Archivio mensile:marzo 2018

E lampante e semplice, nel PD la maggioranza sta ancora con Renzi. Cari denigratori

Il caos nel centrodestra fa saltare l’accordo Lotti-Gianni Letta. E Renzi teme l’intesa tra M5s e i non renziani del Pd

L’ex segretario: “Tocca a loro, noi non facciamo accordi con nessuno”. La paura che i 5s facciano il nome di Franceschini, Delrio, Gentiloni.

“Tocca a loro, punto. Tocca a loro. Lo dico dal 5 marzo”, va ripetendo Matteo Renzi in Transatlantico al Senato. La guerra interna al centrodestra colpisce al cuore l’accordo stretto tra Luca Lotti e Gianni Letta sul nome di Paolo Romani alla presidenza del Senato. Con il candidato di Forza Italia silurato dalla Lega crolla anche l’astensione tecnica decisa dal Pd per aiutarlo. E ora? Ora è tutto un gran caos. Ma per Renzi il Pd deve starne fuori e confermare la linea di astensione domani all’assemblea dei senatori e dei deputati del Pd convocata per le 9, prima della ripresa delle votazioni a Palazzo Madama e al Senato.

Non hanno ancora finito di rimuginare sul governo passato, ma tutto sommato lo vedo come un bene: la Mauro si sta rendendo ridicola, e intanto non rimugina almeno sui 5S. Quando avrà finito con il tradizionale sputo quotidiano su Renzi (sputo che ormai é innocuo, anzi dannoso per le testate stesse) non vorrei passasse a rimuginare sui 5S.

Cari grulli, cari fascistelli, cari giornalisti da strapazzo mercimonio di quasi il 90% delle testate ITALIANE, perché non pensate come risolvere i guai di coloro che avete votato guardate avanti e non voltatevi potreste diventare statue non di sale ma di qualcos’altro.

Ecco perché Renzi continua ad essere il bersaglio dei suoi detrattori: la sua linea è quella coerente e la maggioranza del partito è ancora con lui. Non è andato proprio giù, evidentemente, il fatto che il 4 marzo il PD non sia sparito ma abbia preso più voti della Lega. E con molta democraticità, si continua a reiterare il solita mantra: se il PD non fa questo sparisce, se fa quell’altro sparisce. Una sola cosa è certa, se si tornerà in tempi relativamente brevi ad elezioni, a sparire dalla scena politica sarà Di Maio.

Difatti tutto questo rincorrere quello che viene definito un perdente è curioso . Ma se la stampa ci viene a dire se ha un nuovo taglio di capelli o se ha cambiato cravatta dimostra che è temuto e considerato politicamente valido, altrimenti cadrebbe nel dimenticatoio con i problemi che hanno cosiddetti vincitori a presentarsi al paese con un governo che faccia le cose per le quali sono stati mandati e non per prendersi le prebende della casta.

La più grande disfatta di tutti i tempi è un’emerita cavolata, che, tuttavia, ripetuta fino alla nausea, può diventare una verità acquisita nei cervelli dei gonzi. Ho detto gonzi, non grulli.

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Si sta verificando quello che ho sempre detto :governo lega/5dements Dai, veloci, poi si ride

Salta l’alleanza nel centrodestra. Scontro frontale tra Matteo Salvini e Silvio Berlusconi sul nome per la presidenza del Senato

Per Berlusconi è guerra totale. Il centrodestra va al buio alla terza votazione al Senato. Ora girano i nomi delle leghiste Bongiorno e Borgonzoni.

Risultati immagini per Salta l'alleanza nel centrodestra.È saltato tutto. In tarda sera Silvio Berlusconi a Palazzo Grazioli, stremato e furioso. Circondato da tutto lo stato maggiore di Forza Italia pronuncia parole di fuoco verso Salvini: “Il centrodestra è morto. Morto. Si facciano il governo tra loro. Noi saremo all’opposizione”. La mossa del leader leghista su Anna Maria Bernini è stata letta come un affronto totale: “È una dichiarazione di guerra, e guerra sia”. Col passare delle ore è un crescendo da ambo le parti. A insaputa dell’interessata, fedelissima di Berlusconi, il leader della Lega dichiara che è la candidata di tutto il centrodestra. Poi, dopo la reazione di Berlusconi, arriva il sostegno dei Cinque Stelle. I singoli senatori, poi Di Maio, poi Di Battista. Tutti si dichiarano pronti a votare la Bernini.

L’Italia RIVOLUZIONARIA esulta . I vecchi partiti sono crollati e ora i NUOVI PADRONI faranno una coalizione NON per governare ma per provare a fare una legge che COMPLETI L’OPERA , gli “amici” di oggi saranno acerrimi nemici domani.Mi meraviglio che UN POLITICO ultranovantenne come Napolitano NON abbia colto questo dettaglio quando ha detto: i vincitori governino senza mettere in guardia dal PERICOLO, ma abbia sottolineato soltanto il presunto fallimento di chi li aveva preceduti. Eppure si apprestano a governare 2 formazioni che più contrarie l’una all’altra non potrebbero esserci.Una, la LEGA, viene dal VECCHIO SISTEMA e sappiamo come hanno governato e cosa hanno fatto, non per nulla erano arrivati al 4%, pur dominando regioni e città del Nord. L’altra viene DAL NULLA perché NULLA hanno dimostrato finora se non la “capacità straordinaria” di cogliere il VENTO RIVOLUZIONARIO che attraversava l’Italia . Se un politico a suo modo RIVOLUZIONARIO ieri sera , unico fra gli alleati, ha varcato la soglia di PALAZZO GRAZIOLI, Umberto Bossi, un qualche motivo di preoccupazione dovrebbero avvertirlo tutti. Parere strettamente personale.

Si profila il peggior scenario fra quelli possibili. Questo è l’inizio della frantumazione dell’Europa così come la conosciamo e sullo sfondo UN FALCO da Est aspetta di planare sulle due future prede. Non dimentichiamo che le 2 immani tragedie del 20esimo secolo iniziarono da 2 insignificanti paesi, la Serbia e la Polonia

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Il popolo europeista, che crede nella crescita, al Pd, aspetta la guida e con RENZI.Questa e la realtà e non tarderà ad arrivare

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PER COMINCIARE DUE PAROLINE A BEPPE GRILLO.
Sono un elettore del Partito Democratico e un convinto sostenitore di Matteo Renzi.
Ho letto la tua lettera aperta al PD, e devo dire che ti facevo più intelligente… mi ero sbagliato. Quello che tu oggi deridi è il partito più grande della famiglia del P.S.E, assolutamente non paragonabile all’accozzaglia dei peggiori estremisti nazi-fascisti dove i tuoi grullini europarlamentari siedono. Il PD possiede un statuto, dei circoli provinciali e regionali, una Direzione, un Congresso, un Segretario , un Presidente, dei dirigenti che organizzano il percorso democratico del partito, e in democrazia alla fine si scelgono i nuovi dirigenti e il nuovo leader. Quello che tu chiami “capetto da cortile” è il nostro segretario eletto democraticamente alle scorse primarie col 70% di voti e 3 milioni di partecipanti. “DEMOCRAZIA”, parola a te sconosciuta, perché a decidere nel tuo pseudo movimento sei solo tu e il tuo socio in affari Casaleggio, e tutti i soldatini a dire ” Si signor Grillo, Si signor Casaleggio. CHIUDO con quest’ultima annotazione : la MORALE che arriva da un PLURIPREGIUDICATO condannato oramai svariate volte ( non faccio l’elenco perché non mi basterebbe un’intera giornata) è alquanto patetica. RICORDATI sempre che MATTEO RENZI è INCENSURATO fino a prova contraria.

DETTO CIO AVANTI COL NOSTRO PROGETTO
Da più parti leggo cedimenti di amici e compagni per venire a più miti consigli e iniziare a pensare a un’apertura ai 5S. NO! E’ la mia e la nostra risposta. Com’è possibile che chi fino a ieri era un renziano convinto possa all’improvviso abiurare il nostro leader e considerare la stella polare della politica italiana i pentastellati che rappresentano la maggior espressione del degrado politico e culturale della storia politica italiana? Ma dove sono finite le speranze e i sogni che avevamo cullato fino a ieri? L’obiettivo era una nuova politica liberal democratica che superava le vecchie ideologie e su cui Renzi si è immolato come vittima sacrificale perché non l’hanno capita gli italiani e non l’hanno capita i suoi stessi compagni di partito che ora vogliono tornare indietro per riprendersi le loro poltrone e le posizioni di potere.
Il dado è stato tratto e non si torna indietro. Il popolo non ha capito perché troppo ignorante per un passo che era storico e ha risposto solo con la pancia e l’odio e non col cervello. Noi NON DOBBIAMO tornare INDIETRO, altrimenti tutto ciò che è stato fatto andrà perduto. E’ stata una battaglia e ci abbiamo lasciato morti sul campo, ma se gli ideali sono quelli per cui abbiamo combattuto perdere una battaglia non significa perdere la guerra.
Chi subentrerà al nostro governo deve dimostrare con i fatti che le nostre idee erano sbagliate e non con le parole e le fake news.
Sento dire che l’80% del PD è pronto a passare con i 5S. NON CI CREDO. Non hanno capito che la BASE è con RENZI che sia dentro o fuori del PD. Chi è assetato di poltrone e non l’ha ancora fatto si accomodi pure dall’altra parte e ingrassi il vitello della Casaleggio, noi rimaniamo qui con Renzi e combatteremo fino alla fine per il nostro ideale di un’Italia migliore, europeista e giusta basata sul lavoro e non sull’assistenzialismo.

Se questa fosse una partita a scacchi (e in parte lo è), potremmo dire che siamo nel centro partita. Le aperture sono già state giocate, e adesso comincia il gioco duro. Come si sa da sempre, il centro partita è il luogo in cui può accadere di tutto. Si possono rovesciare le sorti del gioco. Chi sembrava perdente può ritrovarsi vincente e così via.

In sostanza, non si capisce niente. Per rendersene conto, basta guardare i pochi eventi: un anziano signore, escluso dal parlamento, di anni 81, suonato alle elezioni, sta facendo vedere i sorci verdi a quello stupidotto di Di Maio (e questo era facile), ma anche alle raffinate menti strategiche della Casaleggio che tirano i fili del burattino di Avellino. Burattino che, se non impara alla svelta a fare politica, rischia di non avere la presidenza del Senato (già persa), ma anche quella della Camera. Al Senato, comunque, dovrà accettare Paolo Romani, persona di un certo rispetto e esperienza, incappato anni fa in una banale disavventura giudiziaria di pochissimo conto.

Ma il signore di anni 81 sta affilando la lama della sua spada e pensa di poter infliggere a Di Maio l’umiliazione massima: se vuoi i nostri voti per eleggere un tuo amico alla presidenza della Camera, devi venire a palazzo Grazioli, sederti alla mia tavola, accettare il mio tè, e stringermi la mano. E questo, per un grillino, è come andare a dare un bacio al diavolo in persona. Forse, nella noia mortale di questi giorni, ci verrà regalato questo spettacolo: foto di interno di casa Berlusconi con Di Maio sorridente. Rideremo fino a sera tardi.

Ma veniamo alle cose più serie, al Pd. Sono fra i pochi, probabilmente sbagliando, che non lancia appelli per un immediato ritorno sulla scena politica di Renzi (spregiativamente da molti sono definito un renziano doc, un inferiore quindi).

Prima di rifarsi vivo però il lupo di Rignano (Panebianco docet) deve riflettere, e molto.

Esiste in Italia, anche se al momento sconfitta, un’area europeista, sviluppista, moderna, che va da Forza Italia a una parte del Pd. Questa Italia non ha una guida. L’aveva in Renzi, ma poi tutto è andato storto.

Può essere ancora Matteo il capobranco di questa Italia che non vuole arrendersi alla demenza grillina-salviniana?

Forse, anche se potrebbe essere chiedergli troppo.

Può essere ancora il Pd la casa naturale di questa Italia? Forse, se i notabili di oggi non ne faranno strame fino in fondo, distruggendone la residua credibilità.

Qui non si tratta di vincere oggi o domani (si è già ampliamente perso) o di infliggere una legnata ai grillini su presidenze camere e governo. Si tratta di capire che cosa essere per i prossimi dieci o vent’anni: una formazione politica liberal-democratica (come era stato nella promessa iniziale di Renzi) o un aggregato che punta, con astuzia e abilità, a strappare un tot di posti?

Se è buona la prima, allora Renzi e il Pd devono liberarsi, e in fretta, di tutti i veleni grillini che hanno in corpo. Il populismo  ha contagiato anche loro (taglio vitalizi residui, guerra a Bankitalia, polemiche contro l’inesistente austerità europea, sottovalutazione del peso del debito pubblico, ecc.).

Siamo per un parlamento snello di gente ben pagata, competente, e che lavori sodo. Non crediamo che tagliare 100 auto blu serva a risanare l’Italia: queste sono cretinate del clown genovese, che non sa nemmeno che cosa sia il bilancio pubblico italiano (800 miliardi di euro di spesa pubblica).

Non crediamo nel modello Bulgaria (lo Stato che fa tutto, compresa la distribuzione di stipendi e la coltivazione dei broccoli).

Crediamo in uno Stato che fa crescere la concorrenza, l’efficienza del sistema, e quindi fa crescere l’intero paese.

Crediamo, in sostanza, che il paese vada cambiato, ma in direzione esattamente opposta a quella dei grillini sovranisti.

Per guidare questo processo, questa rivoluzione, serve un lupo (come dice Panebianco) e non un’anima bella.

Sarà ancora Matteo Renzi questo lupo? Se così fosse, ben tornato, vecchio amico.

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I TUTTOLOGI POLITICO DICONO: M5s e Lega hanno vinto “perché hanno parlato al popolo dei problemi del popolo; la stessa cosa che dovrebbe tornare a fare il Pd”. No, il PD ha provato a risolvere i problemi del popolo. Il popolo non ha bisogno di compassione e solidarietà piagnona ma di azioni concrete. Come se il popolo i cazzi suoi non li conoscesse abbastanza e glie li deve spiegare qualcuno!

PERCIÒ AMICI POLITICI NO AI CAMINETTI

“Un caminetto può servire a riscaldarsi, ma bisogna accertarsi che la canna fumaria sia efficiente. Diversamente si rischia di fare soprattutto del fumo.”

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“In questo momento tutto quello che serve sono una visione univoca e una linea precisa, tutto il contrario di quello che può risultare da una negoziazione fra capi corrente” proseguono “né ci pare sia produttivo affannarsi ad inseguire ipotesi più o meno attendibili come l’adesione o la ripulsa di proposte che nessuno ci fa, siano esse la partecipazione ad un Governo o la presidenza di un ramo del Parlamento.”

“Pochi giorni fa abbiamo deciso a larghissima maggioranza in Direzione di prendere atto del voto popolare e di sancire di conseguenza l’indisponibilità del Partito Democratico a collocazioni diverse da quella dell’opposizione. Quali fatti nuovi sono intervenuti per richiedere la convocazione di caminetti di notabili che speravamo di avere archiviato per sempre?”

“È sempre possibile”

“Di fronte a situazioni inedite, approfondire, riflettere, ridiscutere. Esistono molteplici luoghi e strumenti statutari in un Partito come il nostro, che è nato per allargare, non per restringere la partecipazione. Spegniamo dunque da subito e per sempre ogni tipo di caminetto e torniamo a decidere, come deve avvenire nel nostro partito, insieme e all’aperto.”

Alla sconfitta pesantissima che si è consumata nelle urne lo scorso 4 marzo il Pd deve rispondere compatto e trovare l’energia per ripartire, tutti insieme. E’ difficile trovare un solo dirigente del nostro partito che, a parole, non condivida questa affermazione.

Essa costituisce, del resto, non a caso, una parte importante del documento che la direzione nazionale ha approvato sostanzialmente all’unanimità.

Finalmente, dopo settimane piuttosto confuse, giocate spesso sugli equivoci, su termini vaghi e vuoti, anche sugli altri temi di quel documento – no al governo con gli estremisti, sì al ruolo di opposizione costruttiva che ci hanno consegnato gli elettori – pare convergere, anche nelle interviste, una larghissima maggioranza dei cosiddetti maggiorenti. Ed è certamente una buona notizia.

Ce n’è però una cattiva: non riusciamo a risparmiarci la pessima pratica di dedicare una cospicua parte delle nostre uscite pubbliche ai veti incrociati al nostro interno e alle stoccate ad un segretario che si è dimesso ormai quasi venti giorni fa, senza ripensamenti o tentativi di restare in sella, maliziosamente pronosticato da alcuni.

Non capisco, ad esempio, come sia possibile che un senatore dell’esperienza e dell’intelligenza di Luigi Zanda, si lasci andare a affermazioni perentorie riguardo il ruolo che un collega – con tanto di nome e cognome – potrà o meno svolgere nella prossima legislatura, proprio alla vigilia della prima assemblea degli eletti del Pd.

Cui prodest? Questa è la domanda che un qualunque iscritto del partito si fa nel notare che, mentre si rilasciano interviste per chiarire la propria posizione sui futuri equilibri di governo, si finisce per riservare gran parte delle battute a tutt’altro.

Leggetevi un’intervista di Brunetta, di Toninelli o di altri parlamentari certamente meno esperti e bravi dei nostri e noterete che questo squilibrio tra commento sulla situazione esterna e dibattito interno ai partiti di provenienza non esiste; non arrivo a dire che esso sia stato determinante anche nella nostra sconfitta ma, certo, non ha affatto aiutato mostrarsi sempre intenti a litigare al nostro interno e a farci reciprocamente la morale fuori dai luoghi della discussione.

Luoghi che, peraltro, a differenza degli altri partiti, nel Pd conserviamo gelosamente. Quella che si apre OGGI sarà una legislatura molto complicata nella quale non sarà semplice mantenere un profilo di serietà: assisteremo ad una gara tra populismi uguali e opposti che si contenderanno lo spazio strettissimo della sceneggiata politica anti casta.

A noi toccherà il difficile compito – mentre cerchiamo di ricostruire la nostra comunità politica dalle basi – di mantenere un profilo di serietà, coniugato ad una indispensabile dose di innovazione e alla capacità di affrontare in modo chiaro alcuni temi sui quali negli anni scorsi siamo stati invece deboli, come ad esempio quello dei vitalizi, che sarà, a quanto pare, al centro dei lavori delle prossime settimane.

Pensiamo davvero di poterci chiamare fuori, peraltro dopo aver promosso e votato alla Camera una nostra proposta di legge meno di un anno fa? Francamente non penso che possiamo permetterci di subire quella discussione collocandoci semplicemente sul versante della conservazione, come abbiamo finito per fare di recente, lasciando morire quella legge al Senato e perdendo molto in credibilità.

Il Pd dovrà fare la propria parte per far sì che anche in questo ambito si lavori con serietà, evitando che il dibattito si trasformi in un devastante gioco a chi la spara più grossa. Così come dovrà, appunto, mantenere un profilo critico e di proposta nei confronti di coloro che si assumeranno l’onere di governare cercando di fare un’opposizione costruttiva e seria, che sfidi i nostri competitor e non si limiti alla difesadell’esistente.

Io credo che su queste basi, ovvero sul compito che assegniamo loro, oltre che sull’autorevolezza e competenza naturalmente, debbano essere scelti i due presidenti dei gruppi di Camera e Senato, che avranno l’onere di guidare e coordinare l’attività del Pd nel prossimo Parlamento.

E credo anche che i distinguo sulle provenienze e i tentativi di inquinare le acque prima ancora che la discussione tra di noi si sia aperta siano quanto di più dannoso può esistere per una comunità che oggi ha bisogno di confronti franchi, alla luce del sole e di autentico spirito di squadra. Un’intervista in meno, un’iniziativa in un circolo in più, come ha detto Maurizio Martina.

È un invito che, oggi come dieci giorni fa, è molto importante prendere sul serio se vogliamo davvero ripartire insieme.

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Renzi aveva ragione sul Rosatellum.

La competizione elettorale del 5 marzo 2018 ha portato sul podio, un po’ come accade in taluni concorsi canori, tre soggetti tipici: il vincitore morale – il Movimento 5 Stelle, primo partito; il vincitore effettivo, ancorché plurimo – la coalizione di centro-destra, con un vantaggio insufficiente a governare e con l’imprevisto sorpasso della Lega su Forza Italia; il grande sconfitto – il Partito Democratico.

Un passo indietro.Il 4 dicembre 2016 inizia l’annus horribilis di Matteo Renzi. La cosiddetta riforma costituzionale Renzi-Boschi – nonostante il massiccio sostegno di tv e grande stampa – viene bocciata dal 59,12% dei votanti. La sconfitta è bruciante, anche se gli adulatori del Primo Ministro (che tanto danno gli hanno arrecato) vedono il bicchiere mezzo pieno: il Pd potrà ripartire dal 40,88%, un risultato persino migliore – vista la maggiore affluenza alle urne – del 40,81% conseguito alle europee del 25 maggio 2014.

Matteo Renzi si dimette, e annuncia che rimarrà alla guida del Pd, venendo meno all’impegno assunto in Parlamento a ritirarsi a vita privata.

Il 2017 sarà un anno difficilissimo: la vicenda delle crisi bancarie (e del caso Banca Etruria); l’autogol della Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario; il conflitto con il Presidente della Repubblica e il Presidente del Consiglio sul rinnovo del mandato del Governatore della Banca d’Italia; le indagini della magistratura che coinvolgono la famiglia.

Non mancano i guai interni al Pd: a febbraio si consuma la scissione di Articolo 1-Mdp. Il 30 aprile Renzi trionfa alle primarie, con il 69,2% dei voti, pari a 1.839.000 elettori (che si sono ridotti di un milione rispetto alla tornata del 2013). A giugno il Pd subisce una pesante sconfitta alle amministrative: si afferma a Padova ma perde a Genova, l’Aquila, Monza, Verona, Pistoia, Piacenza, Como e persino a Sesto San Giovanni, storica roccaforte della sinistra. Si conferma il trend sia delle amministrative del 2016 – quando il Pd aveva perso Roma, Torino e Trieste, era naufragato a Napoli e tenuto Milano con un margine risicato (41,70%, contro il 40,78% del candidato di centro-destra) – sia delle regionali del 2015, in cui il Partito aveva resistito nelle regioni (un tempo) “rosse”, in Puglia e Campania, ma perduto nettamente in Liguria e Veneto. Il 5 dicembre è il turno della Sicilia (Pd al 13,02%). Sempre a dicembre, un ulteriore dispiacere per il Segretario: il sindaco e la giunta del suo paese, Rignano sull’Arno lasciano il partito e aderiscono a Liberi e Uguali.

Il “Rosatellum”

Il 10 ottobre 2017 il Governo Gentiloni pone la fiducia sulla legge elettorale. Barbara Fiammeri, su Il Sole 24 Ore scrive che “(…) Paolo Gentiloni ha dovuto rinunciare alla neutralità sulla legge elettorale, annunciata dal premier fin dal momento del suo insediamento e piegarsi alle esigenze politiche del suo partito”.

Ezio Mauro si spinge oltre, con parole rivelatesi premonitrici: “In epoca di crisi conclamata della rappresentanza, queste operazioni servono solo a testimoniare un arrocco di forze politiche spaventate per un’autotutela ad ogni costo, dando fiato ai partiti antisistema che quanto più sono incapaci di produrre politica in proprio, tanto più ricevono forza dagli errori altrui. Avevamo sempre chiesto una legge elettorale: ma non a qualsiasi costo. Non con il capolavoro di un voto che sembra costruito apposta per creare sfiducia”.

Molti osservatori esprimono sorpresa per la scelta del “Rosatellum”, che – in base ai sondaggi – potrebbe favorire la coalizione di centro-destra e determinare comunque l’ingovernabilità.

Renzi è invece convinto che il “Rosatellum” da un lato impedirà il conseguimento della maggioranza a qualsiasi schieramento, dall’altro garantirà al PD la permanenza al governo, grazie ad una alleanza con Forza Italia, sul modello della Große Koalition.

Non rilevano qui l’analisi sulle incongruenze e contraddizioni della legge, ovvero le proiezioni di YouTrend tese a dimostrare che anche l’adozione di sistemi elettorali di altri Paese avrebbe determinato l’assenza di una maggioranza.

Se le previsioni della vigilia si fossero avverate, sarebbe stato naturale il ricorso ad un esecutivo di solidarietà nazionale, o comunque lo si voglia chiamare, in cui il partito di maggioranza relativa sarebbe stato il Pd, seguito da Forza Italia. Rimaneva, certo, il rischio che, qualora la Lega si fosse sfilata, non ci sarebbero stati numeri sufficienti in Parlamento: ma si sa, il rischio è sempre parte del gioco, specie di quello d’azzardo.

Il Rosatellum avrebbe determinato, nelle intenzioni del partito proponente, un altro risultato, non secondario, sottovalutato nei commenti: l’accordo tra PD e Forza Italia per la scelta, nel 2022, del candidato al Quirinale.

La campagna elettorale

Le campagne elettorali del Pd – che nella composizione delle liste non ha rispettato i risultati ottenuti dai tre candidati alle primarie – e di Forza Italia hanno seguito percorsi paralleli: scarsa belligeranza reciprocaM5s, che non è rimasto a guardare, nemico comune. Il fatto inedito, solo in apparenza, è stata la cruenta guerra interna al centro-destra: l’accusa di Silvio Berlusconi al leader del M5s di essere privo di esperienze lavorative e di laurea – e quindi unfit to lead Italy – non era rivolta anche ai leader dei due partiti alleati, con eguale background?

Nella settimana precedente alle elezioni, Silvio Berlusconi ha annunciato la candidatura a Palazzo Chigi di Antonio Tajani, Presidente del Parlamento europeo. L’uomo ha le qualità, anche caratteriali, e l’esperienza necessaria sia per garantire la coesistenza tra le diverse forze politiche, sia per rassicurare gli interessati attori esterni: Germania, Francia, Stati Uniti, Commissione europea, BCE, i mercati finanziari. Matteo Renzi si è rifiutato – pur sollecitato – di proporre Paolo Gentiloni:non ce n’era bisogno, il candidato lo aveva già indicato Berlusconi; inoltre, si dice, il leader Pd mal sopporta avere un compagno di partito davanti a sé. In molti avevano ipotizzato, infine, che Matteo Renzi avesse lo sguardo rivolto alla Farnesina.

Ipotesi sulle ragioni del voto del 4 marzo

Il 4 marzo uno “tsunami” elettorale travolge le previsioni e quindi lo scenario prefigurato con il “Rosatellum”. Il centro-destra vince le elezioni; alla Camera (al Senato i risultati sono simili) raggiunge il 37%, ma la Lega  (17,37%) supera Forza Italia (14,01%) e Fratelli d’Italia (4,35%). Il M5s si conferma primo partito (32,78%). Il PD crolla (18,72%); Liberi e Uguali supera di poco il quorum (3,39%).

Limitiamoci a poche considerazioni sul voto degli italiani.

L’esito delle elezioni appare in sintonia – sia pure con caratteristiche nazionali – con i processi in atto nella comunità internazionale, attraversata da fenomeni indicati, con approssimazione, “populismo” e “sovranismo”.

Scrive Stefano Feltri, nel suo pregevole “Populismo Sovrano”, pubblicato alla vigilia della competizione elettorale: “I populismi alimentano un’illusione, che può essere pericolosa: il recupero della sovranità. Ma si tratta di una promessa che non si può mantenere, perché le leve del potere sono, ormai, inesorabilmente altrove”.

I cittadini si sentono vittime della globalizzazione selvaggia che li ha espropriati dei poteri decisionali e li ha resi, a partire dalle classi medie, più poveri e insicuri(anche per via delle migrazioni di massa); del liberismo che ha aumentato le diseguaglianze; della finanza predatrice e priva di principi etici che ha sostituito il capitalismo industriale; dell’avvento delle nuove tecnologie che riduce l’occupazione e riscrive le regole del mercato del lavoro; dei social network americani che impongono modelli culturali, controllano, elaborano e rivendono i dati personali e i big data, e sottraggono risorse economiche alle imprese dei singoli Paesi senza corrispondere i tributi.

Le istanze poste dai due partiti risultati vincitori delle elezioni rappresentano un tentativo, al di là del giudizio di merito che ciascuno può dare, di offrire risposte alla crisi della sovranità nazionale; in passato questa strada sarebbe stata percorsa dai partiti di ispirazione comunista, socialista ovvero popolare-cattolica (Aldo Moro sosteneva che la Dc non avrebbe mai rinunciato alla competizione con il Pci per la rappresentanza delle classi popolari).

Stefano Feltri prosegue: “La sequenza che osserviamo in questi anni è sempre uguale: chi è al governo perde consenso perché non riesce a contrastare gli effetti della crisi del cambiamento tecnologico, promette soluzioni rapide e il ritorno allo status quo ma, incapace di ottenere grandi risultati, alimenta la frustrazione degli elettori. I partiti tradizionali competono per ottenere la possibilità di applicare politiche prive di efficacia o del consenso necessario a renderle davvero utili, mentre gli elettori, frustrati, si spostano verso i movimenti populistiche non hanno un passato di fallimenti alle spalle e promettono una rottura radicale. O almeno di non fare peggio dell’establishment che vogliono sostituire.”

Vi è poi il tema del tradimento delle élite, di cui il Partito Democratico – erede delle culture sopra richiamate, ora divenuto semplicemente “di sinistra” – sostenuto dall’establishment, è oramai elemento organico (persino Liberi e Uguali, al di là del poco tempo a disposizione per organizzarsi, è stato percepito come parte del “sistema”).

Su un tema così complesso, Feltri interpreta le analisi che lo storico e sociologo statunitense Christopher Lasch aveva elaborato già negli anni ‘90: “L’affermarsi dei movimenti populisti si può quindi spiegare anche e forse soprattutto come una reazione al ‘tradimento delle élite’. Per loro natura anti-establishment, uno dei pochi tratti comuni a tutte le definizioni di populismo, questi movimenti mettono in discussione l’organizzazione meritocratica della società, [qui il riferimento è ai modelli imposti dalle élite medesime] rifiutano di ammettere che dietro i privilegi dei pochi ci sia l’inadeguatezza dei molti. I populisti non si lasciano impressionare dalle pretese di superiorità morale delle élite, anzi, teorizzano la superiorità dell’uomo comune che, proprio perché escluso dal vertice, e più capace di prendere decisioni nell’interesse di tutti, armato del buon senso da padre di famiglia.

L’elezione del Presidente Trump, il consenso ottenuto dai cosiddetti partiti populisti in numerosi Paesi, rappresentano il segnale tangibile della perdita di fiducia dei cittadini verso il “sistema” e i gruppi dirigenti.

Forza Italia e Pd erano privi della capacità, vista la loro collocazione nella società, di interpretare i cambiamenti. Matteo Renzi ha martellato gli elettori sulla ripresa economica in atto e sugli effetti positivi del Jobs Act, ma gli italiani sanno benissimo che il Paese – pur essendo la seconda potenza manifatturiera del continente – è all’ultimo posto tra i Paesi Eu in termini di crescita, della quale in ogni caso non hanno avvertito alcun beneficio.Le nuove generazioni, che convivono con le reti digitali – la loro influenza è stata determinante nella campagna elettorale (che tristezza vedere vuoti i tabelloni approntati dalle municipalità, un tempo addirittura oggetto di attacchinaggio selvaggio e persino di scontri fisici tra i militanti dei diversi partiti) – hanno abbandonato il Pd, disillusi dalle promesse e da un partito che, di fatto, ha indicato nella precarietà l’antidoto ai problemi dell’occupazione.

L’epilogo  

Il 5 marzo 2018 Matteo Renzi convoca una pseudo-conferenza stampa – ai giornalisti non è concessa la possibilità di fare domande – per annunciare le dimissioni, che sarebbero diventate effettive dopo la costituzione del nuovo governo (ipotesi, quest’ultima, poi abbandonata).

Renzi addossa la colpa della sconfitta ad altri.Innanzitutto il risultato della ingovernabilità è da attribuire al fallimento del referendum. Seguono poi velate accuse al Capo dello Stato, che non avrebbe acconsentito a sciogliere le Camere nel 2017, in concomitanza con le elezioni tedesche e francesi, e che poteva spostare l’agenda delle elezioni sulla questione europea. Le critiche non risparmiano il premier Paolo Gentiloni: “In campagna elettorale noi siamo stati sin troppo tecnici, è come se non avessimo mostrato sino in fondo le cose fatte e soprattutto quelle che volevamo fare”. Il Premier avrebbe inoltre espresso una qualche vocazione all’inciucio e alle larghe intese, mentre – afferma Renzi indicando la via da seguire – “il Pd, nato contro i caminetti e nato contro le forze antisistema, non diventerà la stampella per un governo delle forze antisistema, magari con una decisione presa a porte chiuse. (…) La nostra responsabilità consisterà nello stare all’opposizione”. Il leader annuncia che il Pd non accetterà il confronto con i vincitori delle elezioni, da lui definiti “estremisti”, accusati di anti-europeismo, antipolitica e odio verbale nei confronti del suo partito.

Le espressioni usate davanti ai giornalisti e alle telecamere evidenziano il fatto che probabilmente il Segretario dimissionario non ha avuto il tempo per una analisi approfondita sulle dinamiche che hanno determinato l’esito del voto o, forse, ha preferito rinunciare ad esplicitarla.

Un’ultima nota

Ha detto Charlie Chaplin: “Non è importante come entri nel palcoscenico della vita degli altri, l’importante è l’uscita di scena; quindi prendi fiato, sorridi comunque sia andato lo spettacolo e fai il tuo inchino migliore”. E per concludere: “Ma soprattutto, non concedere mai il bis ad un pubblico che non lo merita”.

Matteo Renzi non sta seguendo questa strada. Forte del controllo precostituito sui gruppi parlamentari e sull’organizzazione, vorrà continuare a guidare le scelte del partito – sia pure in presenza di resistenze interne.

Lo ritroveremo sul palcoscenico. Si vedrà con quale ruolo, con quali modalità e tempi.

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Con il ricordo di Moro e della scorta uccisi dalle Br, è iniziata a Montecitorio e a Palazzo Madama la seduta per eleggere i presidenti

Al via la legislatura, (non) si vota per i presidenti

Prende il via la nuova legislatura. Con il ricordo di Moro e della scorta uccisi dalle Br, è iniziata a Montecitorio e a Palazzo Madama la seduta nella quale si voterà il presidente della Camera e del Senato. Le sedute sono presiedute da Giachetti e Napolitano.

Gli interventi di Napolitano e Giachetti

Un discorso politico quello del presidente emerito che ha evidenziato come “sulla scena politica nazionale il voto del 4 marzo ha determinato un netto spartiacque, a inequivocabile vantaggio dei movimenti e delle coalizioni che hanno compiuto un balzo in avanti clamoroso nel consenso degli elettori e che quindi di fatto sono oggi candidati a governare il Paese. In pari tempo, il partito che nella scorsa legislatura aveva guidato tre esecutivi ha subito una drastica sconfitta ed è stato respinto all’opposizione”.

“Difficoltà – ha aggiunto Napolitano – peraltro nascono dal dato obbiettivo che nessuna delle forze premiate dagli elettori ha conquistato la maggioranza assoluta dei seggi nelle due Camere”. Per il presidente emerito della Repubblica “occorre comunque corrispondere alle scelte del corpo elettorale e delineare la strada per il prossimo futuro del Paese. E alcuni elementi possono concorrere ad allargare l’orizzonte. Si tratta in sostanza di far leva sull’interesse generale dell’Italia. Esso poggia innanzitutto sul senso, che non può mancare, di un comune destino italiano ed europeo. Per quanto anche a questo proposito nulla può più darsi per irreversibile o scontato”.

Aprendo i lavori a Montecitorio, Giachetti ha dichiarato: “Il Parlamento è il cuore della democrazia, la campagna elettorale è finita, si apre oggi un’altra fase. La prima azione da compiere è parlare dentro e fuori queste aule la parola della verità. La politica è bella, nasce nelle piazze e nelle strade ma e’ qui dentro che trova il suo pieno compimento”. L’esponente Pd e radicale ha poi ricordato Marco Pannella: “una persona che ha fatto della politica la sua vita e che pur non avendo responsabilità primarie nelle istituzioni con il suo impegno e la sua passione ha assicurato al nostro paese grande civiltà e democrazia”.

Giachetti ha voluto anche porre l’accento al tema del femminicidio. “L’auspicio – ha detto Giachetti – è che sul tema del femminicidio che sta diventando una vera emergenza nel paese, tutti ma davvero tutti ci si impegni a realizzare altri interventi legislativi, non solo rivolti alla repressioni ma anche e soprattutto alla prevenzione del fenomeno. Ma non basta c’è un evidente problema culturale, noi uomini ce ne dobbiamo assumere la responsabilità, con la consapevolezza che c’è bisogno di un nostro impegno”.

 

 

 

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Toh Gomez in difesa del m5s. Questa si che NON è nuova.

Gomez vs Friedman: “Influenza Kgb su M5s e Lega? Servono molti soldi per campagne mirate ma in Italia la macchina russa funziona diversamente”

Polemica rovente a Omnibus tra Peter Gomez, direttore de il fattoquotidiano.it FQ Millennium, e il giornalista Alan Friedman.

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Quest’ultimo accusa: “In Italia si sottovaluta lo sfruttamento dei social media da parte del Kgb della Russia, degli hacker, dei robot usati anche nella campagna elettorale del M5S e della Lega sui social network. Bisogna vergognarsi e non pubblicare quell’editoriale sul Washington Post, come ha fatto Davide Casaleggio. In Italia” – continua – “c’è un giornalista della Stampa, Jacopo Iacoboni: negli ultimi tre anni ha scritto decine di articoli sui legami tra la Russia e la Lega nei social media. Consiglio di leggere Iacoboni”. 

Chi si preoccupa dell’influenza dei social dimentica dell’influenza molto maggiore che hanno i media tradizionali, che non si possono certo definire imparziali e immuni alla sudditanza al potere.

Come non credere a Gomez, lui di campagne per orientare le intenzioni di voto se ne intende bene. Infatti sul Fatto Quotidiano on line che lui dirige, si è inventato la rubrica “Cervelli in fuga” per denigrare l’operato del governo, rubrica che non è stata più riproposta dopo la vittoria del M5S. Anzi è stato pubblicato un articolo sui ricercatori italiani che rientrano in patria. Gomez vergogna!!!

Caro gomez, la verita’ prima o poi verra’ fuori, chissà che l’azienda padrona della setta***** che ha il grosso del suo business in russia e che e’ molto vicina a putin, da qui la politica filorussa dei grillini, non sia coinvolta in quello che si e’ scoperto per facebook.

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E NON SI SMENTISCONO. QUESTO E IL BACIO TIPICO DEL MAFIOSO.

De Luca alla direzione dem: “Forze oscure e camorra dietro il boom del M5s. Non è fisiologico”

Il bacio tra Salvini e Di Maio:provocazione dello street artistDe Luca: «Forze oscure e camorra dietro al voto M5S in Campania» Parole pesantissime sul voto al M5S in Campania da parte del governatore De Luca nell’incontro della direzione regionale Pd di ieri. Il presidente campano ha parlato a porte chiuse di «forze oscure» e di ruolo della camorra nel voto grillino.

Il risultato dei Cinque stelle alle elezioni del marzo finisce nel mirino del governatore della Campania Vincenzo De Luca, che ne ha parlato nella direzione regionale dem a porte chiuse, di cui l’Ansa pubblica un estratto audio. Con i suoi De Luca analizza il voto con i suoi e ipotizza un ruolo della criminalità organizzata dietro il boom del Movimento guidato da Di Maio.  “Com’è possibile – si chiede De Luca in un audio registrato da uno dei presenti – che un ceto incompetente come quello dei Cinque stelle sia arrivato a metà dell’elettorato meridionale? Negli anni passati quando leggevamo il voto della Terra dei Fuochi pensavamo all’inquinamento camorristico. Se andiamo a leggere oggi il voto M5s in alcuni territori abbiamo la sovrapposizione moltiplicata di quel voto. A Casal di Principe il M5s prende il 68%. Ora io capisco che in una stagione politica favorevole vai al 40%, 50%. Ma il 70% non è fisiologico”. In un altro passaggio De Luca dice: “Abbiamo combattuto in un clima infame e non abbiamo ancora valutato appieno quello che si è scatenato in questa campagna elettorale, le forze oscure che si sono messe in movimento”.

Affermazioni alle quali ha replicato l’eletta in Regione del Movimento 5 stelle Valeria Ciarambino. “Nel chiuso di una stanza, attorniato dai suoi sodali di partito, De Luca ha offeso uno ad uno tutti i cittadini di questa Regione, accusandoli di essere dei camorristi e di aver espresso il loro voto in quanto pilotati da forze oscure.   Ci aspettiamo ora che i politici e gli amministratori presenti ieri alla direzione del Pd, prendano le distanze dalle gravissime affermazioni di De Luca. E che si uniscano a quanti, cittadini ed elettori di questa Regione, invocano le dimissioni di un uomo dal linguaggio violento, i modi squadristi e che non perde occasione per manifestare la sua palese incapacità a governare un territorio come la Campania”

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Io personalmente conto sul lupo di Rignano (cit. Panebianco). Io aspetto e spero !

La differenza fra Giulio Cesare e Di Maio? Il primo ha conquistato i Galli, il secondo i polli.

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Qualche anno fa, ascoltai una canzoncina, che faceva più o meno cosi. Son contento di morire, ma mi dispiace, e poi ancora. Mi dispiace di morire ma son contento. Questo è la sensazione che provo oggi, nel senso che………; Mi dispiace veramente tanto che il PD abbia perso voti, però son contento che gruppi, o partiti, o coalizioni, che pur non avendo raggiunto il 40%, siano comunque stati premiati da quegli elettori creduloni, si possano accordare tra di loro per fare il governo e mantenere le vane promesse fatte. Un giorno non tanto lontano, vedremo l’incapacità di governare e il pentimento di chi li ha votati. Buona Serata a tutti da chi ha votato PD e che ancora crede in Renzi e PD.

Ieri ero a cena con grullini. È stato spiacevole a tratti doloroso. Sembravo arrivassi da Marte, loro farciti di bugie spacciate per dogmi indiscutibili: Renzi è un bugiardo amico dei poteri forti, Di Maio è uno onesto, insomma il salvatore della patria. Erano meravigliati che fossi pro Renzi.  Loro s’informano solo su Facebook. Non leggono, e non sono abituati all’analisi critica, in sintesi il tipico elettore grullino. Ma anche lo spaccato dell’Italia d’inizio secolo: impoverita da un nefasto passaggio all’euro e da un’Europa matrigna (un esempio per tutti il draconiano principio di pareggio di bilancio), figli di una scuola livellata verso il basso con insegnanti statali ahimè poveri e arroccati su posizioni di difesa dello status quo e per questo anti renziani. Mio Dio, Renzi voleva introdurre un timidissimo concetto di efficienza nella scuola, giammai! Ora, al di là della mia sofferenza, vorrei che tutti noi facessimo delle opportune riflessioni. Noi siamo dunque un’élite? Possiamo ancora essere rappresentati da un pd senza Renzi, peggio da un pd che accoglie gli scissionisti ? Oggi, interpretando sinteticamente il pensiero del buon Turani, c’è una forza silenziosa, progressista, critica, riformista e moderata nell’accezione più positiva ed elevata del termine, che ha bisogno di una rappresentanza ma soprattutto del sogno che l’Italia possa ancora sperare in una rinascita che parta dalla scuola e dalla rieducazione alla cultura. Questa Italia ha bisogno di un uomo che si liberi dai lacci e lacciuoli di un partito ormai poco credibile anche per i suoi stessi sostenitori, che fagocita i suoi leader. Un uomo che aspetti il momento opportuno per creare qualcosa di nuovo. Io personalmente conto sul lupo di Rignano (cit. Panebianco). Io aspetto e spero !

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ZANDA:E’ tempo di finirla che il giorno dopo che si riunisce la direzione del partito c’è sempre qualcuno che sui giornali deve dire qualche cosa di critico,su cui non è d’accordo.Lo dica nelle sedi opportune.

Luigi Zanda: “No a due capigruppo renziani”. Ma l’area Renzi è pronta alla conta

Il presidente uscente dei senatori dem al Corriere: “È il momento dell’unità vera e condivisa”

L’abiezione di certi personaggi non ha confini. Questo signore ha passato tutta la scorsa legislatura a strisciare davanti a Renzi quando era in auge e ora che è stato sconfitto non passa giorno che rilasci dichiarazioni contro di lui. Maramaldo chi era costui?

Zanda! ma basta neh? Fosse per voi politici vecchio stampo saremmo ancora alla palude.
Renzi ha il grande merito di aver tolto l’incantesimo che impediva al paese qualsiasi cambiamento proprio a causa dell’inadempienza e inconcludenza dei politici vecchio stampo parf tuo.
Per decenni questo paese è stato bloccato in una situazione di sottosviluppo politico-istituzionale e grazie a Renzi finalmente anche in Italia sono state fatte le necessarie riforme, in campo economico, istituzionale e giudiziario, e i risultati già si vedono.
Renzi ha salvato il paese dal default e il popolo del PD lo sa e gliene sarà grato per sempre.
Quindi, Zanda, basta con le polemiche di lana caprina (lasciale ai nemici del PD) che portano solo problemi al PD e al paese. Un po’ di riconoscenza per chi ha salvato il paese dal disastro e il PD da uno smottamento precoce più grave dell’attuale.E a chi li da sponda dico: invece di continuare a preoccuparvi del PD, che a quello ci pensiamo noi del PD, comincia a preoccuparvi piuttosto di evitare il disastro imminente (economico e politico, perché ci sgancia dall’europa) controllando gli inetti, ballisti e demagoghi, che hai votato.

Questi vorrebbero le dittature delle minoranze. E basta… Berlinguer ha governato il PCI per 12 anni , dicosi 12 anni e qui ogni giorno si alza uno che dice io rappresnto l’0,3 e siccome siamo un partito democratico vi impongo di fare come dico io.

Torno a Zanda .Prima della prossima (ennesima dannosa inutilmente polemica) intervista, suggerisco a Zanda di scrivere mille volte la seguente frase: “il PD deve continuare l’opera modernizzatrice di Renzi, il PD deve continuare ad essere un partito dove si dibatte, ci si confronta, si discute ma, poi, rapidamente e democraticamente si decide e si agisce, un partito che propone programmi, idee, progetti, visioni per un paese moderno, realisticamente di sinistra. Questo è quello che ci chiede il popolo del PD”.

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