Archivio mensile:dicembre 2018

SCUSATEMI ELETTORI ITALIANI! MA L’AVETE VOLUTO VOI! LO SAPETE O NON AMMETTETE PURE QUESTO.

SALVINI DI MAIO CONTE1. STANGATA IN ARRIVO! TAGLIATE LE PENSIONI, MENO SGRAVI, PIU’ TASSE, ANNACQUATI REDDITO E QUOTA 100, UCCISA LA FLAT TAX. E L’IVA SALIRA’ DI OLTRE 80 MILIARDI DAL 2020: LA MANOVRA SCRITTA DA BRUXELLES È UN LIBRO DELLE PROMESSE NON MANTENUTE DA M5S E LEGA
2. SALLUSTI: “CI RITROVIAMO TRADITI E GABBATI. SALVINI HA CEDUTO A DI MAIO: GLI ELETTORI DEL CENTRODESTRA IL 4 MARZO NON SI IMMAGINAVANO DI DIVENTARE COMPLICI DI TANTO SCEMPIO NEI CONFRONTI DEI LORO INTERESSI. ENTRIAMO IN UNA “RECESSIONE SOVRANISTA”

E la montagna, a caro prezzo, partorì un topolino, per di più spelacchiato e malconcio. Ovvero la manovra economica del governo che ha avuto ieri il via libera dell’ Europa, la quale – dopo averla dettata (alla faccia del sovranismo) – ha pure preteso una cauzione (due miliardi) come si fa con i morosi e i tipi poco affidabili.

 Peggio di così non poteva andare, neppure per i fan del reddito di cittadinanza e per i prigionieri della Fornero che vedranno, a furia di tagli, rinvii e diluizioni nel tempo, solo briciole di quanto promesso.

Ma il punto vero è un altro. Gli elettori del centrodestra, compresi quelli della Lega, mai più il 4 marzo si immaginavano di diventare, con il loro voto, complici di tanto scempio nei confronti dei loro interessi. Lasciamo perdere per un attimo la mamma di tutte le schifezze, il reddito di cittadinanza. Chi di voi ha votato Lega, o leghisti via Forza Italia, si immaginava che – avendo vinto le elezioni – il governo gli avrebbe tagliato le pensioni, tolto gli sgravi fiscali, messo le grandi opere su un binario morto, aumentato gli interessi su multe e cartelle esattoriali, messo la tassa sui rifiuti nella bolletta elettrica (quando Renzi lo fece con il canone Rai Salvini tuonò: «Non ci penso neppure, è una truffa»), tasse sulle auto, agenti provocatori in azienda, investigatori con libero accesso ai conti bancari e amenità simili?

 Io penso che nessuno se lo sarebbe immaginato. Invece oggi ci ritroviamo traditi e gabbati. È vero, in campi non economici – immigrazione e sicurezza – abbiamo avuto qualche soddisfazione, per altro condivisa, al di là delle dichiarazioni ufficiali, da gran parte dell’ elettorato. Risultato: il grillino, grazie a Salvini, non ha più il clandestino sull’ uscio di casa e se non lavora avrà il reddito di cittadinanza; noi non abbiamo più il clandestino sull’ uscio di casa ma lavorando, complice Salvini che ha ceduto a Di Maio, siamo più vessati e quindi più poveri e meno liberi.

 Chi ci ha guadagnato nello scambio mi sembra evidente, e non siamo certo noi. Noi, che da qui in poi pagheremo dazio anche per gli effetti di queste decisioni, a partire dalla frenata di quella già piccola crescita che ci ha accompagnato in questi ultimi anni.

Prepariamoci, perché stando così le cose è certo che entriamo in una «recessione sovranista». Che è un po’ come quel marito che per fare dispetto alla moglie (in questo caso la vecchia casta) si taglia gli attributi.

2. UCCISA LA FLAT TAX .Il piano era ambizioso. «La flat tax verrà fatta, è nel contratto di governo. Vogliamo fare in piccolo quello che ha fatto Trump in America», diceva Matteo Salvini lo scorso agosto, con il piglio di chi è disposto a dare il sangue per ottenere il risultato. Il piccolo, però, con il passare dei mesi è diventato minuscolo, quasi impercettibile. Certo, nella manovra, alla fine, sono entrate le aliquote agevolate per le partite Iva fino a 100mila euro. Ma il confronto con il taglio delle tasse di centinaia di miliardi messo in atto dal presidente Usa, il più imponente dai tempi di Ronald Reagan, rende la mini sforbiciata di poche centinaia di milioni portata a casa dalla Lega un mucchietto di briciole da gettare nella spazzatura.

All’ inizio era la rivoluzione fiscale. Progetto palingenetico con cui il leader della Lega ha prospettato agli italiani un nuovo rapporto tra fisco e cittadini: aliquota unica, riduzione delle pressione tributaria, semplificazione, chiusura con il passato.

Che tutto non fosse possibile lo si era capito da subito. Iniziamo dal ceto produttivo, aveva detto Salvini. Poi sarà il turno delle famiglie. E già qui sono arrivati i primi mugugni. Ma nell’ attesa c’ è la pace fiscale. Basta contenziosi ed evasione di sopravvivenza, via le odiate cartelle: si riparte da zero.

 Tra una manina e l’ altra, però, i grillini hanno avuto la meglio. Nella confusione di mini sanatorie e rottamazioni, il condono fiscale promesso, quello che avrebbe permesso ai contribuenti di chiudere la partita col fisco versando una piccola quota del dovuto, è uscito completamente di scena. Stesso discorso per la flat tax. L’ ipotesi di una riduzione del peso delle imposte attraverso l’ introduzione di una aliquota unica ha resistito poche settimane. In un primo tempo, si è detto, meglio fissarne due. O forse tre. Neanche il tempo di litigare sulle percentuali e lo scenario è cambiato di nuovo. La flat tax, per adesso, riguarda solo i piccoli lavoratori autonomi. Per il resto della platea, si vedrà.

SOLDI AI FANNULLONI Se a questo aggiungiamo i soldi regalati ai fannulloni con il reddito di cittadinanza («Che piace a un’ Italia che non ci piace», ha ammesso il sottosegretario leghista Giancarlo Giorgetti, ma che ha avuto un ridimensionamento di soli 1,9 miliardi rispetto ai 2,7 di quota 100), l’ ostilità verso le grandi opere che rendono più competitivo il Paese, l’ intenzione di non aggredire la spesa pubblica per ridurre sprechi e sperperi di denaro e l’ assalto alle pensioni di chi ha sempre versato i contributi attraverso il taglio di quelle più alte e il mancato adeguamento di quelle medio-basse, il quadro è completo per tratteggiare una sorta di inferno per il ceto produttivo, che dalla classe dirigente leghista, cresciuta nei campi e nelle fabbriche, nel cuore pulsante delle regioni del Nord che trainano il Paese, si aspettavano qualcosa di ben diverso.

 Aspettative e delusioni che non sono sfuggite a Salvini, solitamente attento agli umori della sua base elettorale. È anche per questo che il leader del Carroccio ha deciso di riallacciare il dialogo con le categorie. L’ incontro al Viminale è andato come doveva. Artigiani, grandi industrie, agricoltori e commercianti hanno presentato le proprie richieste. Il ministro dell’ Interno si è impegnato a dare seguito ai suoi progetti per il rilancio della crescita e lo sviluppo.

 FURIA GRILLINA La furia di Luigi Di Maio, che ha subito bacchettato l’ alleato, ricordandogli che quella è materia sua, ha però ricordato a tutti chi comanda nella colazione sui temi economici (e forse non solo). Il risultato è quello messo nero su bianco nella manovra concordata con Bruxelles per evitare la procedura d’ infrazione.

L’ elenco di misure che riguardano le imprese è lungo: abrogazione del credito d’ imposta in materia di Irap per i soggetti passivi che impiegano dipendenti a tempo indeterminato in alcue regioni, abrogazione dell’ aliquota ridotta Ires in favore degli enti non commerciali, abrogazione del credito di imposta in favore di soggetti che compioni investimenti in beni strumentali nuovi. E non è tutto, perché il premier si è anche impegnato con la Ue ad aumentare l’ Iva di 10 miliardi nel 2020 se i conti non torneranno. Stangata che si cumula con quella delle precedenti clausole di salvaguardia sterilizzate solo in parte dalla manovra.

A completare il conto dei balzelli ci sono l’ ecotassa per le auto troppo inquinanti, che darà il colpo di grazia all’ industria dell’ auto già in affanno, l’ ulteriore stretta sui giochi e la web tax al 3%.

Senza contare le bastonate già preesistenti su banche e assicurazioni.

Per scovare l’ unico provvedimento a favore delle azienda bisogna andare sotto la voce Inail: un emendamento taglia di 410 milioni i contributi versati dalle aziende. Il presso da pagare sono 110 milioni tolti alla formazione in materie di sicurezza e tutela della salute per le piccole imprese. Insomma, non un grande affare.

A dare la sensazione della clamorosa beffa sono le parole dello stesso Salvini, che di fronte al fiasco della manovra grillo-europea non ha trovato di meglio che prorogare il mantenimento delle promesse al prossimo anno: «Lavoreremo nel 2019 per la pace fiscale e per ampliare la platea della flat tax». E il taglio delle accise sulla benzina? Pure quello si farà poi. Doveva essere all’ ordine del giorno del

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Tutti i deliri di Travaglio a Otto e Mezzo per difendere il governo

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Deve essere difficile trovarsi improvvisamente a dover passare dalla parte dell’inflessibile Torquemada dei governi precedenti non eletti dal Popolo a quella dell’avvocato difensore del Cambiamento. Fortunatamente Marco Travaglio è un uomo che adora le sfide e da quando si è insediato il governo presieduto dall’Avvocato del Popolo non eletto dal Popolo si sta dando  un gran da fare per raccontarci le magnifiche sorti e progressive dell’inedita coalizione Lega-MoVimento 5 Stelle. Ieri a Otto e Mezzo il direttore del Fatto Quotidiano aveva dinnanzi a sé un compito assai arduo: difendere la Manovra del Popolo che Conte, Di Maio e Salvini si sono fatti riscrivere dal Bruxelles. Come fare?

La fregnaccia della Commissione che ci voleva imporre l’1,6% del rapporto deficit/Pil

Le armi della fredda logica e dei numeri non erano senz’altro sufficienti. Serviva qualche fuoco d’artificio per abbagliare gli ascoltatori e illuminare realtà alternative, alternative facts, come li chiamano quelli troppo pudichi per parlare di fake news. Ieri Travaglio ci ha spiegato quella che secondo lui è stata la genesi del famoso 2,04% nel rapporto tra deficit e Pil. Travaglio, che non usa più da tempo il termine inciucio, ieri ha detto in buona sostanza che i governi precedenti (quelli degli inciucisti non eletti dal popolo) si facevano scrivere le manovre da Bruxelles. Per il governo del Cambiamento – che Travaglio definisce «plebiscitato dagli elettori» anche se gli elettori avevano votato per due coalizioni differenti con due programmi differenti – le cose sono diverse. Il direttore del Fatto ha parlato di trattativa, accordo, compromesso ed infine successo. Perché la Commissione «ci voleva impiccare all’1,6% di rapporto deficit/Pil» e aver ottenuto il 2,04% consente al governo di fare tante belle cose come il Reddito di Cittadinanza e Quota 100. Farle poco e male perché con 10 miliardi in meno e rinunciando a 6,5 miliardi di euro di spesa in deficit significa avere meno soldi. E il governo dovrà trovare anche i 2,4 miliardi di euro per non far scattare le clausole di salvaguardia sull’IVA.

travaglio otto e mezzo deliri manovra popolo 2,4 - 1
Fonte: Fatto Quotidiano del 20/12/2018

Ma tutta la storia della Commissione che ci voleva imporre un draconiano 1,6% diventa ancora più ridicola se leggiamo il Fatto Quotidiano di oggi. L’articolo di Stefano Feltri pubblicato sul giornale diretto da Marco Travaglio ricorda chi era quello che voleva il rapporto defict/Pil al’1,6% (al punto di arrivare a minacciare le dimissioni): il ministro dell’Economia Giovanni Tria. Ora noi non sappiamo se questa informazione, pubblicata sul giornale di Travaglio,sia attendibile per Travaglio. Nel dubbio ci limitiamo a ricordare quello che disse lo stesso Travaglio a Otto e Mezzo a settembre commentando la “granitica posizione” del ministro dell’Economia sull’1,6%: «se Tria fa il resistente sul’1,6%, è perché ha già messo in conto che il 2,2% o il 2,3% verrà per forza toccato».

Per Travaglio la Commissione europea vuole sterminare disoccupati e pensionati

Come tutta questa storia sia diventata un successo del governo contro la Commissione lo sanno solo Travaglio e Manlio Di Stefano (un altro che ieri raccontava della vittoria su tutta la linea). Ma il mago dei numeri del Fatto Quotidiano ha detto anche altre cose interessanti a Otto e mezzo. Ad esempio che quello 0,04% in più rispetto al 2% “strappato” dai negoziatori italiani alla Commissione «sembrano decimali ma circa valgono una decina di miliardi mal contati, e non sono pochi».  Non è così perché quei pochi decimali valgono circa 600 milioni di euro, in termini assoluti non sono pochi nemmeno loro, ma sono pochissimi se rapportati all’ambizioso programma di governo del Contratto. Qualcuno in studio avrebbe potuto chiedere a Travaglio che fine hanno fatto i 75 miliardi di coperture promesse in campagna elettorale, o i 30 miliardi di tagli promessi il giorno prima del voto. Se qualche manina volesse farli saltare fuori ora sarebbe il momento adatto.

regola deficit paesi europei
Quante volte i paesi europei hanno infranto la regola del deficit (Il Sole 24 Ore, 10 novembre 2018)

Travaglio poi è passato ad attaccare il commissario Moscovici, accusandolo di favoritismi nei confronti della Francia perché a Macron sarà consentito di sforare il tetto del deficit. Ed è vero che la Francia ha sforato la regola del 3% per parecchie volte, così come lo hanno fatto l’Italia e altri stati che hanno aderito al patto di stabilità. Ma non è vero, come ha detto Travaglio, che quando Moscovici era ministro dell’Economia a Parigi ha fatto infranto le regole europee. Con Moscovici la Francia ha attuato un percorso per ridurre progressivamente il rapporto Deficit/Pil e riportarlo al di sotto del 3%. Certo non si può passare da 5% al 2,9% con una sola manovra economica ma basta guardare i grafici per capire in che direzione stavano andando le leggi di bilancio francesi.

 

Una volta raccontate tutte queste versioni alternative della realtà era il momento per Travaglio di calare l’ascoltatore nella sua visione apocalittica del mondo. Apocalisse dalla quale siamo stati salvati proprio grazie alla Manovra del Popolo. Secondo Travaglio «se la Commissione europea potesse sterminare tutti i pensionati  e tutti i disoccupati, lo farebbe volentieri e ci promuoverebbe a pieni voti se lo facessimo». Avete capito? Il rischio non solo era quello di poter fare l’1,6% (che voleva Tria, quindi il governo) ma addirittura quello di trovarsi a vivere in un mondo come quello raccontato in 2022: i sopravvissuti. Curioso però che il più grande difensore del ruolo del Parlamento non abbia avuto nulla da dire su come il governo abbia fatto approvare alla Camera una legge di bilancio senza alcun valore. Chissà che ne pensa il Presidente della Camera Fico.

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RENZI A D’Alema: triste, solitario y final

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Caro DA LEMA,una sola cosa, ma fondamentale per la mia formazione politica, mi hai insegnato: un metodo fatto di raffinatezza dell’analisi, ossessione maniacale per l’approfondimento, disprezzo per le ricostruzioni abborracciate e caricaturali.

Pensavo fossero legittime divergenze d’opinione a portarci in case politiche diverse.

E invece ti sei ridotto alla caricatura di te stesso, rinnegando tutto quello che mi hai insegnato ad amare del “fare politica”.

Ti sei ridotto a impersonare tutto quello che hai sempre disprezzato: superficialità e partigianeria.

E il fatto che la stragrande maggioranza dei politici faccia altrettanto un tempo l’avresti considerata un’aggravante.

Caro DA LEMA, della tua sottile ironia è rimasto solo il sarcasmo, della tua raffinata arroganza è rimasta solo la spocchia aristocratica, dei tuoi “dalemoni” è rimasto solo il criceto che gira a vuoto nella ruota per rincorrere i suoi fantasmi.

Triste, solitario y final.

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IL GOVERNO DEGLI SCOMPARSI!Forse resteranno al potere ancora per un po’ (e incasseranno buoni stipendi), ma ormai sono statue di gesso.

Risultati immagini per IL GOVERNO DEGLI SCOMPARSIGUARDATELI BENE IN FACCIA QUESTI “Mariuò” DI SPERANZE LORO COSI CODARDI NON HANNO IL CORAGGIO IL GOVERNO DEGLI SCOMPARSI.Il governo più sovranista d’Europa ha fatto scrivere la manovra di bilancio dai funzionari di Bruxelles.

Sono scomparsi. Senza scene isteriche e senza pianti. Ma sono scomparsi. Anzi, cantavano canzoni di vittoria, come è loro abitudine, in ogni occasione. Mi riferisco a populisti e sovranisti, insomma Lega e Movimento. In appena sei mesi dei loro tratti distintivi non è rimasto niente, zero assoluto, meno 273 gradi. Dovevano fare la guerra all’Unione europea, invece la manovra di bilancio (l’atto più importante del governo) sono andati a farla scrivere direttamente dagli sherpa di Bruxelles, che poi hanno mandato il tutto a Roma via mail.

E nei prossimi mesi, quando serviranno rettifiche e modifiche saranno ancora gli anonimi sherpa di Bruxelles (i funzionari della Commissione) a prendere le decisioni. I nostri eroi le prenderanno, le metteranno in bella copia e poi le faranno approvare dal Parlamento. Il governo più sovranista d’Europa è diventato di fatto una sorta di passacarte della Commissione.

La legge Fornero, che doveva essere abolita entro i primi 15 minuti di governo, è sempre al suo posto e durerà forse millenni.

Il reddito di cittadinanza, che doveva sconvolgere il mondo, è come il Rei di Gentiloni, probabilmente con qualche soldo in più, sempre che riescano a gestirlo. La Tap va avanti, il terzo valico pure e anche la Tav. Il ponte di Genova non lo faranno gli amici dementi di Grillo (con bar e area giochi per i bimbi…), ma il signor Renzo Piano, archistar mondiale e senatore a vita.

Certo, intanto i loro colonelli no-euro (da Bagnai a Borghi) continuano a girare per le tv a dire sciocchezze, ma è il loro mestiere. E comunque sono soltanto parole.

Di Maio, che ha già fatto più danni di Attila, prosegue con le sue stupidaggini e fa leggi anticorruzione che forse non reggeranno un esame più attento da parte della Corte. E se la prende con le pensioni d’oro (cioè con un gruppetto di cittadini che avrebbe anche il diritto di essere lasciato in pace).

Ma, se si escludono queste poche cose fatte per tenere liete le tricoteuse del Movimento (sempre assetate di sangue…), la carica eversiva e innovativa del Movimento e della Lega sembra esaurita.

Ormai sono due partiti alla ricerca di voti e di poltrone, disponibili per qualsiasi ragionevole compromesso.

Nella loro versione più moderata dovevano battersi per migliorare la costruzione europea, ma si è scoperto che non hanno nemmeno mezza idea di quello che bisognerebbe fare. In più sono detestati in tutta Europa e non contano niente.

Forse resteranno al potere ancora per un po’ (e incasseranno buoni stipendi), ma ormai sono statue di gesso.

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*Desaparecidos DI MAIO&SALVINI nel giorno clou, riemergono.

Risultati immagini per Desaparecidos DI MAIO SALVINIDesaparecidos nel giorno clou, riemergono i vice premier. Di Maio a Radio Capital: “Tutte le misure portate a casa, l’Iva non aumenterà”. Salvini a Radio1: “Vorrei sempre perdere così” CHE FACCIA DA TOLA DICONO A BRESCIA.

Desaparecidos nel giorno clou dell’accordo con l’Ue, tornano in pista per difendere i risultati. “Se fossimo partiti in ritirata subito non avremmo ottenuto nulla”che cacciaballe pazzeschi e il bello di questa situazione assurda e che il 58% degli elettori (secondo gli ultimi sondaggi) ci crede….come siamo caduti (o ci siamo sempre stati) in basso.

Dalla comunicazione del duo Salvini-Di Maio deduco quale sarà la loro linea di difesa qualora, come è molto probabile, con i fondi rimasti riusciranno a soddisfare le promesse elettorali in modo molto parziale: è colpa dei tecnici e delle loro stime di impegno economico, che si sono rivelate sbagliate ! e i boccaloni sovra citati ci cascheranno nuovamente Cacciamoli tutti !

Punto per punto la manovra che prende in giro il popolo: aumento dell’Iva nel 2020

Il reddito di cittadinanza e la riforma delle pensioni e il taglio di quelle d’oro, la web tax, il rinvio di assunzioni nelle P.A.. Sono i capitoli che hanno consentito di sciogliere il nodo della trattativa tra Italia e Ue sulla Manovra. Resta il “giallo” della Tari in bolletta, come il canone tv. Ma l’emendamento leghista non piace a tutti. Iva “sterilizzata” nel 2019 ma aumenti nel 2020 e 2021.
Tari. L’emendamento della Lega è finito nell’occhio del ciclone per le proteste delle associazioni dei consumatori. La proposta, con prima firma del capogruppo dei senatori del Carroccio, Massimiliano Romeo, non è ancora stata votata. Alla legge di Bilancio verrebbe aggiunto l’articolo 521bis che prevede la possibilità – non l’obbligo – di far pagare la Tari “mediante addebito sulle fatture emesse dall’impresa elettrica”. Ciò avverrà solo “a seguito di apposita deliberazione del Comune che si trovi in stato di dissesto finanziario”.

Saldi. L’ammontare dei saldi ridefiniti è pari 10 miliardi e 254 milioni nel 2019, 12 miliardi e 242 milioni nel 2020, 15 miliardi e 997 milioni nel 2021.

Deficit. Dal 2,4% previsto dalla nota di aggiornamento al Def di settembre si scende al 2,04% nel 2019, con una previsione dell’1,8% per il 2020 e dell’1,5% nel 2021.
Pil. Tenuto conto dell’evoluzione del quadro macroeconomico, che evidenzia un rallentamento dovuto al cattivo andamento del commercio internazionale, viene rivista la stima sul Pil che dal 1,5% per il 2019 si attesta al 1%, nel 2020 dell’1,1% e nel 2021 dell’1%.

Reddito e quota 100. Non sono stati modificati, ha assicurato il premier, né i contenuti, né la platea, né i tempi di realizzazione delle due misure. Vengono però tagliati, rispetto a quanto annunciato nei giorni scorsi, 1,9 miliardi dal Fondo dedicato al reddito di cittadinanza nel 2019, e 2,7 miliardi saranno recuperati da Quota 100. Il ministro dell’Economia Tria, inoltre, ha detto che quota 100 partirà ad aprile per il settore privato e ad ottobre per il pubblico, mentre il vicepremier Luigi Di Maio ha detto che si inizierà a marzo.
Rischio Iva al 26,5%. La novità più dibattuta in commissione Bilancio al Senato è’ stata la dimensione delle nuove clausole di salvaguardia. Si tratta di un meccanismo che rassicura sui conti pubblici, ma che fa scattare in automatico considerevoli aumenti Iva.
Senza interventi per bloccare gli scatti, l’aliquota ridotta del 10% passerebbe dal 2020 al 13%, mentre l’aliquota ordinaria oggi al 22% passerebbe nel 2020 al 25,2% e nel 2021 al 26,5% nel 2021. Viene comunque confermata la sterilizzazione “totale” degli aumenti nel 2019. Dall’anno successivo, gli scatti porterebbero 23 miliardi nelle casse dello Stato, e quasi 29 miliardi nel 2021 e 22.

Piano infrastrutturale. E’ stata concessa dall’Europa la flessibilità per quasi lo 0,2% del Pil per un piano straordinario di infrastrutture per la messa in sicurezza delle infrastrutture viarie, viadotti, ponti, strade, gallerie, e la gestione dei rischi connessi al dissesto idrogeologico. A tale piano saranno dedicate risorse già in bilancio negli esercizi competenti e contenute nella nuova legge di bilancio e nel decreto fiscale nel 2019 2,6 miliardi, negli anni successivi 3,7 nel 2020 e oltre 4,2 nel 2021, per un totale di 10 miliardi e 500 milioni.

Pensioni, indicizzazioni e tagli. Previsto il ‘raffreddamento’ dello schema di indicizzazione dei trattamenti pensionistici di più cospicuo importo.
Per 3 anni sarà tagliato l’adeguamento delle pensioni oltre i 1.522 euro al mese (3 volte il minimo). La decurtazione maggiore, fino al 60%, scatterà per gli assegni oltre i 4566 euro. L’indicizzazione piena ci sarà solo per le pensioni fino a 1.522 euro, poi sono previste sei fasce di tagli.
Confermati gli interventi sulle cosiddette pensioni d’oro con riduzione dei trattamenti più elevati, attraverso la previsione di un contributo di solidarietà temporaneo (per 5 anni) e progressivo per scaglioni di reddito.
Le fasce sono complessivamente 5 e, oltre alla minima e la massima, è previsto un prelievo del 25% per i redditi tra 130.001 e 200.000 euro; del 30% per i redditi tra 200.001 e 350.000 euro; del 35% per i redditi tra 350.001 e 500.000 euro.

Webtax. Viene prevista l’istituzione di un’imposta sui servizi digitali gravante sui soggetti che nell’esercizio dell’attività di impresa prestino servizi digitali e che superino determinate soglie. La nuova misura imporra’ un’aliquota al 3% sui ricavi, da versare entro il mese successivo a ciascun trimestre. Verrà applicata ai soggetti che prestano servizi digitali e che “hanno un ammontare complessivo di ricavi non inferiore a 750 milioni e che hanno un ammontare di ricavi derivanti dalla prestazione di servizi digitali non inferiore a 5,5 milioni di euro”. Nelle casse dello Stato dovrebbero entrare 150 milioni nel 2019, 600 milioni nel 2020 e 600 milioni nel 2021.

Dimissioni immobiliari. Il Governo si impegna ad attuare “un programma di dismissioni immobiliari volto a conseguire introiti per un importo non inferiore a 950 milioni per il 2019 e a 150 milioni per ciascuno degli anni 2020, e 2021, al netto delle quote non destinate al Fondo ammortamento titoli di Stato o alla riduzione del debito degli enti”. E’ quanto si legge nella proposta di modifica. Il piano dovrà essere pronto entro il 30 aprile prossimo.
Giochi e scommesse. Arriva un pacchetto di misure che incrementa il prelievo nel settore dei giochi attraverso l’incremento del Preu applicabile agli apparecchi da intrattenimento e divertimento e la riduzione delle percentuali minime di payout. Inoltre si introduce dal 1 gennaio 2019 l’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse.
Turnover Pa. Per le amministrazioni centrali si prevede un rinvio della presa di servizi degli assunti al 1 novembre 2019, ma limitato alle assunzioni derivanti dal turnover ordinario dell’anno precedente.
Sgravi imprese. E’ prevista l’abrogazione del credito di imposta relativo alle deduzioni forfettarie in materia di Irap un favore di soggetti passivi che impiegano lavoratori a tempo indeterminato in alcune regioni, l’abrogazione del credito di imposta in favore di soggetti che acquistano beni strumentali nuovi, l’abrogazione dell’aliquota ridotta Ires in favore degli enti non commerciali.
FONDO COMPETITIVITA’. Nello stato di previsione della spesa del ministero dell’Economia sono previste misure volte a definanziare le risorse del fondo per favorire lo sviluppo del capitale immateriale, la competitività e la produttività di 75 milioni di euro per l’anno 2019 e di 25 milioni di euro per l’anno 2020.
Fs. Prevista una rimodulazione delle risorse per 600 milioni di euro per il 2019, prevedendo un incremento per ciascuno degli anni dal 22 al 24 di 200 mln di euro, delle risorse destinate a Fs per la realizzazione dei progetti previsti.
Politiche comunitarie. Prevista una rimodulazione con una riduzione di 850 milioni di euro per il 2019 e un incremento progressivo per ciascuno degli anni dal 2020 al 2024 di 150 milioni di euro e di 100 milioni di euro nel 2025 della quota nazionale per il finanziamento delle politiche comunitarie.
Fondo sviluppo e coesione. E’ stata programmata una rimodulazione delle disponibilita’ di cassa del fondo sviluppo e coesione sociale per 800 milioni di euro per il 2019 che, ha assicurato Conte, non pregiudichera’ in alcun modo i progetti gia’ programmati e anche dei nuovi che potranno essere programmati.
Entrate contributive. Stimate maggiori entrate contributive per 150 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021 in relazione alle quote di risorse stanziate per l’attribuzione al reddito di cittadinanza e destinazione all’assunzione di personale destinato a rafforzare le attività dei centri dell’impiego.
Accontanati 2 miliardi. Allo scopo di assicurare il raggiungimento degli obiettivi è stata prevista una norma che dispone l’accantonamento temporaneo di una parte di specifici stanziamenti per un importo 2 miliardi che saranno resi disponibili nel caso in cui l’andamento degli obiettivi programmati certifichi il raggiungimento degli obiettivi di bilancio.

Ma no….IL DUO Salvino&Giggino a Bruxelles ha vinto su tutta la linea…Si è portato a casa il reddito di divananza! Poi fai due conti, e con i due spiccioli che sono rimasti, riesci a dare poco più di 60 euro a cranio, ma con 60 euro al mese Giggino ha abolito la povertà! E!Pare che Di Maio abbia detto: Noi abbhiamo vinto perchè ai dicktat non ci siamo offerti volontari come Monti, Renzi e Gentiloni. Noi siamo il cambiamento.E fatelo risalire su quel balcone ….ma sopratutto non fermatelo quando si butta di sotto.

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Meraviglioso Renzi. Grazie di esserci ancora.L’UNICO CHE FA OPPOSIZIONE

Risultati immagini per Manovra, Renzi ironizzaArticolo pubblicato sul Fatto Quotidiano.Manovra, Renzi ironizza: “Testo scritto da Bruxelles”. Poi la battuta su Conte: “Attenzione, è in ritardo…”

Leggendo tutti i commenti sottostanti si nota al’unanimita che tutti irridono questo (SECONDO LORO) politico fallito ed antipatico di natura ! Nessuno però ha risposto nel merito, non so se perché non hanno ascoltato l’audio o per partito preso ! L’ex (SECONDO LORO) fenomeno di Rignano dice : “ Per dare il reddito di cittadinanza a 5 MLN di poveri (come promesso) occorrono più di 60 MLD, (e questo si sapeva) ma ne hanno stanziati un decimo (1/10) cioè solo 6 MLD “(idem aggiungo io per la quota 100 di Salvini) ! Siccome queste cifre sono reali, (come è vero che questo non si può ascoltare), perché qualcuno non risponde alla domanda? Siccome le cifre sono quelle che sono (e non si possono smentire), perché qualcuno dei commentatori dopo averlo irriso non ribatte a questo? Il senso dell’articolo era questo ! Non vorrei che venga a mancare lo spirito critico degli elettori e non si tenga conto delle cifre ! La,popolarità è volatile e va e viene, e questo “fenomeno del passato” alle ultime Europee ebbe il 40,8% di consensi. In conclusione : la Manovra Finanziaria ha disatteso le aspettative di tanti, promettendoci un sacco di cazzate !

In effetti hanno confermato la solita incompetenze ed incapacità . Non mantengono nulla, solo palle e bugie. Alla fine il reddito di cittadinanza lo prenderà papà Antonio, visto che la ditta di famiglia del ripetente nazionale, è intestata alla moglie, e la badante in nero di Fico.

Siate onesti e ammettete che i vostri due idoli hanno fatto un gran figura di M….tanto che non hanno avuto neppure il coraggio di presentarsi in Parlamento vicino a Conte, due Scudieri, come fanno sempre, per dare l’impressione che si lui parla ma che comandano solo loro…Chi si crede tanto, deve avere sempre il coraggio di metterci la faccia e non solo quando c’è da raccogliere il plauso, magari per fatti dei quali non hanno neppure il merito…..il, coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare..

Ricapitoliamo.

1) Due mesi fa l’Europa chiede al governo di tenere il rapporto deficit/pil all’1,9%. Il Ministro Tria accetta.

2) Una settimana dopo in consiglio dei ministri viene varata una manovra che porta quel rapporto al 2,4%. Di Maio e compari esultano dal balcone di palazzo Chigi rivendicando di avere finalmente abolito la povertà.

3) Passano i giorni, lo spread cresce, la borsa cala, i soldi degli italiani volano via. E Salvini continua a dire che se ne frega. La Lega e i Cinque Stelle insistono: il 2,4 non si tocca.

4) La legge di bilancio viene finalmente inviata alla Camera dei Deputati. Non contiene nè il reddito di cittadinanza nè la riforma della Fornero, ma solo un accantonamento insufficiente di fondi. Non c’è la Flat Tax e tanto meno la cancellazione delle accise sulla benzina.

5) Dopo aver bruciato un sacco di soldi il governo improvvisamente si sveglia: bisogna rivedere i saldi e quindi anche il 2,4. Autorizzano Conte a trattare mentre fanno votare alla Camera una legge di bilancio che non esiste, perché i numeri stanno cambiando.

6) Alla fine la manovra la scrive Bruxelles e il deficit passa dal 2,4 al 2%. Praticamente quello che l’Europa aveva chiesto due mesi fa. Ma dopo aver bruciato un sacco di soldi. Peraltro nessuna delle promesse elettorali sarà mantenuta, ma in compenso ci saranno nuovi tagli e nuove tasse.

È chiaro vero che sono una massa di cialtroni, bugiardi e pericolosi?

#retromarciadelpopolo

E GIUNGE ORA QUESTA NOTIZIA NON CLAMOROSA, DA UN SONDAGGIO IL VOSTRO DUO FRESCONE PERDE MOLTO TERRENO Ms5 al 23% LA LEGA AL 26,5%

Potete affacciarvi dai balconi, proclamare la fine della povertà, dire che le letterine da Bruxelles sono rispedite al mittente e che aspettate ”solo la letterina di Babbo Natale”, che ”mai e poi mai rinunceremo al 2,4%”, che Juncker è un ”ubriacone” alla fine è arrivata la mazzata, quindi in riga allineati e coperti. L’Europa ha vinto e l’Italia è pienamente sotto il controllo dei commissari di Bruxelles, che non hanno davvero guardato ai numeri o alle strategie del governo.

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Procedura evitata a caro prezzo: tagli, risorse congelate, nuove tasse e rinunce per 10 miliardi. Più 2 miliardi accantonati. E dal 2020 tornano le clausole di salvaguardia.Ed io che pensavo che Conte si fosse solo calato le braghe con Moscovici e Juncker.

Latvian EU Commission vice-president in charge the Euro, Social Dialogue, Financial Stability, Financial Services and Capital Markets Union Valdis Dombrovskis (L) and EU Commissioner of Economic and Financial Affairs, Taxation and Customs Pierre Moscovici (R) speak during a press conference at The European Commission headquarters in Brussels, on December 19, 2018.BRUXELLES INCASSA E SI TIENE PURE LA CAPARRA. La Commissione aspetta comunque l’ok definitivo in Parlamento e congela 2 miliardi di risorse a salvaguardia del patto.”Questo accordo dimostra che la Commissione non è nemica del popolo italiano, come qualcuno voleva dipingerci”. Pierre Moscovici chiude mesi e mesi di scontro con il governo di Roma, togliendosi qualche sassolino dalla scarpa. Ma non va oltre. Il commissario agli Affari Economici non ha bisogno di sollevare ancora polemiche con i vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio, mentre parla calmo di fianco a Valdis Dombrovskis in una conferenza stampa ancora una volta monopolizzata dal caso Italia. I due sono scesi in sala stampa a Palazzo Berlaymont per spiegare che la Commissione ha deciso di non aprire la procedura per deficit eccessivo legato al debito contro l’Italia. Niente polemiche, solo sorrisi di compiacimento: questo è decisamente un ‘1 a zero’ per Bruxelles contro i populisti italiani.

Come volevasi dimostrare: la montagna ha partorito un topolino e non molto in salute, visto che rimane sotto osservazione ! Personalmente sono spiacente per tutti quelli che hanno creduto alle roboanti promesse prima ed alla postura da “duce” poi.
Domani molti di questi si ritroveranno con un pugno di mosche in mano e con l’augurio che comunque questa manovra, fatta con i piedi e la demagogia, non causi ulteriori danni.

Ed io che pensavo che Conte si fosse solo calato le braghe con Moscovici e Juncker.

Temo abbia pure dovuto fare una Lap dance..A seguito dei: me ne frego, lo spread me lo magno a colazione,o non mi smuovo di un centimetro, questa CALATA DI BRAGHE 
è costata al sistema Italia ben 150 miliardi,come certificato dalla Banca d’Italia !
Quanto sarebbe stato meglio per il bene della sovranità italica essersele calate subito senza queste perdite ? ……ma loro fanno tutto per il “bene del paese”…(non per il loro tornaconto) !… il problema è il “lascito” dei 19,2 miliardi del 2020 e dei 19, 6 miliardi del 2021 come clausole di salvaguardia. Ma vedo che voi boccaloni settari&legaioli la prendete sportivamente, in perfetto clima natalizio. In fondo avete ragione: a che serve arrabbiarsi? Ma Sembra che Salvini e Di Maio siano introvabili. Dispersi in azione.
Previsione 2019 : i due scompariranno per un paio di mesi. A quel punto, il governo sarà già a rotoli.

 

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CONTE FAI PIÙ BELLA FIGURA SE DICI”Meno male che la manovra la stanno scrivendo a Bruxelles che noi non ci abbiamo capito un…c….!”! Ahahahahaha, mai vista una banda di ladri, cialtroni e incapaci come questa

Manovra, Conte: “Con Ue negoziato politico, non siamo arretrati”

Manovra, Conte: "Con Ue negoziato politico, non siamo arretrati"
Premier: “Reddito e quota 100 partiranno nei tempi previsti”. Attacca il Pd, Gentiloni: “Prima legge di Bilancio varata a Bruxelles, sovranisti senza sovranità”. Giovanni Tria: “Soddisfatto”. Cgil, Cisl.
e Uil annunciano una mobilitazione se non ci sarà “un confronto”

Non abbiamo arretrato di un millimetro ma siamo passati da un 2,4% per tre anni della serata del balconcino ad un 2,04% per il 2019 di oggi. Ma non è cambiato niente, tranquilli. Ammetto che non so come si faccia a dire una cosa del genere…la manovra è ben diversa da come era partita e non abbiamo arretrato di un millimentro!? ma qualcuno ci crede davvero?Mi soffermerei anche sulla bella figura che abbiamo fatto in tutti questi mesi…complimenti davvero! Solamente  i  GONZI  possono  credere  a  ciò  che  dice  Conte.I  problemi  si  presenteranno  mastodontici  in  gennaio  e  proseguiranno  durante  la  primavera  quando  si  saprà  l’andamento  trimestrale  del  PIL. Allora  si  che  ne  vedremo delle  belle. Dall’uscita  sul  balcone  alla  cacciata  a calci  dal  balcone.

Giustamente lì a Bruxelles hanno voluto inserire nella legge di bilancio italiana la frase “presenza, senza soluzione di continuità, di una Badante e di un Ispettore al fine di riuscire a farvi portare avanti questa cacata di legge. Per adesso non vi puniamo (siete troppo inetti) però vi teniamo d’occhio, e siccome (lo sappiamo, uh se lo sappiamo) sparate grosse balle in continuazione, ci rivediamo a gennaio, per fare il punto della situazione. Quindi non è accordo ma TREGUA!”

I contenuti di questa manovra li potete trovare nel cassonetto dell’indifferenziata. Speriamo che vengano smaltiti in fretta, ma ho paura che ci vorranno anni e anni. Intanto, ricordo che il 24 ottobre scorso il capitano de noantri, il fascistello amico e servo di Putin, affermava: “Bruxelles può mandare 12 letterine da qui a Natale, ma la manovra non cambia di una virgola”. In parte aveva ragione, è cambiato tutto il resto, lasciando le virgole dove erano.Intanto, pare che il reddito di cittadinanza verrà elargito a tutti quelli che hanno il cognome che inizia per CN, e che della cosiddetta quota 100 se ne avvarranno solo quelli che, pur possedendo i requisiti, saranno in grado di recitare a memoria la teoria della relatività di Einstein e spiegare  la sua applicazione nella scienza moderna.Insomma, una vasta platea. With compliments.

Comunque:Se e’ vero che questa manovra è passata “prima” presso l’ organismo sovrano europeo che nella sua ” casa” naturale che e’ il Parlamento italiano. è anche vero che oramai in pochi in Italia avrebbero scommesso sul’ evitare la procedura di infrazione. Ora maxi emendamento e maxi- fiducia che testimoniano, se ce ne fosse bisogno, la superficialità e il plateale atteggiamento di poca responsabilità dei due vice azionisti di maggioranza. Un comportamento più consono avrebbe evitato danni economici ed inutili affanni procedurali.Per questo ringraziamo Lega e M5S! quest’anno tutti i contribuenti italiani sapranno per certo dove va a finire tutto quello che gli ITALIANI  versano per l’IMU (circa 5 miliardi): nel cesso, grazie allo sproloquio di Salvini e Dimaio, ben accompagnato da altri compari di fesserie, che ha fatto alzare lo spread a sproposito.

“Non abbiamo arretrato di un millimetro”  dice l’ologramma di “capo del governo” che ci meritiamo. E ha ragione, sono arretrati di  un kilometro! E presentano un bilancio con i numeri del lotto da giocare sulla ruota di Atene o Buenos Aires. Nel frattempo, l’occupazione diminuisce, il precariato è al massimo storico, la già debole crescita del PIL rallenta ulteriormente, il debito pubblico aumenta, lo spread è + che raddoppiato e ….è arrivata pure l’influenza. In 6 mesi di governo! Se tanto mi dà tanto…. Ma attenzione! Quando il PIL continuerà a scendere, i tassi di interesse a salire, la disoccupazione a dilagare ecc ecc. non vedranno l’ora di far cadere il governo per poi contabilizzare il segno meno sul prossimo governo, visto che faranno di tutto per tornare a starnazzare all’opposizione. Ma allora scenderò in piazza per gridare che restino! E che si prendano la responsabilità dei danni causati! perché questa manovra gli Italiani se la ricorderanno per i danni che ha già provocato per le concessioni che “I NOSTRI EROI” hanno fatto TARDIVAMENTE : cioè, dopo che le loro imprudenti affermazioni hanno provocato diversi miliardi di euro in costi maggiori per interessi. passivi sulle emissioni intercorse. Poi   e al di là degli slogan, che procurano i voti dei gonzi che ci credono ancora – che cosa ancora provocheranno. i contenuti e le applicazioni ( ??? ) delle singole misure .. 

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D’Alema, la tragedia si ripete come farsa

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Zingaretti smentisce. Ma che cosa smentisce? Ormai è chiaro. Per lui fa il tifo l’area che, prima con l’opposizione interna al partito, trasformata subito in opposizione al governo Renzi (e poi a quello Gentiloni), poi con la contrapposizione al governo e al Pd, addirittura su un tema strategico come il referendum costituzionale, poi con una scissione e, infine, con una lista in competizione col Pd, si è contrapposta e ha contribuito, alle elezioni politiche, alla sconfitta del Pd.

D’Alema è stato l’ispiratore e il leader, con l’aggiunta di una velenosità suppletiva, di questa condotta scellerata. Ora D’Alema interpreta – che meschinità – la fine della leadership di Renzi come il solo vero obiettivo di tanto sconquasso. E l’avvento di Zingaretti segretario come la rimozione dell’ostacolo unico alla ripresa del loro rapporto con il Pd. Ha fatto una scissione e contribuito (nel suo piccolissimo) a consegnare l’Italia agli sfascisti populisti in odio ad una persona. Così. E Zingaretti lo consente. Molto piccolo anche lui.

Questo modo di porre il problema del rapporto tra il Pd e gli ex scissionisti è poco degno, impolitico e, abbastanza squallido. Sia da parte degli ex scissionisti che da parte del Pd. Zingaretti e D’Alema (tornato il king maker della sinistra a sinistra del Pd) stanno dando al tema della “riunificazione” (sic) una colorazione, insopportabilmente burocratica. Per vari motivi.

E’, anzitutto, perseguita in modo criptico, spudorato, sottobanco, carbonaro. Perché umiliante per il Pd. E’ motivata con l’allontanamento di una persona che era il leader del partito. Non è, da parte di Zingaretti, un bel biglietto da visita.

Ma poi: è un’operazione supponente, prepotente, persino eticamente scorretta. A D’Alema si consente (nessuno del Pd, presente al convegno reducista di Italiani Europei, ha sentito la dignità di dirlo) di ipotizzare il ritorno nel Pd senza accompagnarlo ad uno straccio di bilancio della sua condotta e di autocritica per i suoi esiti e per il fallimento totale della sua scissione. Il 3,2% della loro avventura (oggi pare, nei sondaggi, l’1,2) passa in giudicato. Si stende sul fallimento di D’Alema e compagni un indecoroso silenzio.

La sconfitta di Renzi che – si dimentica sempre – col 18,5 % (e col 22% della coalizione del centrosinistra senza LeU) lascia, comunque, il Pd secondo partito e perno di ogni alternativa. Cosa ha lasciato, invece, D’Alema con la sue scissione? Una area di reduci in disarmo. A sinistra del Pd non c’è traccia di alcunché di produttivo, popolare, utile, importante, significativo. Solo una piccola somma di casi individuali e piccoli gruppi. Incattiviti, frantumati, divisi pure tra loro. Una deriva. Di cui a D’Alema e agli ex di LeU, non si chiede conto.

Né D’Alema sente il bisogno, direi persino morale, di un minimo di umiltà, di riconoscere l’azzardo della scissione e i risultati nulli del suo bilancio. La tragedia si è ripetuta come farsa. Altre volte, D’Alema lo sa (ce lo insegnavano alle Frattocchie) le scissioni nel movimento operaio hanno avuto esiti tragici. Stavolta ha contribuito “solo” all’avvento dei populisti.

Infine. Il Pd si potrebbe riunificare oggi, secondo D’Alema e Zingaretti, solo perché non c’è più il Mostro. Fine. Basta questo.

Nessuna autocritica di D’Alema. Nessuna riflessione strategica. L’ennesimo fallimento (ve ne sono altri) delle tante e ricorrenti “manovre” di D’Alema viene rubricato con un colpo di spugna.

Ci sono tante cose per cui mettere il Pd nelle mani di Zingaretti è una scelleratezza. Ma la mancanza di dignità, amor proprio e spina dorsale verso il piccolo e insignificante esercito in rotta della sinistra sinistra guidata dal comandante D’Alema, a cui si consente di dare ancora lezioni senza un qualche prezzo da pagare, supera ogni soglia di sopportabilità. Persino tra gli ex LeU sarebbe il caso che qualcuno aprisse gli occhi, avvertisse l’esigenza di maggiore decenza e pensionasse, finalmente, il generale D’Alema.

 
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Chissenefrega degli zero virgola: la recessione sta arrivando e il governo sta facendo finta di nulla

Risultati immagini per la recessione sta arrivando e il governo sta facendo finta di nullaIl protezionismo di Trump, il rallentamento della Cina, le tensioni geopolitiche europee: tutto fa pensare che la crisi stia arrivando. Il problema è un altro però: che il governo non stia facendo quel che deve per combatterla.

Alziamo per un attimo lo sguardo dal foglio Excel sul quale, in una girandola inizialmente divertente ma oramai noiosa, ballano da mesi i numeri della prima legge di bilancio rosso-brunata e proviamo a guardare quello che sta succedendo nel mondo economico che ci circonda. Tanto ieri sera ci hanno fatto sapere che, finalmente, la Commissione ed il governo italiano hanno trovato la tanto agognata “quadra” il cui contenuto ci verrà svelato nei prossimi giorni. Attendiamo quindi fiduciosi e distraiamoci guardando altrove.

Agli USA, per esempio dove l’autunno sta finendo con gli indici di mercato azionario al ribasso sull’anno precedente, dopo quattro mesi di montagne russe che devono aver fatto la fortuna di quelli che, di volta in volta, han preso il lato giusto del mercato e la disgrazia di tutti gli altri. Ma, al di là delle fortune e sfortune individuali, il segnale è chiaro: in qualche momento del 2019 il segno meno apparirà davanti ai dati macroeconomici e gli USA entreranno in recessione. Rimane da capire per quanti trimestri possa durare. Lo stesso, ci dicono tutti gli indicatori di tendenza, succederà nella maggioranza dei paesi europei e, ci sentiamo d’arrischiare, il primo in cui questo succederà potrebbe tranquillamente essere proprio l’Italia. Abbiamo scritto da mesi che le previsioni di crescita contenute nella nota di aggiornamento al Def – sia in assenza di “manovra del popolo” sia, soprattutto, (s)grazie ad essa – erano fantasie ridicole, numeri tirati a caso. I fatti ci stanno lentamente dando ragione etutti gli istituti di previsione congiunturale si stanno posizionando attorno allo 0,5% di crescita. Tanto per non smentirci, posizionamoci anche noi – usando il noto modello buonsensometrico de Linkiesta – attorno al -0,5% per il 2019 sul 2018. E non scordiamoci la Cina, dei cui dati ricordiamo non è ancora il caso di fidarsi ma che sta rallentando in modo evidente e financo preoccupante. Perché – ammesso e non concesso che il ciclo economico sia determinato dagli andamenti della domanda e non dall’adeguatezza dell’offerta – oggi la domanda cinese è il cavallo che maggiormente traina il carro dell’esportazione europea, sul quale viaggia la parte migliore del nostro sistema economico.

La politica del populismo non consiste nel governare le contraddizioni ed i fattori di crisi, non consiste nel rimuovere gli ostacoli alla crescita o all’aumento del benessere dei cittadini, ma solo in una continua ed inutile guerriglia ideologica contro nemici immaginari. Ragione per cui dovremmo cominciare a preoccuparci non tanto dei ridicoli provvedimenti contenuti nel Def ma dell’assenza di provvedimenti che possano servire a gestire la recessione in arrivo

Le cause di questa recessione incombente sono molteplici ma, per paradossale che possa sembrare, non sono rilevanti per queste nostre riflessioni. Le recessioni arrivano, sempre; l’importante è essere preparati e noi non lo siamo per nulla. Sarebbe certamente il caso di evitare errori di politica – economica ed internazionale in questo caso – che inizino la reazione a catena che alla recessione porta ma, nell’imperfetto mondo in cui viviamo, da un lato quegli errori prima o poi si fanno e dall’altro la recessione sarebbe arrivata anche senza la dannosa guerra commerciale mondiale iniziata dall’amministrazione Trump. Questo non rende le scelte di Trump meno deleterie esattamente come il rallentamento europeo (comunque in arrivo e dovuto in larga parte al forte rallentamento cinese) non elimina le colpe rosso-brunate nella creazione di un’atmosfera d’incertezza sulle politiche fiscali italiane. Politiche deleterie come quelle menzionate rischiano di trasformare una “routine recession” in una cosa molto più grave e di questo dobbiamo senz’altro preoccuparci. Ma ancor più dobbiamo preoccuparci dalla totale mancanza di meccanismi automatici di gestione delle fasi recessive e di politiche mirate ad usarle come opportunità di crescita. Questi temi, completamente assenti dal dibattito di politica economica nazionale, sono oggi quelli rilevanti e di cui occuparsi.

Tradotto sul piano internazionale questo vuol dire preoccuparsi per la crescente bellicosità di un’amministrazione USA che, avendo già cominciato a pensare alle elezioni del 2020, userà ogni strumento per aumentare la conflittualità sia interna che internazionale. Per chi non lo avesse notato, Trump sta lavorando per provocare un nuovo government shut-down usando come bomba incendiaria la richiesta di 5 miliardi per il suo maledetto muro con il Messico. Può darsi ceda (gli americani non amano l’idea del muro) ma troverà presto un’altra scusa, ne ha un bisogno disperato. Lo stesso vale per il nostro governo, il quale sta forse cedendo alle richieste della Commissione e si avvia a vendere come un compromesso quella che invece è una totale sconfessione, ma che cercherà immediatamente di trovare altri motivi di conflitto verso qualche paese europeo, preferibilmente la Germania.

Meglio capirlo una volta per tutte: la politica populista vive del continuo conflitto e della creazione di nemici esterni da combattere con pomposi proclami e nessun fatto concreto. La politica del populismo non consiste nel governare le contraddizioni ed i fattori di crisi, non consiste nel rimuovere gli ostacoli alla crescita o all’aumento del benessere dei cittadini, ma solo in una continua ed inutile guerriglia ideologica contro nemici immaginari. Ragione per cui dovremmo cominciare a preoccuparci non tanto dei ridicoli provvedimenti contenuti nel Def ma dell’assenza di provvedimenti che possano servire a gestire la recessione in arriva e preparare il paese alle opportunità di crescita che questa porta.

Di questo dovremmo occuparci, chiedendo che si riformi per davvero il sistema del collocamento e del riavvio al lavoro, non per distribuire impossibili e dannosi redditi di cittadinanza ma per far incontrare un lavoro soddisfacente a chi lo va cercando seriamente. Occupiamoci di un sistema complessivo di assicurazione contro la disoccupazione, che ancora non esiste, e facciamo sparire quel meccanismo d’ingessamento del mercato del lavoro chiamato Cassa Integrazione. Domandiamoci quale sia l’esposizione del sistema bancario ai comparti più vulnerabili dell’economia italiana e se non sia il caso di facilitare ristrutturazioni nel caso di una nuova crescita degli NPL. E così via. Perché i venti della recessione soffiano ma a Roma amano far finta che sia il Ponentino.

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