lamenta perché non ho fatto cambi? A Salvini dico di pensare alla politica perché con tutti i problemi che abbiamo nel nostro Paese, se il vicepremier parla di calcio significa che siamo messi male”. La replica dell’allenatore del Milan Rino Gattuso al vicepremier che si era lamentato delle mancate sostituzioni dopo il pareggio con la Lazio ha scatenato gli utenti di Twitter: hanno condiviso post e messaggi nei quali il tecnico rossonero viene acclamato come nuovo leader della sinistra.

Calcio, Gattuso risponde a Salvini: “Pensi a fare politica, in Italia ci sono problemi gravi”

“Salvini si lamenta perché non ho fatto cambi? Sentite, io non parlo di politica perché non capisco nulla. A Salvini dico di pensare alla politica perché con tutti i problemi che abbiamo nel nostro Paese, se il vicepremier parla di calcio significa che siamo messi male”. L’allenatore del Milan, Rino Gattuso, replica così al ministro dell’Interno e vicepremier Matteo Salvini, che al termine di Lazio-Milan, gara recuperata dai biancocelesti a tempo scaduto (è finita 1-1), si era lamentato con il tecnico rossonero perché non aveva fatto sostituzioni.

GRANDE RINGHIO.

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M5S, Renzi: «Le colpe padri non ricadono sui figli. L’onestà.onestà. Ora Travaglio che dirà dopo aver fatto il proocesso al padre di Renzi.va beh, ma allora il PD? D’altra parte si parla del padre; quando mai il M5S si è permesso di parlar male di Renzi per le disavventure del padre o di altri lontani parenti?

M5S, Renzi: «Le colpe padri non ricadono sui figli, ma Di Maio chieda scusa al mio» «Non m’interessa sapere se il padre di Di Maio abbia dato lavoro in nero, evaso le tasse, condonato gli abusi edilizi». «Ma rivedo il fango gettato addosso a mio padre» ORA RENZI VERRÀ ACCUSATO DI BUONISMO! SCOMMETTIAMO!

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Un operaio a Le Iene: “Ho lavorato in nero per il padre di Di Maio”, il vicepremier: “Verificherò”

L’ex segretario dei Pd, Matteo Renzi, che in passato ha visto suo padre coinvolto in vicende giudiziarie come nel caso del filone Consip (di recente, chiesta l’archiviazione), è intervenuto via social network sulla vicenda del padre di Luigi Di Maio, in cui si ipotizza lavoro nero nell’azienda di famiglia. «Quando ho visto il servizio delle Iene sulla famiglia Di Maio mi sono imposto di non dire nulla», ha scritto Matteo Renzi, «di fare il signore, come sempre. Del resto non m’interessa sapere se il padre di Di Maio abbia dato lavoro in nero, evaso le tasse, condonato gli abusi edilizi. Sono convinto che la presunta “onestà” dei Cinque Stelle sia una grande fakenews, una bufala come dimostrano tante vicende personali, dall’evasore Beppe Grillo in giù. Ma sono anche convinto che le colpe dei padri non debbano ricadere sui figli e questo lo dico da sempre, a differenza di Di Maio che se ne è accorto adesso. Ma qui, all’una di notte, non riesco a far finta di nulla. Non ce la faccio. Rivedo il fango gettato addosso a mio padre. Rivedo la sua vita distrutta dalla campagna d’odio dei 5 Stelle e della Lega».

Ma dalla SETTA COSA ARRIVA! Quindi la banda delle iene, al servizio di un piduista pluri evasore condannato, scopre che in italia esiste il lavoro in nero. Grandiosi. Io potrei per questo denunciare molti conoscenti, ma pure chi dovrebbe fare i ‘controlli’: qualche la iena viene ad intervistarmi?

SETTARI GRULLI! il fatto che il padre del capo della “Banda degli Honesti” faceva lavorare gli operai in nero (oltre a fare case abusive) è una notiziona…?Dalle parti del MoViMento SETTARO hanno starnazzato per mesi a proposito del padre di Renzi, quindi non mi sembra il caso di fare le verginelle quando torna indietro un po’ di “tolla” che hanno riversato a piene mani…Stando a quello che dice (e facendo finta che dica la verità, cosa sulla quale “dubito”), il vicepresidente del consiglio era all’oscuro di vivere in una casa in buona parte abusiva, e non sapeva che l’azienda di suo padre (7-8 dipendenti, mica la Fiat) faceva lavorare gli operai in nero…Come minimo andrebbe fatto dimettere per “fresconeria acclarata”.E vedo solo ipocrisia visti i precedenti. Mi ricorda il famoso discorso di Craxi in tribunale.

Comunque! Non so se sia vero lo valuteranno le indagini e francamente spero che non lo sia anche se ci credo poco visto il tipico contesto del Sud. Ma il problema grave è che quando occorreva prendersela con il padre di Renzi, indipendentemente se fosse vero o meno, gli sciacalli del M5S ci si sono buttati a capofitto. Colpevole a prescindere semplicemente perché era il padre di Renzi, l’odiato. Ora che tocca al padre di gigetto dimail l’ineffabile che nulla mai sa, tutti zitti e a pecorella per non parlare. Ecco perché il M5S é una setta. Una setta di ignoranti al servizio della Casaleggio & Grillo Associati SpA.

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Tutti da Zagrebelsky al Annunziata,Landini,Giannini & C,oggi parlano prendendo le distanze daI 5stelle e DiMaio (capendone ora tutte le stronxate che porteranno alla rovina il Paese)….dimenticando il lungo inciucio con i grillini per affossare il Governo Renzi che lavorava per recuperare l’Italia da una lunga CRISI.

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“Non so se,se ne rendono conto questi (sindacalisti giornalisti, giuristi, populisti, costituzionalisti) hanno scelto di fargli la guerra, perseguendo un loro personale tornaconto oppure servire qualche padrone che aveva da temere dalle riforme messe in cantiere da Renzi! Su tutti sicuramente dovranno rispondere di questa responsabilità i “sinistri” del PD. Ma pare che questi cinici e incoscienti demolitori ancora oggi continuino con più ostinazione che mai a osteggiare qualunque progetto di ammodernamento del partito e adeguamento ai tempi nuovi! Fanno invocazioni all’unità, ma pare che il loro obiettivo non sia una grande sinistra attrezzata per il governo del paese, quanto piuttosto una piccola sinistra che continui a fare quello che è stato il suo mestiere nel secolo scorso: stare all’opposizione”. Io ci aggiungerei: stare all’opposizione dopo aver sistemato i loro parenti e amici.

NON SI RENDONO CONTO DEI danni prodotti nel paese e nel PD in particolare, dalla guerra condotta contro Matteo Renzi, sono davvero incalcolabili. Un giorno si scriverà la storia di questi anni scorsi e le responsabilità, che al momento vengono negate o gelosamente nascoste, verranno fuori in tutta evidenza, e allora molti, se saranno ancora viventi, dovranno nascondersi, se ancora non hanno trovato il coraggio di chiedere scusa al paese. Magari il politico Renzi ha potuto apparire antipatico a qualcuno o aver commesso degli errori prestando il fianco a critiche e disapprovazioni da parte degli oppositori, ma il paese con il suo governo stava ritrovando orgoglio e soprattutto la strada per una risalita economica. Non so se se ne rendono conto quanti (giornalisti, giuristi, populisti, costituzionalisti) hanno scelto di fargli la guerra, perseguendo un loro personale tornaconto oppure servire qualche padrone che aveva da temere dalle riforme messe in cantiere da Renzi! Su tutti sicuramente dovranno rispondere di questa responsabilità i “sinistri” del PD. Ma pare che questi cinici e incoscienti demolitori ancora oggi continuino con più ostinazione che mai a osteggiare qualunque progetto di ammodernamento del partito e adeguamento ai tempi nuovi! Fanno invocazioni all’unità, ma pare che il loro obiettivo non sia una grande sinistra attrezzata per il governo del paese, quanto piuttosto una piccola sinistra che continui a fare quello che è stato il suo mestiere nel secolo scorso: stare all’opposizione. Manca il coraggio di un approccio nuovo e un nuovo progetto di governo per un mondo in rapida evoluzione da cui rischiamo di rimanere travolti e superati. Intanto non è solo Renzi che paga i torti di un governo dissennato, ma tutti noi cittadini. In secondo luogo, ho accennato a possibili errori di Renzi, collocandomi nell’ottica dei suoi avversari, ma sia chiaro che personalmente non ho assolutamente niente da rimproverargli, anzi lo ritengo, oltre che politico intelligente e coerente, anche una persona talmente per bene che fa da contrappeso alla cialtroneria, alla falsità e alla odiosità di quanti lo osteggiano.

E ALLORA ORA SERVE UNA RIFLESSIONE SUL CONGRESSO DEL PD
Matteo Renzi ha già vinto, almeno sul piano politico e morale, il Congresso del Pd.
Vi domanderete: come fai a dirlo? Il congresso è appena agli inizi? Deve ancora svolgersi? Eppure io penso che sia così. Il Congresso si apre con sette candidati alla segreteria. Una cosa mai vista. Almeno per quello che io ricordo nella mia lunga storia di militanza, con qualche ruolo, dal PCI al Pd.

Sette candidati, dunque. Questo che significa? Che convivono nel Pd sette linee politiche diverse e in conflitto tra di loro? Se è così il Pd non è un partito, non è un progetto politico e programmatico. Non è e non sarà una forza unitaria in grado di prospettare una piattaforma alternativa, riformista, liberale ed europeista all’attuale governo gialloverde. È un assemblaggio confuso di posizioni e progetti in conflitto tra di loro che lo porteranno sempre di più, come nella peggiore tradizione della sinistra italiana, verso una balcanizzazione del dibattito interno. A rotture e lacerazioni. Dopo quella, già avvenuta, di Bersani, D’Alema, ecc.. Un partito, quindi, ingovernabile, incapace di definire un progetto unitario e forte, adeguato a fronteggiare la crisi drammatica che l’Italia sta vivendo.
Ma c’è una seconda lettura. Persino peggiore di quella già esposta. Che il Pd sia un’accozzaglia di piccole correnti, guidate da capetti, animate soltanto da logiche di posizionamento interno, dalla ricerca di posizioni di potere, dalla occupazione di un misero potere personale. Dalle poltrone, insomma. Meglio sarebbe dire di qualche strapuntino, come è ampiamente dimostrato dalla disponibilità di taluni di ricercare una impossibile e distruttiva alleanza con il M5S, da cui tutto ci divide.
Se questa seconda ipotesi fosse quella reale, potremmo già oggi prevedere un partito governato da capetti e da correnti, quotidianamente impegnati nella spartizione di poltrone, nella ricerca di una prospettiva politica funzionale a se stessi piuttosto che al Paese.
Non mi interessa, in questo momento, dire quale delle due ipotesi considero quella più credibile e reale.
Quello che mi interessa mettere in evidenza è che nelle modalità di avvio e svolgimento del Congresso affondano le ragioni della sconfitta del Pd in una fare storica in cui, attraverso Renzi, ha espresso il meglio del riformismo italiano oggi possibile.
Renzi andava “abbattuto”, il progetto, soprattutto quello della grande riforma costituzionale, andava sconfitto. Se avesse prevalso, ci sarebbe stata la vera rottamazione e il vero cambiamento dell’Italia.
Molti sarebbero apparsi come residuati bellici, rottami di una storia che fu.
Renzi è stato combattuto per far sopravvivere il vecchio. Per continuare nel vecchio tran tran delle correnti, dei capetti senza arte né parte. In ragione di ciò si è preferito “regalare” l’Italia alla peggiore destra che la nostra storia ricordi dopo il Fascismo.
Ecco, il Congresso Pd dimostra, qualora ve ne fosse stato bisogno, che Renzi aveva ragione. La sua era una grande scommessa, una prospettiva che guardava al futuro e all’Italia.
In questo senso, il Congresso che sta per svolgersi, rappresenta il migliore riconoscimento della vittoria politica e morale di un leader vero, che, pur con i suoi difetti ed errori (anche lui è un umano), avrebbe potuto e potrebbe ancora, cambiare il nostro Paese.
Fa bene, dunque, Renzi a tenersi lontano dal teatrino di un Congresso penoso, che non dice niente a me e, credo, a molti altri. Più se ne sta lontano e più emerge la sua statura incommensurabilmente diversa dagli attori che lo stanno deprimendo.
In questo quadro c’è solo un candidato che può rappresentare un elemento di continuità con il progetto di cambiamento, momentaneamente sconfitto, di Renzi.
Si tratta di Marco Minniti, che naturalmente aspettiamo alla prova dei fatti. Marco non è un capocorrente, non ha mai partecipato ai giochini correntizi interni al Pd, è una persona leale e schietta, ma soprattutto è un uomo dello Stato. Un servitore dello Stato. È Marco Minniti persino quando dice: “Non sono renziano”. Noi non vogliamo un renziano, anche se io, come sapete, lo sono sin nel midollo. Noi vogliamo uomini veri. Che non debbano “apparire” simpatici, ma che siano al servizio del loro Paese, che abbiano un progetto riformista, che siano rispettati per la loro intelligenza, cultura e capacità, che pratichino la politica in senso alto e non per andare dietro ad un piatto di lenticchie. Uomini, insomma, politici veri, uomini di Stato e non buffoni di corte.

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SALVINI! La trattativa è altrove. Ed è appena cominciata.Altro che decimali

SALVINI! Altro che decimali, altro che Juncker: la vera trattativa del governo è con Mario Draghi (ed è molto più dura)

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Salvini apre a una diminuzione del 2,4% di deficit, ma non basta: perché quella italiana non è una questione di regolette e parametri con Bruxelles: in gioco c’è la tenuta finanziaria dello Stato. Ecco perché la vera trattativa è quella, informale e riservata, con Francoforte.

Se i numeri sono quelli che girano, altro che decimali. Lo diciamo per chi crede che ormai sia fatta, che l’apertura di Salvini alla trattativa con l’Unione Europea – 4 miliardi di spese in meno ritardando reddito di cittadinanza sino ad aprile, portando il deficit al 2,2% – sia il preludio a una stretta di mano. Così fosse, sarebbe una vittoria politica di Lega e Cinque Stelle, enorme: potrebbero comunque dire di aver sfidato l’Europa e di averla costretta ad accettare un disavanzo superiore al 2%, quando l’asticella invalicabile, fino a poche settimane fa, era l’1,6%, al massimo. Non solo: Quota 100 e reddito di cittadinanza arriverebbero a due mesi scarsi dalle europee, in piena campagna elettorale, un po’ come gli ottanta euro di Renzi, nel 2014. Sappiamo come finì allora.

Il problema, semmai, è che molto difficile finisca così. Il motivo è molto semplice: perché dovete dimenticarvi i numeri che leggete sui giornali. In qualunque dei report che girano nel mondo finanziario, soprattutto in quelli riservati, la crescita dell’Italia per il prossimo anno è stimata allo 0,9%, addirittura allo 0,8% del Pil, in ogni caso ben al di sotto dell’1,5% stimato dal governo. Primo, perché si stima che il contributo alla crescita dei provvedimenti adottati dal governo Conte sarà molto più esiguo rispetto alle previsioni dell’esecutivoSecondo, perché è in arrivo un rallentamento complessivo dell’economia globale che obbliga a rivedere al ribasso ogni previsione. Il risultato? Secondo ogni centro studi del pianeta, il deficit italiano finirà per superare, e non di poco, il 3% di deficit rispetto al Pil.

 È da Draghi che arrivano le spinte a cambiare radicalmente la manovra del cambiamento. E non è un caso che siano Tria, Giorgetti e Savona, gli unici tre che nel governo hanno un filo diretto col presidente della Bce, quelli che più si sono esposti per cambiare tutto, alla luce delle mutate condizioni di scenario

Cosa significa? Semplice: che la trattativa di questi giorni non ha alcun senso. Che il debito aumenterà anche con 4 miliardi di spesa in meno. Che con ogni probabilità, anche se Salvini e Di Maio ammorbidiranno le loro posizioni, il deficit italiano sfonderà il muro del 3%. A quel punto il problema non sarebbe più della Commissione Europea, ma nostro: chi li compra i titoli di Stato di un Paese che non cresce e che aumenta il proprio disavanzo? La risposta è nell’asta semi deserta dell’ultimo collocamento del Btp Italia: nessuno, a questi tassi d’interesse, nonostante lo spread a 300.

Dovessimo continuare su questa china, altro che reddito di cittadinanza e quota 100 in piena campagna elettorale: sarebbe una corsa contro il tempo per evitare una tassa patrimoniale, o un prelievo notturno dai conti correnti prima delle elezioni europee per pagare gli stipendi della pubblica amministrazione o gli interessi sul debito, pari a circa 60 miliardi di euro, più o meno quel che spendiamo ogni anno nella pubblica istruzione. Ecco perché tra i banchi del governo e della maggioranza girano rassicurazioni sull’America dell’amico Trump che avrebbe assicurato di intervenire per salvare l’alleato italiano – lasciamo a voi immaginare come, a che prezzo e cosa ci sia di sovranista in tutto questo. Ed ecco perché più che alla trattativa e alle cene con Bruxelles bisogna tendere l’orecchio alle comunicazione informali con l’Eurotower di Francoforte, dove ha sede la Banca Centrale Europea guidata da Mario Draghi. Che si occupa di stabilità finanziaria, ricordiamolo, non di regolette e parametri da rispettare.

È da lì che arrivano le spinte a cambiare radicalmente la manovra del cambiamento. E non è un caso che siano Tria, Giorgetti e Savona, gli unici tre che nel governo hanno un filo diretto col presidente della Bce, quelli che più si sono esposti per cambiare tutto, alla luce delle mutate condizioni di scenario. Restano da convincere Salvini e Di Maio, certo, che si sono troppo esposti in queste settimane per permettersi passi indietro e a cui Juncker, per interposto Giuseppe Conte, ha chiesto solo di abbassare i toni e di evitare proclami, nei prossimi mesi. La trattativa è altrove. Ed è appena cominciata.

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L’Europa.Sfidarla apertamente significa andare a cercarsi una risposta dura e ricompattare tutti gli altri Stati contro il “nemico comune”. È successo a Londra, e stiamo vedendo con che esiti, speriamo non succeda a Roma.

Brexit, l’Europa è più forte della Gran Bretagna, e pure dei sovranisti all’amatriciana.Gli stati membri dell’Unione Europea hanno dato prova di compattezza nel gestire la Brexit. A quanto pare la UE è in grado di fare fronte alle spinte centrifughe, vengano dalla Gran Bretagna, dai sovranismi dell’Est. E anche dall’Italia.

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“Oggi è un giorno triste” (Juncker), “Una situazione in cui perdiamo tutti” (Tusk), “Sono triste e sollevata che abbiamo raggiunto questo accordo” (Merkel), “Restiamo amici” (ancora Tusk). Ci manca giusto “non sei tu, sono io” e il repertorio dei cliché di quando si viene lasciati sarebbe completo. Ma nella Brexit, perché di questo stiamo parlando, paradossalmente il ruolo di colei che lascia spetterebbe alla Gran Bretagna e quello del lasciato alla Ue. Come mai allora a giudicare dai commenti – incluso il “io non sono triste, è il momento di andare avanti” di Theresa May, parafrasi del più celebre “sto benissimo, ho più tempo per me” – sembra l’esatto contrario? Forse il motivo è che questa famigerata Brexit si è trasformata nel corso degli ultimi due anni in una vittoria per l’Unione europea e in una semi-catastrofe per Londra.

I 27 Stati membri dell’Unione hanno infatti dato una insperata prova di compattezza nel gestire il lungo addio della Gran Bretagna e hanno potuto toccare con mano la forza della propria solidità, specie nel confronto col diviso, litigioso e pieno di dubbi Regno Unito. L’erede dell’Impero britannico esce infatti con le ossa rotte dalla trattativa: i conservatori hanno prima perso il loro golden boy, David Cameron, poi sono quasi riusciti a pareggiare delle elezioni anticipate che avevano convocato per rafforzarsi, poi si sono divisi tra falchi e colombe sull’ipotesi di accordo con la Ue con una raffica di dimissioni di ministri e sottosegretari, e ora nei sondaggi sono dati sotto ai laburisti.

I 27 Stati membri dell’Unione hanno infatti dato una insperata prova di compattezza nel gestire il lungo addio della Gran Bretagna e hanno potuto toccare con mano la forza della propria solidità, specie nel confronto col diviso, litigioso e pieno di dubbi Regno Unito

Ma anche al di là delle vicende di un pur storico e fondamentale partito, il Regno sembra meno Unito che mai come Stato e come Nazione. Non solo la Scozia scalcia di fronte all’ipotesi della Brexit, contro cui ha votato al momento del referendum, ma anche Galles (che pure ha votato in maggioranza “leave”) e Nord Irlanda non fanno mistero dei propri mal di pancia. In particolare l’Irlanda del Nord rischia di essere un problema per la May: i suoi alleati di governo, i nazionalisti nordirlandesi del Dup, minacciano di non votare l’accordo per la Brexit mediato dalla premier, e i loro numeri sono fondamentali in Parlamento.

Questo accordo è infatti una Caporetto per i falchi della Brexit nonché per il Dup, visto che non solo tiene di fatto il Regno Unito ancorato per un tempo potenzialmente indefinito alle regole e alle decisioni europee, e gli impone di pagare un assegno generoso alla Ue, ma di fatto – per garantire che non venga spaccata in due l’Irlanda – rischia di separare l’Ulster dal resto della Gran Bretagna. Ciliegina sulla torta: tutto questa impalcatura pericolante che chiamiamo “accordo sulla Brexit” rischia ancora di crollare all’ultimo minuto. Il governo May potrebbe cadere, l’accordo con la Ue potrebbe essere bocciato, addirittura potrebbe servire un nuovo referendum per confermare l’esito dello scorso del 2016.

L’Unione Europea sarà anche debole nel confronto con gli Usa o con la Cina, ma è molto più forte dei suoi singoli Stati membri, per quanto questi possano essere grandi, popolosi ed economicamente sviluppati

Che la Ue si sia, almeno per certi versi, rafforzata lo si vede anche da un altro dossier, che stavolta ci vede seduti in prima fila: quello dello scontro, interno all’Eurozona, tra l’Italia e tutti gli altri. Il “governo del cambiamento” pensava di aprire la Ue come una scatoletta di tonno, battere – stavolta per davvero – i pugni sul tavolo strappando chissà quali concessioni, e invece sembra che otterrà meno flessibilità dei governi precedenti, farà probabilmente subire al Paese una salata procedura d’infrazione e in generale con le proprie dichiarazioni roboanti su Ue ed euro pare sia riuscito a causare una tale instabilità economica (spread e dintorni) da rendere già oggi inattuali le stime e le previsioni di crescita inserite nella bozza della “manovra del popolo”. Ecco che allora anche tra gli italici sovranisti sembra che inizino a serpeggiare dubbi, ripensamenti, rimorsi, ipotesi di parziali (ma quanto parziali?) marce indietro. Forse non siamo too big to fail, troppo grandi per essere lasciati andare in malora. Forse non avremo la sponda di altri governi. Forse abbiamo sbagliato i nostri calcoli. Pare lo abbia detto Savona, pare lo pensino sempre più persone anche all’interno del governo.

Che nell’Eurogruppo sia finita 18 contro 1 infatti non è un mistero, con l’Italia isolata, abbandonata anche da quei governi “amici” come quello ungherese di Orbàn e quello austriaco di Kurz, con anzi quest’ultimo a fare la parte del cane da guardia dell’austerità. E il sogno di un ribaltone in seno all’Unione Europea con le prossime elezioni di maggio 2019 pare dai sondaggi destinato a rimanere appunto un sogno: sì, i populisti-sovranisti guadagneranno qualche seggio, ma il pallino delle decisioni europee dovrebbe restare nelle mani di popolari, socialisti e liberali. Esattamente come adesso. Ecco allora che forse sarebbe meglio correre ai ripari e imparare la dura lezione che ci viene da oltre Manica. L’Unione Europea sarà anche debole nel confronto con gli Usa o con la Cina, ma è molto più forte dei suoi singoli Stati membri, per quanto questi possano essere grandi, popolosi ed economicamente sviluppati. Sfidarla apertamente significa andare a cercarsi una risposta dura e ricompattare tutti gli altri Stati contro il “nemico comune”. È successo a Londra, e stiamo vedendo con che esiti, speriamo non succeda a Roma.

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Caro Romano gli Inglesi trattavano… i politici Italiani attuali RICATTANO. E i mercati ne profittano mangiandoci i nostri risparmi.

Romano Prodi: “L’Italia stia attenta ai mercati, serve saggezza” L’ex presidente del Consiglio a 1/2 h in più: “I governi precedenti trattavano con l’Ue, questo minaccia. Le primarie Pd? Prima di decidere se votare aspetto i programmi”

Romano Prodi

Per Prodi governare è studiare i problemi e poi trovare le politiche adatte per risolverli e l’abci della politica governativa sociale e finanziaria..Non credo che il duo Salvini-Di Maio facciano così,anzi è visibile a tutti che prima fanno propaganda,poi fanno finta di studiare i problemi,poi riprendono la propaganda facendo passare per vittima un potere forte quale è il governo.La cosa funziona come consenso ma non so se durerà.

BASTA NOTARE CHE ADESSO VA BENE IL 2,2% – Salvini dopo la visita di Conte a Juncker più morbido sul deficit: “Nessuno si attacca ai decimali” Come da copione, Salvini comincia a fare marcia indietro, continuando a fare la faccia di quello che non molla mai.Questa è la situazione italiana. Ora dovrai domandarti caro SALVINI se i popoli degli altri paesi vorranno pagare i debiti italiani. Ci manderanno al diavolo votando UE. E, GRAZIE AL GOVERNO GIALLOVERDE, si salverà! I popoli non pagheranno il reddito di cittadinanza e cazzate varie agli italiani.Ecco i primi risultati del “contatto permanente” con Juncker. Bene così ma si può fare meglio: liberaci dal reddito di cittadinanza e salva l’Italia!E Il popoli sono pronti a votare in massa la UE per non fare la fine di inglesi greci e italiani. L’Europa ha vinto. Detto ciò. Si può essere d’accordo o dissentire con Prodi rispetto sia ai suoi trascorsi politici che a quanto propone oggi, ma non si può non notare un abisso di differenza culturale, di visione, di ragionamento, di proposta e altro rispetto ai pisquanelli che, dai Di Maio-Toninelli-Salvini, ci troviamo attorno, più interessati ai tweet di sfida all’OK Korral che al ragionamento che persino dietro un tweet ci dovrebbe sempre essere. Auguri, Italia.Dargli dei “buffoni” sarebbe come sparare sulla Croce Rossa. Finalmente la frottola (l’ennesima 🙂 ) che l’Italia avesse il coltello dalla parte del manico contro l’Europa si sta sgonfiando.

RICORDIAMOCI: Il Prodi del 1997 salvò questo paese e iniziò la riduzione del debito/PIL da 124% a sotto il 100%. Quanta nostalgia della competenza dei ministri di quel governo. Poi giunsero i complotti dalemiani e i disastri berlusconiani.
Il prodi del 2007 era un pallido ricordo e finì per preparare la strada al grande disastro berlusconiano del 2011/2012.
Oggi fa quasi tenerezza ricordare quei tempi di fronte ad incapaci totali elevati a ministri solo per aver vinto la lotteria come in un idiocracy qualsiasi. Almeno il cavallo di Caligola era di razza.

Quando hanno fatto fuori Prodi, lo sappiamo bene come, l’organizzazione mafiosa blerusconiana usò sistematicamente la denigrazione personale e le falsità , esattamente come hanno fatto i grullini e lo stesso berlusca nei confronti dei governi RENZI-GENTILONI. Quel colpo di mano, appoggiato da quella MER…A in Cashemire e mocassini Gucci , sindacalista di me…a, portò al 2011 con le coseguenze che sappiamo , governo Monti in primis…la storia spesso si ripete , vediamo come va a finire!

Cari SOVRANISTI. Parlare per slogan è semplicissimo: basta ripetere acriticamente quello che i propri politici di riferimento dicono. Più faticoso è informarsi e capire veramente come la realtà si evolve. Un dato tra tutti (sottolineo che sto parlando di “dati”, non di chiacchiere): il 2017 è stato l’anno boom del nostro export.
https://www.wired.it/…/export-italia-record-vendite-cina/
Questo significa che la teoria che vorrebbe l’euro come “strangolatore” della nostra industria nell’export è semplicemente FALSA. Se l’euro ci togliesse competitività non esporteremmo e non avremmo un saldo commerciale di svariate decine di miliardi di attivo.
Infine una notazione che riguarda proprio Prodi. Fu lui a dare la spinta all’apertura commerciale con la Cina (si veda il dato dell’export nel documento che ho allegato), naturalmente fortemente criticato dai soliti “lungimiranti” …

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Che confusione la resistenza riluttante di Zagrebelsky .Cioè tanto rumore per nulla: ora Z, pagato il suo pegno “antifascista”, può tornarsene a casa e continuare a stare zitto in attesa che la storia si compia.

Che confusione la resistenza riluttante di Zagrebelsky .

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Certo, si capisce che lo ha scritto sotto la pressione di chi ne criticava il silenzio di fronte alle politiche illiberali del governo giallo-verde. Però l’effetto degli gli argomenti utilizzati è straniante e poco convincente…

Ho taciuto – dice Z – perché oggi si parla più di fascismo che di costituzione e quindi i costituzionalisti non hanno niente da dire: infatti i costituzionalisti non entrano in campo quando bisognerebbe impedire che il fascismo si affermi – la “forza del fatto”, come dice lui -, lasciando questo compito a storici, politologi e alla… “gente comune”, ma solo dopo, per “normare il fatto compiuto”. Cioè mentre il fascismo si afferma il costituzionalista tace, quando ha vinto entra in scena per “costituzionalizzare” il nuovo regime.

Tesi ardita se si pensa agli anni venti e alla vicenda degli antifascisti tra le due guerre. Ma anche se pensiamo al 2016, quando, secondo Z, il fascismo era alle porte con la riforma costituzionale. In questo caso questo principio non valeva: parlava infatti in continuazione all’unisono con quelli che oggi rappresentano sotto altre spoglie lo stesso fascismo.

Una confusione intellettuale difficile da sostenere che si giustificherebbe solo se ammettesse di essersi sbagliato allora, aprendo un’autostrada davanti al populismo sovranista.

Ma questo è troppo. Meglio rifugiarsi in una eccentrica analisi del fascismo espressione di quel sostrato profondo “costante e radicato dell’animo umano e nelle pulsioni sociali”: un “qualcosa” che può assumere varie forme storiche, che per comodità chiamiamo fascismo.

Inerpicandosi in questa difficile operazione intellettuale sulla scorta del “fascismo eterno” di Umberto Eco, raggiunge una vetta fino ad ora inesplorata: il fascismo è una variante del “tribalismo” (ma chiunque conosca un po’ di antropologia culturale sa bene che tribù e stato moderno in tutte le sue varianti non c’entrano niente l’uno con l’altro). Quindi Salvini e di Maio vogliono abbandonare lo stato di diritto costituzionale per creare un regime tribale, come quello che sopravvive in piccole enclaves dell’Africa Nera. Un paragone ardito, che lascia senza parole e che ci fa precipitare alle origini della storia umana.

Ma che fare per opporci al tribalismo incipiente? Quello che si fa sempre: dissenso, solidarietà, e magari anche un po’ di resistenza civile: cioè quello che stanno già facendo decine di migliaia di persone – alcune riunitesi anche a Torino in piazza, tra le quali il nostro Z non c’era, però, forse impegnato anche lui a criticare le “madamine” insieme con Revelli, d’Orsi e Crozza.

Cioè tanto rumore per nulla: ora Z, pagato il suo pegno “antifascista”, può tornarsene a casa e continuare a stare zitto in attesa che la storia si compia. MA VA A C….E .  UN MEA CULPA MAI.UN HO SBAGLIATO MAI. SPARISCI PER SEMPRE RUFFIANO COGLIONE.

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